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Nuoto e tuffi: la Gran Bretagna cavalca l’onda olimpica, che settore giovanile dopo Londra 2012

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Il tema non è nuovo, ma dopo i Giochi Europei di Baku 2015 è buona cosa tornare a sottolinearlo. La Gran Bretagna, attesa protagonista nella prima edizione delle “Olimpiadi del Vecchio Continente”, non ha deluso le aspettative. Si è classificata terza nel medagliere con 47 podi (18-10-19, prima la Russia doppiando tutte le rivali e sesta l’Italia, 10-26-11 per un totale anche qui di 47) convincendo soprattutto nel settore acquatico, quello dedicato alle categorie giovanili. Perché è vero che con questa scelta quantomeno discutibile del comitato organizzatore l’evento non ha goduto del giusto prestigio, ma dall’altro lato si sono messi in luce – in un contesto particolare e molto simile a quello olimpico – i futuri campioni di nuoto e tuffi.

Uno sguardo ai numeri delle rispettive discipline. Tra le corsie gli atleti britannici hanno vinto 23 medaglie (7-7-9, praticamente la metà dell’intero bottino), da trampolini e piattaforma, invece, sei (4-1-1). Due gli uomini copertina: Luke Greenbank nel nuoto e James Healty – nato in Scozia – nei tuffi. Il primo ha dominato il dorso, ottenendo la doppietta 100-200 con tanto di nuovo record mondiale juniores nella specialità breve, il secondo ha collezionato un oro, un argento e un bronzo partendo tra i favoriti ma riuscendo a competere praticamente alla pari con i russi, che quanto a strutture, capacità e disponibilità di vivaio in Europa non hanno rivali.

Molto bene anche il velocista Scott Duncan, tre ori e altrettanti secondi posti grazie soprattutto alle staffette, e il classe 1998 Matthew Lee, primo dalla piattaforma sfruttando le esperienze già svolte a livello assoluto, come le World Series o gli Europei di Rostock di inizio mese. Pure Katherine Torrance, vincitrice da 3 metri, sembra poter garantire un futuro interessante alla Gran Bretagna, soprattutto perché – Tania Cagnotto a parte – il trampolino europeo fatica a trovare un fisso padrone. Cameron Kurle (1 oro e 4 argenti), Martyn Walton (1-3-1) e Abbie Wood (1-1-2) completano le stelle del nuoto, la 15enne Lois Toulson promette numeri interessanti dalla piattaforma (vinta con margine).

Ma da dove derivano queste prestazioni? Ricordiamo che la Gran Bretagna, sempre negli stessi sport ma nella massima categoria, vanta anche il recordman di 50 e 100 rana (Adam Peaty, letteralmente una forza della natura), il bronzo olimpico da 10 metri (Thomas Daley, in pole per una medaglia ai Mondiali di Kazan), il trampolinista chiamato a mettere i bastoni tra le ruote ai cinesi (Jack Laugher, classe 1995, tre vittorie alle ultime World Series) e altri nuotatori di elevato profilo come Hannah Miley, Jazmin Carlin e Chris Walker-Hebborn, nelle posizioni più alte delle classifiche dei migliori tempi stagionali. Un altro dato significativo: agli Europei di Berlino 2014 ha vinto il medagliere con 27 podi (11-8-8) davanti alla Russia (19, 9-7-3).

Tutto nasce da Londra 2012, l’Olimpiade della svolta per il settore giovanile anglosassone. I Giochi in casa non hanno portato solo soldi freschi, ma anche idee brillanti e determinazione. Si è lavorato sul futuro, partendo da una base solida e affiancando a quello che già c’era esperti di lusso in tutte le discipline. E ora, a Olimpiadi ormai archiviate, escono i primi frutti. Con la possibilità non remota che il bottino di Rio 2016 risulti addirittura superiore alle 65 medaglie (29-17-19) vinte tre anni fa.

Lo sport anglosassone sta costruendo un efficiente e moderno sistema di supporto per gli atleti di punta, includendo allenatori, scienza dello sport e metodi di allenamento, che si possa sostenere anche dopo Londra 2012“, si legge nelle prime pagine del libro Preparing for Sporting Success at the Londo 2012 Olympic and Paralympic Games and Beyond, pubblicato dal National Audite Office. Visti i risultati finora raggiunti la sensazione è che la strada intrapresa sia quella giusta, a parole e non solo. Eppure un dato fa riflettere: Italia e Gran Bretagna hanno più o meno lo stesso numero di abitanti (59 milioni a 64), la stessa tradizione sportiva e – volendo – le stesse capacità strutturali per promuovere tutto quello che non sia calcio. E invece…

 

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