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Ciclismo, rapporto CIRC: come l’UCI copriva i corridori dopati

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Sono davvero molti gli spunti che si possono trarre dal rapporto del Commissione indipendente per la riforma del ciclismo (CIRC), reso pubblico questa mattina dal quotidiano francese L’Équipe (clicca qui per saperne di più). Alcune delle pagine più interessanti, oltre a quelle che trattano la breve storia dei principali casi doping dagli anni ’90 ad oggi, riguardano le pratiche che l’UCI utilizzava per coprire i corridori risultati positivi negli anni ’90. Molto spesso, infatti, l’Unione Ciclistica Internazionale non rendeva pubblici i risultati dei test antidoping, facendo in modo che i medici dei corridori firmassero delle ricette con data falsa per giustificare l’assunzione di alcune sostanze.

È ciò che accadde, ad esempio, in occasione del Tour de France 1999, quando Lance Armstrong fu pescato non negativo ai corticosteroidi in ben quattro occasioni sui quindici controlli ai quali fu sottoposto. Così, fu redatto un certificato ad hoc, che affermava l’uso da parte di Armstrong di una crema i giorni 2 e 3 luglio, ovvero le due giornate precedenti rispetto alla prima delle quattro positività. In tutto, furono ben ventisei i ciclisti risultati positivi ai corticorsteroidi nel corso del Tour di quell’anno, e tutti fornirono un certificato di questo tipo.

Un caso molto simile riguardò il ciclista francese Laurent Brochard, risultato positivo alla lidocaina, un anestetico, subito dopo il suo successo mondiale a San Sebastián, nel 1997. Anche in questo caso, l’UCI non ha applicato il suo stesso regolamento antidoping, accettando un certificato retrodatato che giustificava la presenza di questa sostanza nei campioni forniti dal ciclista della Festina.

Ma nel rapporto ci sono anche pesanti accuse al ciclismo italiano. Negli anni ’90, il medico Francesco Conconi ricevette somme ingenti di danaro dal CONI e dal CIO per concludere una ricerca che sviluppasse un test efficace per trovare la presenza di EPO. Ma Conconi non portò mai a termine la ricerca, anche perché allo stesso tempo era proprio lui il fornitore di EPO per molti ciclisti come Marco Pantani, Claudio Chiappucci e Gianni Bugno. La positività all’ematocrito dello stesso Pantani in occasione del Giro del 1999, fu in realtà un incidente non voluto: proprio quell’anno, si era deciso di introdurre dei test per valutare lo stato di salute dei ciclisti, ma l’UCI lo considerò subito come un insuccesso, visto che aveva provocato la squalifica di un atleta. L’Unione Ciclistica Internazionale fu così costretta in questo caso a seguire il regolamento, ma quel genere di test fu eliminato.

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giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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