Golf
Golf, Masters Augusta 2015: tutti i temi caldi! Rory e Bubba per la leggenda, la Tigre prova l’impresa
Gli ingredienti per una settimana stellare ci sono tutti. C’è il numero uno al mondo a caccia del Career Grand Slam, c’è il campione in carica che si ripresenta ancora come l’uomo da battere, c’è un giovane fuoriclasse pronto a spiccare definitivamente il volo, ma anche una batteria di fenomeni in grado di piazzare la zampata per conquistare il primo Major della carriera. E poi c’è il giocatore più forte degli ultimi (almeno) trent’anni che ritorna dopo due mesi di assenza. Signore e signori, è il momento del Masters.
Augusta apre il sipario sulla 79esima edizione del torneo più ambito nel mondo del golf, vera e propria essenza di questo sport. Tra i pini, i fiori, le azalee e le magnolie dell’incantevole scenario ideato da Bobby Jones nel 1933, la maggior parte dei riflettori saranno puntati inevitabilmente su Rory McIlroy. La pressione, dopo un 2014 da incorniciare, è cresciuta a dismisura sul nord-irlandese che, in Georgia, potrebbe riscrivere la storia. A Rory, infatti, manca solo la Green Jacket per completare il Grande Slam e conquistare tutti i quattro Major del calendario, impresa riuscita soltanto a cinque fuoriclasse finora: Sarazen, Hogan, Player, Nicklaus e Woods. Affiancare il proprio nome a questi sarebbe l’ulteriore coronamento di una carriera, di fatto, ancora tutta in ascesa. Il fantasma del round in 80 colpi del 2011, quando McIlroy aveva saldamente il torneo in pugno, continua tuttavia ad aleggiare. Chi, invece, vorrà fare leva sul recente passato ad Augusta non può che essere Bubba Watson, straordinario inteprete del percorso più bello del pianeta. Detentore del titolo, già vincitore nel 2012 e completamente adatto alle caratteristiche del Masters. E rispetto al 2013, quando la difesa della giacchetta verde fu un flop, i propositi di bis sono concreti, per quello che sarebbe il quarto back-to-back nella storia del Masters. Le bombe di McIlroy e Watson dovranno scontrarsi presumibilmente con il talento sopraffino e la fantasia di Jordan Spieth, il giocatore più in forma del lotto nonché il secondo classificato (il più giovane in assoluto) della scorsa edizione, quando il duello con Bubba infiammò Augusta per buona parte del round decisivo. Con un anno di esperienza in più, la stella classe 1993 (ma già numero quattro del ranking) può già compiere quel passo in avanti mancato nel 2014.
Un trio apparentemente superiore a tutti, perlomeno sulla carta. Per talento, curriculum, solidità e sfrontatezza. Gli altri, di fatto, possono solo inseguire e il drappello inseguitore, come unico denominatore, ha un unico obiettivo: la vittoria del primo Major in carriera (anche Spieth, ma il caso è diverso). Per alcuni sarà l’ennesima occasione di non restare incompiuti (Matt Kuchar, Sergio Garcia), per altri rappresenterebbe finalmente la ciliegina sulla torta di una carriera già importante (Rickie Fowler, Henrik Stenson, Jason Day, Dustin Johnson, Jimmy Walker), per alcuni lo slancio definitivo per entrare a far parte dell’Olimpo (Patrick Reed, Hideki Matsuyama). Ma non solo. Perché c’è chi, come Adam Scott, che partirà nelle retrovie ma con la consapevolezza di poter anche bissare il successo del 2013, aiutato magari anche del temporaneo ritorno al putter ancorato al corpo, oltre ad un Phil Mickelson impossibile da tralasciare per carisma, forza di volontà e qualità. Senza dimenticare le tre vittorie già inanellate ad Augusta.
Di successi nel Masters, Tiger Woods, ne ha firmati invece quattro. Difficilmente arriverà il quinto, anzi, è pressoché pura fantascienza, visto il periodo di assenza dai green di quasi due mesi. Certo, la cabala ci ricorda di un secondo posto del 2010 dopo cinque mesi di lontananza dai campi, ma erano altri tempi. Era un altro Tiger. Quello odierno si presenta al Masters dopo un anno estremamente tormentato, in cui è crollato al 111esimo posto del ranking mondiale e in cui ha collezionato ben due ritiri a causa dei persistenti problemi alla schiena. Negli ultimi tornei disputati, a febbraio, la condizione è apparsa quantomai deficitaria, con un gioco lungo e corto impresentabile per chi ha dominato per anni ovunque. Difficile, insomma, rivederlo competitivo. Ma per il golf la sua presenza è una manna dal cielo.
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