Editoriali
‘Italia, come stai?’: atletica, basta turisti per caso! Judo, timidi passi avanti
Un Mondiale di atletica indegno. Non esistono altri aggettivi per definire una delle peggiori rassegne iridate della storia dello sport italiano. Purtroppo, sta diventando un triste ritornello, se pensiamo ai recenti disastri ai Mondiali di calcio e pallavolo. In tante, troppe discipline, ormai si è toccato il fondo. L’immobilismo istituzionale lascia quanto meno basiti al cospetto di sport dalla grande tradizione che affogano ormai nel più profondo e turpe anonimato.
Partiamo dall’evento peggiore del 2015 tricolore: i Mondiali di atletica. Non che ci aspettassimo carrellate di vittorie o medaglie, come avevamo anticipato nelle previsioni della vigilia. La carta da podio più tangibile era quella della marcia femminile con Eleonora Giorgi ed Elisa Rigaudo, mentre una sorpresa sarebbe potuta giungere dalla maratona maschile (impresa sfiorata) o dal salto in alto. Stop. Se arrivi ad una competizione con ambizioni umili, difficilmente ti ritroverai Re. I mali dell’atletica italiana sono noti da tempo e ne abbiamo parlato diffusamente su OA nei giorni scorsi. Ciò che mi preme sottolineare in questa analisi, è l’atteggiamento dei nostri rappresentanti, oltretutto comune pressoché a quasi tutte le discipline. I numeri, come evidenziato da Stefano Villa, sono impietosi: 12 eliminazioni su 15 al primo turno (clicca qui per un approfondimento)! Non solo quasi tutti gli italiani non hanno sfoderato la grinta necessaria in un appuntamento planetario, ma l’impressione è che si viva il grande evento come una vacanza! Spesso, troppo spesso vediamo atleti pubblicare foto sui social network non appena sbarcati nella località di gara. Un servizio fotografico che prosegue anche nelle ore e nei giorni successivi, come farebbe un qualsiasi turista alle Maldive. Poi arriva la gara, si viene eliminati al primo turno e, sovente, il commento dell’atleta è: “Sono contento, ho dato il massimo, è stata una bella esperienza. Non sono come mai non ho reso secondo le mie possibilità, ma va bene così“. Rifletteteci un attimo e vi accorgerete che, nove volte su dieci, le dichiarazioni dei nostri atleti nel dopo gara ricalcano sempre questo concetto…Possiamo permetterci di mandare turisti e non atleti nei grandi eventi? Chissà se la Federazione ha finalmente preso atto di tutto ciò o se le dichiarazioni degli ultimi giorni del presidente Giomi (tante promesse di rinnovamento, soluzioni, etc.) non siano altro che uno specchio per le allodole salva-poltrona.
In un contesto desolante, dal quale sarà pressoché impossibile rivedere la luce senza una concreta volontà di cambiare (in sostanza, attendiamo che alle parole ed ai buoni propositi seguano finalmente i fatti, ma permetteteci di essere scettici), va rimarcata la prestazione di un commovente Ruggero Pertile, quarto nella maratona e primo degli europei. A 41 anni ha conseguito il miglior risultato della sua carriera. Non si è accontentato di partecipare, ma ha inseguito fino in fondo il sogno di una medaglia e ci riproverà anche alle Olimpiadi. Se il resto della nazionale avesse anche solo 1/10 del carattere e della determinazione di Pertile, forse le cose andrebbero diversamente.
Dopo l’orrore pechinese, bisogna essere realisti: nello sport i miracoli non esistono, ma i risultati sono sempre il frutto di una programmazione mirata e razionale. Per cui sarebbe deleterio aspettarsi grandi cose ai prossimi Giochi di Rio. Eppure non mancano atleti in grado di provare ad agguantare una medaglia: pensiamo a Daniele Meucci e Valeria Straneo nella maratona e, ancora una volta, a Giorgi e Rigaudo nella marcia, oltre all’emergente Antonella Palmisano. Sì, è poco, troppo poco. Ma almeno ci auguriamo che questi elementi siano messi nelle migliori condizioni per presentarsi in forma all’appuntamento a cinque cerchi. Risulta inspiegabile, infine, la chiusura a priori nei confronti di Alex Schwazer. Il livello della marcia maschile italiana è ai minimi storici (anche qui….): anche la top10, ormai, è diventata un miraggio. L’altoatesino sta scontando e pagando duramente la sua pena e dalla prossima primavera potrà tornare a gareggiare. Nel caso in cui dovesse far registrare tempi importanti nella 20 o nella 50 km, perché ignorarlo? Nel diritto italiano la pena è tesa alla rieducazione del condannato. In sostanza, va intesa verso un suo nuovo inserimento nella società. Trattasi, in parole povere, di una seconda possibilità. Escludere Schwazer a prescindere, significa condannarlo ad una pena perpetua e francamente ingiusta.
