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Rugby, Murrayfield ha parlato: l’Italia merita il Sei Nazioni e può sognare all’Olimpico

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Dalle nostre pagine si erano sollevati alcuni dubbi, dopo la sconfitta contro l’Irlanda (clicca qui per approfondire), ma l’affondo deciso era arrivato dalla (quantomai) perfida Albione, più precisamente dal Times, che senza tanti giri di parole aveva etichettato come inadeguata la partecipazione dell’Italia al Sei Nazioni, alla vigilia della sfida all’Inghilterra. Che, in quel momento, equivaleva un po’ a sparare sulla Croce Rossa. Arroganza e supponenza ai media britannici, d’altronde, non sono mai mancati, ma l’uragano azzurro di Murrayfield le ha spazzate via con una potenza inaudita, tanto da far ricredere completamente anche chi, tra di sudditi della Regina, covava gli stessi dubbi del Times solo due settimane fa.

Il successo di Edimburgo cancella chiaramente ogni dubbio: l’Italia merita il Sei Nazioni (ed è anche un po’ una risposta al nostro articolo sulla futura partecipazione a rischio), merita il confronto con le grandi e di mettere in mostra i (lenti ma inesorabili) progressi compiuti negli anni, nonostante le ambiguità di un movimento tuttora incapace di imprimere una svolta al proprio rugby di base e al campionato di Eccellenza. Lo merita per come ha interpretato il match più delicato del Torneo, senza sette pedine teoricamente titolari nel XV di Brunel, per come ha saputo bloccare le iniziative scozzesi e per come ha saputo trovare la chiave di volta per scardinare a poco a poco la muraglia dei padroni di casa. Nella terra di Braveheart, gli eroi sono diventati gli azzurri. E guai a pensare, banalmente, di aver battuto il nemico soltanto grazie al coraggio messo in campo negli ultimi dieci minuti. Perché in frangenti in cui il cuore generalmente ha la meglio sulla ragione, l’Italia ha saputo attaccare a testa bassa ma anche con un’intelligenza tattica tutt’altro che scontata, ricordandosi di cosa in particolare li aveva portati a giocarsi quel successo: la forza della maul. Probabilmente i continui autoscontri sui cinque metri scozzesi avrebbero portato ugualmente alla meta, ma nella foga del momento le percentuali di vanificare l’occasione sarebbero state sicuramente più alte.

Oltre a quel minuto e mezzo decisivo per la gloria, però, c’è molto altro. C’è una squadra compatta e coesa nel raggiungere l’obiettivo, anche tra mille difficoltà e la presenza di tanti giovani virgulti in campo; c’è la consapevolezza di poter ambire a tagliare traguardi importanti anche se la strada diventa una salita infernale, vedasi i primi dieci terribili minuti della sfida di sabato e la reazione seguente. C’è un Sergio Parisse da impazzire, un Luke McLean enciclopedico, un Giamba Venditti tornato quello di qualche anno fa un Joshua Furno potenzialmente devastante, tanto per citare alcuni singoli. Inoltre, Jacques Brunel, dopo le tante (e giuste) critiche per le convocazioni, ha subito combattere con arguzia e sapienza l’emergenza infortuni e ha preparato una squadra (udite udite) dalla coperta nemmeno troppo corta, compatta in difesa e pericolosa e prolifica in attacco, tanto da segnare tre mete per due partite consecutive. Inimmaginabile dopo il mezzo disastro ‘ammirato’ all’esordio. Da Murrayfield all’Olimpico, ora, il passo dovrà essere necessariamente breve. Fermarsi a festeggiare sarebbe deleterio per tanti motivi. Uno su tutti: la prossima avversaria sarà la squadra forse meno in forma e meno convincente del lotto, la Francia. Al di là delle Alpi, i problemi di gioco e l’impazienza dei tifosi aumentano con il passare dei giorni e un’Italia come quella vista in Scozia, a questi Bleus, potrebbe fare nuovamente male. Molto male.

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