Pallavolo
Volley, Dragan Travica: “Vi racconto quella maledetta notte di Rio! Quanto caos in Nazionale…”
Dragan Travica ha finalmente raccontato quanto è successo in quella maledetta notte di Rio de Janeiro quando l’Italia del volley si avvicinava a una svolta epocale. Il capitano e altri tre uomini cacciati dal ritiro alla vigilia della Final Six di World League, di lì a breve le dimissioni del CT Mauro Berruto.
Di seguito la versione dei fatti del nostro palleggiatore, ormai fuori dal giro della Nazionale (quantomeno per quest’anno), scritta di suo pugno sul suo blog.
“Sono disteso sul parquet di una palestra nella periferia di Rio de Janeiro, non sto nemmeno facendo stretching, guardo l’infinito assorto nei miei pensieri. Penso a quanto è pesante questo momento, a quanto tutto si muove al rallentatore, a quanto è teso l’ambiente che mi circonda, anche il mio sorriso lo è. Mi disincanto pensando che domani ci sarà tutto il giorno libero e mi farà bene alla testa. Mi alzo e vado sotto la doccia.
Cena in hotel. C’è un ristorante italiano proprio a poche centinaia di metri, quindi a cena decido di non abbuffarmi. Avevo una gran voglia di pasta e pizza italiana. Così, in compagnia, a pancia mezza vuota ci incamminiamo. Alla nostra sinistra ci sono le onde dell’oceano che fanno sempre un rumore affascinante, c’è energia positiva. Ci sediamo, sono più o meno le 22.00, ordiniamo del cibo italiano e leggo un messaggio di Mauro che dice di rientrare entro le 23.30. Lo rileggo e lo comunico alla squadra. Sono perplesso, siamo perplessi. Dentro al ristorante fa eco questa frase: “Il giorno dopo è libero, perché alle 23.30?
Solitamente non ci era mai stato dato un rientro preciso quando il giorno dopo era libero, o comunque non ci era mai stato dato prima della mezzanotte. Ecco perchè sono rimasto perplesso e un filo infastidito perchè da lì a poco più di un’ora dovevamo rientrare. Era sabato, la domenica sarebbe stata libera, e la partita d’esordio sarebbe stata il mercoledì. Non capivo il senso di quel messaggio, o meglio, non ne capivo un senso costruttivo. Quella serata e il giorno dopo le avevo pensate come gli ultimi momenti di svago prima di entrare definitivamente con la testa nella finale, sapevo che avrebbe fatto bene un po’ a tutti, così ho scosso la testa e ho smesso di dondolarmi sulla sedia, sbuffando.
Ricordo perfettamente che il giorno precedente a quella sera mi sono sentito dire, non dai miei compagni di squadra, di provare oltre che ad allenarci bene anche di rilassarci un po’, di alleggerire la testa, di sfruttare i momenti liberi, “poi da lunedì tutti con la testa nello scatolone”. Quella frase mi risuona ancora oggi.
La mia mente, quando faccio per posare il cellulare sul tavolo, va alla partita del Foro Italico contro il Brasile, anzi al giorno prima. Sulla strada verso gli spogliatoi, prima dell’allenamento di rifinitura, mi viene comunicato che dopo la partita (quella partita, come ricorderete, finì molto tardi) potevamo mangiare dove volevamo, che eravamo liberi e che, addirittura, potevamo dormire fuori dall’hotel. Non mi era mai successo, in quasi otto anni di Nazionale, di avere il permesso di dormire dove volevo durante un ritiro, per di più a due giorni da una partita, con uno spostamento di un paio di centinaia di km e due allenamenti in mezzo. Si perchè venerdì giocammo al Foro Italico, ma la domenica si replicava a Firenze, sempre contro il Brasile. Non sto qui nemmeno a giudicare se era giusto o meno, non sto a dire se abbiamo fatto tardi o meno e se qualcun ha dormito fuori o in hotel. Non è questo il punto. Odio giudicare, ma amo dire quello che penso, a modo mio, e in questo caso è giusto farlo anche in maniera completa, perchè di completo ultimamente c’è stato proprio poco.
Torniamo a Rio. La premessa è importante: l’ambiente era molto teso, ormai da tempo, da troppo tempo e i famosi “penso ma non dico” erano all’ordine del giorno. In questo preciso istante mi viene in mente l’immagine del bruco che mangia una mela caduta a terra, e piano piano marcisce. C’era poco dialogo, c’era incoerenza, c’era egoismo, staff e giocatori camminavano su due binari diversi, distanti e in direzioni opposte. Non ci si guardava nemmeno più negli occhi. Io personalmente stavo soffrendo, sia per come stavamo in campo, sia per come ci stavamo preparando ad una finale, sia perchè volevo fare, fare e ancora fare ma c’era come se qualcosa mi tenesse e mi tirasse indietro e una volta voltatomi non vedevo nessuno. Non riuscivo a trovare risposte ai mille “perchè” che mi giravano per la testa. Sembrava di vivere una convivenza forzata. Una sensazione bruttissima, soprattutto nello sport. Sono convinto ancora oggi che stessimo soffrendo tutti tanto. La verità, in poche parole, è che non si doveva arrivare a quel punto. Invece ci siamo arrivati, e di peso.
Al ristorante, dopo aver ricevuto quel messaggio, si chiacchierava, si scherzava e si mangiava del buon cibo italiano. Non volevamo tornare in hotel, non lo credevamo giusto in quel momento, il giorno dopo era senza allenamenti e volevamo respirare un po’ di libertà e un po’ di spensieratezza. Onestamente non c’era davvero niente di male nel farlo. Avevamo voglia di stare ancora insieme quella sera, si stava davvero bene. Ovviamente eravamo pienamente consapevoli che stavamo disobbedendo ad una regola, ma in quel momento ci sentivamo tutto tranne che in colpa. Anche questo mi ha fatto pensare.
