Atletica
Atletica, Mondiali 2015 – Usain Bolt meglio di Carl Lewis. Il ritratto del Re, ha salvato il suo sport?
È come avere una Foresta senza il Re Leone. È come avere un Oceano senza uno Squalo. È come avere un Cielo senza una Stella Polare. È come un pranzo senza il dolce. È una come una ciliegina senza torta.
Insomma Usain Bolt non poteva perdere oggi pomeriggio. Ne andava del bene dell’atletica leggera. Ne andava dell’immagine della Regina degli sport. Il Fulmine si conferma il più forte velocista dell’era contemporanea e prolunga il suo Regno che, dice, “vorrei mantenere fino al ritiro”. Che forse non arriverà alle Olimpiadi 2016 dove cercherà addirittura la sua terza affermazione a cinque cerchi.
A Pechino, dove conquistò il suo primo titolo olimpico sette anni fa, Usain Bolt ha realizzato probabilmente una delle imprese più belle della sua carriera. Perché non era al top della forma, perché non era più il superjet da 9.58, perché veniva dagli infortuni, perché era lo sfavorito e perché a 29 anni tutto inizia a diventare incredibilmente più difficile. Quando un uomo sta per finire la propria attività ma non vuole abdicare, quando ogni metro è uno sforzo di sudore rispetto alla gioventù.
Oggi Usain ha messo su quel dannato rettilineo tutta la sua innata classe, conquistando il terzo titolo mondiale (dopo Berlino 2009 e Mosca 2013, a Daegu 2011 fu protagonista della celebre partenza falsa) e diventando l’atleta più medagliato della storia dei Mondiali (11 podi, uno in più della leggenda Carl Lewis) oltre che il più vincente (9 ori).
Tanti parlano già di favola da fratelli Grimm, ma oggi il pulito Usain Bolt ha sconfitto gli “ex” dopati, salvando l’atletica come gli era stato chiesto in conferenza stampa. A uno sport sembra più travolto dal doping, fresco protagonista di un cambio al vertice della Federazione Internazionale, serviva questo successo della sua icona. Dell’uomo che ha contribuito in maniera decisiva a promuovere l’attività e a creare tanto seguito. Il favorito Justin Gatlin ai suoi piedi, Asafa Powell demolito, Tyson Gay inesistente, il bronzo va al collo di due ragazzotti (Brommell e De Grasse) che probabilmente raccoglieranno l’eredità di chi oggi ha primeggiato ancora una volta.
Tecnicamente si può disquisire quanto si vuole ma Bolt si è reso protagonista di una buona gara, chiudendo in un rilevante 9.79 (solo due centesimi peggio del trionfo di Mosca) considerando come si presentava all’appuntamento, correndo fino in fondo per avere ragione di Gatlin e brillando per una buona esecuzione. L’inciampo in semifinale era stato semplicemente un errore figlio della tensione. Tensione che lui è riuscita a volgere in suo favore durante la finale, spezzando con i nervi tutti i suoi rivali. Ha vinto anche (se non soprattutto) con la testa.
L’importanza di questi 100 metri la si è avuta durante tutta la giornata. Un quarto d’ora di presentazione prima della finale, riflettori solo per quegli uomini. Purtroppo, e spiace dirlo, la meravigliosa gara di getto del peso vinta da Joe Kovacs su David Storl, la Reginetta Ennis dell’eptathlon, l’affermazione di Fajdek nel martello non possono valere quanto fatto da Usain. È un male dell’atletica o una limitatezza di chi la guarda e di chi ne scrive? La notizia di oggi è che il Regno è ancora di Sua Maestà.