Rugby
Sei Nazioni 2015, l’Italia secondo Antonio Raimondi: intervista alla voce del rugby azzurro
Sei giorni alla ‘prima’ Sei Nazioni, sette all’esordio dell’Italia nella sfida dell’Olimpico contro l’Irlanda e OA ha chiamato in causa chi ci racconterà su DMAX le emozioni del torneo più prestigioso del mondo ovale, Antonio Raimondi, voce storica del rugby italiano insieme a Vittorio Munari.
Primo argomento: le convocazioni di Brunel, che hanno provocato non poche discussioni tra gli appassionati. Effettivamente ci sono state tante sorprese.
“Diciamo che non mi appassiono molto a queste cose. Non sono nella posizione per fare le valutazioni che fa Brunel. Certo, si può dire che non c’è Cittadini, per citarne uno di quelli di cui parlano i più, però sinceramente non mi appassiona molto discutere delle scelte di Brunel. Lui è nelle condizioni di valutare tutti gli aspetti tecnici, fisici e psicologici, come uno sta nel gruppo. E io queste cose non posso valutarle”.
Tornando a novembre, invece, l’Italia ha dimostrato di esserci fisicamente e mentalmente. Si è rivista una squadra solida e compatta, ma basterà quella Italia per togliersi qualche soddisfazione nel torneo?
“Ci vuole un’Italia migliore rispetto a quella di novembre, che ha segnato comunque un passo in avanti, anche perché il resto della stagione era talmente negativo che bastava respirare per fare meglio. A sensazione, mi sembra che nella squadra ci sia uno spirito differente e – ma dovrà dircelo il Sei Nazioni – che si sia formata una certa chimica di squadra che mette insieme vecchi e giovani, cosa che forse nella passata stagione non c’era”.
Serviva indubbiamente un po’ di tempo per amalgamare ‘anziani’ e giovani…
“Serve, serve. Probabilmente serviva che i giovani facessero qualcosa e che anche gli anziani muovessero un po’ il ‘culo'”.
A novembre inoltre si è rivista un’Italia convincente in mischia e in difesa, mentre in attacco ci sono state grandi difficoltà. Secondo te, si è voluto ‘trascurare’ volutamente la fase offensiva per puntare su mischia e difesa che, storicamente, sono i due punti di forza della nazionale?
“Bisognerebbe capire come hanno lavorato nel mese di novembre. Per quello che so io, hanno sicuramente lavorato per ricreare questo spirito e per riprendere quello che è il filo del discorso difensivo, fondamentale ma ancor di più per noi, perché ben sappiamo che, quando vinciamo, dobbiamo vincere delle partite strette nel punteggio, perché è più probabile che vinciamo partite 13-10. Però è anche vero che nella ricerca della squadra, Brunel ha sempre parlato di equilibrio, che nasce da quello. Anche se noi tendenzialmente dobbiamo lavorare su un aspetto, ovvero quello di rendere efficace il recupero del pallone e anche nel momento pessimo ci siamo riusciti in parte. Quello che produciamo in attacco viene da palloni recuperati, quindi con una buona difesa aumentano le possibilità”.
L’impressione è che l’attacco sia un po’ troppo prevedibile, ma che non ci sia mai neanche un piano B
“Non so se non ci sia un piano B. Noi a tratti abbiamo mostrato bei movimenti offensivi, il problema dell’attacco è alimentarlo con palloni di qualità. I migliori, da fasi statiche, sono quelli da touche: la nostra rimessa magari vince ma non vengono offerti palloni di qualità. Così la mischia, che è forte, ma non siamo continui nel fornire qualità e senza quella è difficile concludere qualcosa contro difese sicuramente ben organizzate”
Il tuo discorso va sicuramente a toccare la mediana e grande attenzione sarà rivolta ovviamente al numero 10. Da una parte Haimona, dall’altra Allan. Chi potrebbe offrire maggiori garanzie?
“A novembre la scelta è caduta su Haimona, ma bisognerà capire se Kelly potrà rendere con continuità, perché è un giocatore ancora non testato realmente. Ha fatto solo tre partite a novembre, in test match in cui è possibile giocare ‘fuori giri’, con la carica che hai all’inizio. Bisognerà vedere se poi riuscirà a replicarle sessanta volte. Rimane un punto interrogativo. Di certo un Haimona preciso ai calci come lo è stato nei test match – e non come non lo è stato alle Zebre – dà un senso alla nostra forza in mischia ordinata. Con una mischia forte ed un numero 10 che piazza metà del lavoro è fatto”.
Il Sei Nazioni 2013 è difficilmente replicabile anche con la squadra migliore?
“Il Sei Nazioni è una bestia un po’ strana, perché magari quello che ci si aspetta non avviene. Dipende molto da come si inizia, da come si trovano gli avversari. Questo del 2015, inoltre, è molto complesso perché è nell’anno del Mondiale e le valutazioni sono molto più difficili. Certo, abbiamo tre partite in casa ed è un gran vantaggio, per quanto l’ultima volta a Twickenham abbiamo rischiato di vincere contro l’Inghilterra e l’anno scorso abbiamo preso una scoppola. Le valutazioni sul Sei Nazioni, secondo me, vanno fatte partita dopo partita ed è difficile farlo globalmente, soprattutto se sai che non puoi andare a vincerlo”.
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Foto: FotosportIT/FIR