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Beach volley, Mondiale amaro, Italia ridimensionata ma non si riparte da zero

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Mondiale amaro, come sempre. La rassegna iridata non fa per noi e la grande gioia di vedere una coppia azzurra in lotta per le medaglie è rimandata ancora una volta. In Olanda è andato in scena il campionato Open brasiliano, con cinque coppie su otto in semifinale tra uomini e donne. Agli altri le briciole, pochi Usa (ma Ross/Walsh e Rosenthal/Dallhausser torneranno, stiamone certi), poca Europa (Olanda che ha sfruttato solo in parte l’evento casalingo e Germania, in attesa della Polonia, i movimenti faro), pochissima Italia con Menegatti/Orsi Toth none fra i rimpianti e Nicolai/Lupo col fiato corto per una preparazione approssimativa diciassettesimi.

In campo maschile però diciamo che lo stato di salute del nostro beach è tutto sommato buono. Non abbiamo mai vinto così tanto come quest’anno a livello internazionale. I due campioni d’Europa in carica, una volta ritrovata la condizione e alcuni meccanismi un po’ arrugginiti da troppa inattività a causa della malattia di Lupo, sono competitivi ad alto livello e torneranno a lottare per l’obiettivo massimo.

Questa prima parte di stagione ha portato alla luce soprattutto le altre coppie del nostro movimento, che può contare su un presente formato da Alex Ranghieri e dalla new entry Adrian Carambula, una manna dal cielo, terza a Porec al secondo torneo assieme, Ingrosso/Ingrosso (quest’anno fuori dal giro della Nazionale) quarti a Stavanger e vittoriosi a Jurmala, Caminati e Rossi, capaci assieme di vincere due tornei Wevza e Caminati assieme a Ranghieri di vincere la seconda tappa del World Tour a Lucerna. C’è anche qualche giovane molto interessante (non che quelli nominati finora siano da considerare “vecchi” perché hanno tutti almeno due o tre cicli olimpici davanti) e dunque possiamo dormire sonni relativamente tranquilli: l’obiettivo dichiarato è quello, attraverso i risultati da qui al prossimo anno, di portare due coppie a Rio.

Di preoccupante c’è il settore femminile. Sotto Menegatti e Orsi Toth c’è davvero pochissimo. Ma partiamo dalla coppia di punta del nostro movimento. Ci si aspettava di più dal mondiale olandese, inutile nascondersi dietro a un dito e anche le dichiarazioni post sconfitta con Fendrick/Sweat stanno a dimostrarlo. Il podio di Mosca, il quinto posto di St. Petersburg sono tutti segnali incoraggianti ma serve un ulteriore salto di qualità per restare stabilmente nell’elite mondiale: quello che sono capaci di fare alcune coppie brasiliane, che hanno fatto quest’anno canadesi e australiane (anche loro però fuori dal grande giro nella rassegna iridata). Insomma il tempo del “vorrei ma non posso” per motivi di gioventù, inesperienza, scarsa amalgama sta per scadere e la speranza è che per Rio le azzurre possano essere competitive ad altissimo livello.

Preoccupa cosa c’è sotto a questa coppia di livello internazionale. Il secondo connubio in questo momento è Giombini/Toti, mediamente giovane e, grazie al ripescaggio di Giulia Toti, messa fuori dall’azzurro un anno fa, bisogna dirlo, anche di discrete prospettive (qualche main draw in World Tour non affollatissimi è alla portata per ora). Le giovani, però, stentano a decollare e a dire il vero non si vedono proprio. La tappa del campionato italiano di Torino (dopo la vittoria incoraggiante di Lestini/Zuccarelli a Cordenons) è dominata da ultratrentenni, fra cui la coppia Cicolari/Momoli che in questo momento potrebbe aspirare ad un main draw del World Tour. Atlete di prospettiva internazionale pronte al salto di qualità non ce ne sono.

La speranza, guardando Tokyo o anche oltre, è tutta riposta nel progetto Club Italia, più volte sbandierato, ogni tanto anche presentato ufficialmente (lo scorso anno al Bagno Fantini di Cervia, tanto per citarne una) ma mai partito chissà per quali motivi. Ci sono due buonissimi tecnici a livello giovanile come Ettore Marcovecchio e Caterina De Marinis, c’è la struttura: si parta subito con tante ragazze perché il numero delle praticanti del volley in Italia è enorme ed è incredibile che non si riesca a formare una squadra all’altezza che possa essere competitiva ad alto livello.

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