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Rugby, un’Italia senza carattere. Gli azzurri toccano il fondo in Scozia (forse)

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“La peggior partita della gestione Brunel”. E non potrebbe essere altrimenti, visto il clamoroso 48-7 rifilato dalla Scozia all’Italia ad Edimburgo e soprattutto il modo in cui gli azzurri sono stati dominati e domati dalla nazionale del Cardo. Una defiizione, ahinoi, aggiornata con una costanza ed una regolarità a dir poco preoccupante negli ultimi due anni, in cui il ct francese e i giocatori hanno decisamente perso la bussola. Ad allarmare l’Italia, però, non c’è solo la debacle di sabato, ma soprattutto quelle che potrebbero essere le debacle del prossimo mese e mezzo. Quando la posta in palio sarà ben più alta di un test di preparazione ai Mondiali.

Già, la Coppa del Mondo. Vittorio Munari, in telecronaca su DMAX, a fine partita ha chiosato in maniera dura, ma altrettanto veritiera: “Non siamo mai stati così tagliati fuori in partenza come questa volta”. Pensare di competere con la Francia (per non parlare dell’Irlanda) tra diciannove giorni in queste condizioni psico-fisiche, del resto, è pura utopia. Anzi. Per molti la partita di Murrayfield è stato il punto più basso, da cui verrà poi naturale rialzarsi e mettere a posto perlomeno qualche pezzo del puzzle, ma nessuno garantisce che sia davvero così. Nella conferenza stampa post-partita, sia Brunel che capitan Ghiraldini sono apparsi completamente svuotati e privi di energie, incapace di reagire anche a parole. Per risalire la china, peraltro, bisognerebbe anche comprendere dove e come intervenire su un gruppo azzurro apparentemente alla deriva. E Brunel, al momento, non sembra avere le chiavi e gli strumenti per sistemare gli ingranaggi azzurri. Anche perché il discorso è ben più ampio di quello tecnico e tattico.

Ridurre la crisi della mischia, la pessima organizzazione della difesa, l’assoluta mancanza di un gameplan e le controprestazioni di alcuni singoli ad una mera questione di campo è semplicemente sbagliato. I problemi dell’Italia non sembrano nascere dalle gambe forse ancora imballate, dalle mani non proprio fatate o dalle diffcoltà nell’imbastire un’azione, bensì da una situazione mentale e psicologica estremamente delicata. Carattere, competitività, aggressività e forza di volontà: quattro fondamentali imprescindibili nel rugby, senza dei quali non si fa da nessuna parte. E senza dei quali si prendono (e si prenderanno sempre) batoste irripetibili nella forma e nella sostanza. L’Italia scesa in campo a Murrayfield è sembrata abulica fin dal riscaldamento, tradita da degli sguardi senza quella convinzione necessaria già nei primi minuti e diventati progressivamente sempre più smarriti nel corso dei minuti. Nemmeno un episodio come quello della meta di Campagnaro (casuale all’ennesima potenza) ha ridato slancio e vigore agli azzurri, travolti da un atteggiamento negativo suicida prima che dalla Scozia, per la cronaca certamente non al top della condizione. Nemmeno negli ultimi venti minuti, a partita già ampiamente chiusa, gli azzurri hanno provato a darsi una scossa come accaduto in tante altre occasioni. Niente di tutto questo. Jacques Brunel avrà senz’altro le proprie grandi responsabilità, nel modo di preparare i match fino al rapporto venutosi a creare con il gruppo negli ultimi mesi, non idilliaco e tendente ad una certa freddezza, ma sul terreno di gioco scendono comunque i giocatori. Ed esperti o giovani che siano, a Edimburgo in pochi lo hanno fatto davvero.

C’è chi chiede la testa di Brunel nonostante manchino meno di venti giorni al Mondiale, c’è chi crede ancora in una parziale crescita da qui al 19 settembre, giorno del debutto contro la Francia a Londra, c’è chi auspica in uno scossone con il ritorno in campo di capitan Sergio Parisse, ancora a riposo sabato. Pur fenomenale dentro e fuori dal campo, però, anche il favoloso numero otto azzurro sembra essere impotente a tale situazione. Una prima risposta, in ogni caso, la avremo già sabato in Galles.

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daniele.pansardi@oasport.it

Credit FotosportIT/FIR

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