L’Italia resta a secco di medaglie ai Mondiali di judo dall’ormai lontano 2009, eppure in Kazakistan si sono visti dei passi avanti rispetti agli ultimi Europei. Odette Giuffrida ha sfiorato la medaglia dopo aver superato avversarie blasonate come l’israeliana Gili Cohen e la mongola Tsolmon Adiyasambuu, arrendendosi solo nella finale per il bronzo alla brasiliana Erika Miranda. La 20enne romana ha dimostrato nel corso della stagione di potersela giocare con chiunque nel singolo incontro (ha battuto anche la fuoriclasse rumena Andreea Chitu), con i naturali alti e bassi dovuti all’età. Sarà la carta da medaglia migliore per l’Italia alle prossime Olimpiadi. Ricordiamo che i Giochi, paradossalmente, sono molto più ‘semplici’ di un Mondiale, con un parco partecipanti di livello oggettivamente inferiore (ogni nazione può schierare un solo judoka e non due, come avviene nella rassegna iridata). Si è rivisto su ottimi livelli anche Elio Verde, settimo. L’ambientamento nella nuova categoria (-66 kg) non è stato semplice per il 28enne campano. Tuttavia classe e talento non si smarriscono per strada. Un risultato importantissimo, dunque, per la medaglia di bronzo dei Mondiali 2009 (allora nei -60 kg), che si avvicina alla qualificazione per Rio, dove potrebbe rappresentare la più classica delle mine vaganti. Molti azzurri, poi, hanno superato i primi incontri, per poi arrendersi ad avversari decisamente più quotati (Moscatt, Gwend, Ciano, Di Guida), mentre ci si aspettava molto di più da Quintavalle, Galeone e Facente. Come vedremo nei prossimi giorni, l’Italia rischia di non poter contare su un grande contingente di qualificati alle prossime Olimpiadi. L’auspicio, tuttavia, è che i segnali positivi intravisti ad Almaty siano solo il primo passo per riemergere dal fondo del barile.
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federico.militello@oasport.it
ale sandro
31 Agosto 2015 at 13:15
Io invece ho visto atleti molto incazzati/sconfortati/in lacrime (tutte le marciatrici per motivi diversi per esempio) per prestazioni sottotono (o situazioni di gara andate male) ,rispetto al solito. Certo non è mancato chi sembrava tranquillo fuori luogo (almeno questo è un mio parere, io mi sarei vergognato se avessi fatto la stessa prestazione di un atleta in particolare nei primi giorni del mondiale e non sarei nemmeno passato dalla Caporale che pare la tappa obbligata della via crucis), ma rispetto al passato nemmeno a paragone, tempi in cui peraltro i risultati mi pare fossero non allo stesso livello funereo. Altri atleti/e hanno fatto quanto di meglio potevano fare, e cioè molto poco a livelli assoluti, ma me lo aspettavo fin dall’inizio. Poi personalmente le interviste dopo gara , i vari social network, ritengo lascino il tempo che trovano. Le motivazioni della disfatta le considero molto diverse da queste , ma vi risparmio e non le ripeto perchè ne ho già parlato in abbondanza.
Schwazer paga il fatto di aver detto il segreto di pulcinella, e cioè che i medici e vertici Fidal ,e probabilmente anche Coni, non potevano non sapere. E comincio a pensare che dia fastidio la presenza di Donati nel suo ritorno alle gare, forse anche per questioni “elettorali” legate a chi a quell’allenatore in passato è stato molto vicino.
Tutto sommato applaudo la squadra di Judo che ha saputo gestire una situazione assurda di prevaricazione del c.t. dimissionario, con delle prestazioni positive di judoka come Verde, finalmente nei 66 kg a livelli che li competono ,e Giuffrida, che assieme a Gwend e Ciano mi sembrano le carte azzurre più interessanti per l’anno olimpico. A patto che si risolva al più presto la situazione della direzione tecnica.
Non ritengo accettabile che in questi due mesi si siano palesati così tanti problemi tra FIDAL , FILJKAM, FIPAV e Federcanoa, che correggetemi se sbaglio ma continua da un anno a non avere il c.t. dopo le dimissioni di Baran ,e prosegue l’attività con tre tecnici di settore e dirigenti supervisori. Bei presupposti per poter arrivare al meglio a Rio.
ale sandro
31 Agosto 2015 at 13:20
Baron, mi correggo 😀
Federico Militello
31 Agosto 2015 at 13:32
Il ct della canoa è…il figlio del presidente federale!
ale sandro
31 Agosto 2015 at 13:37
Parli di Bonfiglio? Ma io sapevo che era uno dei tre allenatori..invece hanno scelto lui? Ecco perchè nelle news di convocazioni e raduni vari ,non si diceva nulla nello specifico , ma parlava sempre un dirigente. A posto così 😀