Ci alziamo, prendiamo un taxi e andiamo a vedere un quartiere caratteristico di Rio, con un bel panorama di luci dall’alto, una scalinata tutta colorata e molto artistica, facciamo qualche foto mentre passiamo in mezzo a tre bambini che a piedi nudi giocano a calcio in mezzo alla strada. Tra una battuta e l’altra finisce la scalinata e decidiamo di sederci ad un tavolo e ordinare la classica bibita brasiliana, la Caipirinha. C’era davvero un bel clima, finalmente. Esce anche qualche confidenza sul momento che stavamo vivendo, condivisione di molti pensieri e in qualche modo stavamo caricandoci per fare una finale al meglio delle nostre capacità, che in quel momento non erano sicuramente le nostre migliori di sempre. Ma dovevamo e volevamo provarci. La medaglia era alla nostra portata.
Lo sapete anche voi quando si passano quelle serate in compagnia, fatte di poco, di quel poco che basta, di chiacchiere e spensieratezza, e una volta tornato a casa si ha la sensazione di aver passato un momento piacevole, leggero, utile, lo ripeto, utile. In quell’istante, ironia della sorte, veniamo beccati, ovviamente inconsapevolmente. L’avremmo scoperto l’indomani.
Già dalla mattina seguente sento che qualcosa non va, ma decido di non pensarci. Arriva sera, riunione dell’ultimo minuto. Ci sediamo e l’ultimo chiude la porta. La comunicazione era quella che mi aspettavo. Qualcuno dello staff quella notte ci ha visto attorno a quel tavolo verso le due e il giorno dopo lo ha detto all’orecchio di Mauro Berruto. Era quindi appurato che là fuori non eravamo solo in quattro. La conoscete anche voi quella frase che recita “la legge è uguale per tutti”. Non vi viene da sorridere anche a voi adesso? Forse sono dettagli, ma io sono pignolo. Mi sono sentito spesso dire che staff e giocatori sono due cose diverse, ma ho sempre preso le distanze da questa teoria. In una squadra si è tutti uguali.
La mattina successiva l’aereo che torna in Italia ha quattro posti che ci aspettano.
Dopo la riunione me ne torno in camera. E’ stata una notte infinita e insonne come il viaggio per tornare a casa, e i pensieri formavano un tornado inesauribile. Credo che potrei scrivere un’enciclopedia se mettessi nero su bianco tutto quello che mi è passato per la testa in quei giorni. Uno dei tanti era la sensazione di aver subito un’ingiustizia. Mi spiego meglio: sono pienamente consapevole di aver disobbedito ad una regola, e sono pienamente d’accordo che quando si disobbedisce ad una regola, giusta o sbagliata che sia, bisogni pagare. E mi sembra di aver pagato più che sufficientemente. Credo fosse giusto prendere provvedimenti nei nostri confronti, come credo anche che se ne potessero prendere molti altri e diversi da quello inflittoci. Ma è successo quello che è successo e andava accettato.
Ho avuto l’onore di passare abbastanza estati in Nazionale per averne viste di tutti i colori. Di cotte e di crude. I miei occhi hanno visto molto peggio, le mie orecchie hanno sentito molto molto peggio rispetto a quello che è successo quel sabato sera di Rio. Era palese che ci fosse dell’altro in quella punizione. Ogni giorno che passa mi rendo sempre più conto che le motivazioni non sono state solamente disciplinari…anzi. Quasi mi vergogno a dirlo, ma lo penso, è più forte di me. Non so se quella decisione, prima pensata, ragionata, e poi concretizzata una ventina d’ore dopo l’accaduto, fatta dall’allenatore e condivisa dalla Fipav, sia stata una decisione di forma, di convenienza, autoritaria, politica, rancorosa, o sia stata la classica “palla al balzo” da calciare di collo pieno, non lo so. Cioè lo immagino, ma non ne sono sicuro e quando non sono sicuro di qualcosa preferisco non esprimere opinioni.
Uscito da quella stanza ho deciso di prendermi le mie responsabilità, in silenzio. Senza se e senza ma. Sono state settimane in cui ho parlato poco, non ne avevo voglia, avevo solo il desiderio di starmene a casa con le persone che con uno sguardo hanno capito tutto e mi hanno abbracciato. Mi sento abbastanza lucido e abbastanza maturo da capire che bisogna prendersi sempre le proprie responsabilità, soprattutto quando queste responsabilità pesano e bruciano come i carboni ardenti. L’ho sempre fatto e continuerò sempre a farlo. Non ricordo altre volte in cui abbia disobbedito ad una regola nel mio percorso con la maglia azzurra, e se sono arrivato a farlo lì e in quel momento sono convinto che non sia successo per caso. Inconsciamente o consciamente nulla succede per caso.
Da quando ho lasciato quella stanza non ho mai avuto un confronto con nessuno, o almeno non l’ho avuto con chi ha preso quella decisone. Zero, vuoto assoluto. E’ finita così. Nemmeno il tempo di uno sguardo. Sarei falso a non dire che mi sarei aspettato un confronto, ma la mia non è una polemica, è solo una considerazione ovvia che faccio quando due parti hanno condiviso tanto insieme e in un attimo le strade si sono biforcate. Non è una questione di regole, non è una questione di logica, è una questione di pancia, di animo, di cuore. Di umanità. Altrimenti a che cosa serve costruire rapporti? Credo nei rapporti umani, mi sono sempre alimentato da questi, e spero di non smettere mai di farlo. Nemmeno dopo tutta questa storia.
Ho girato abbastanza grazie alla pallavolo, ho conosciuto persone di varie culture e varie mentalità. In Russia mi dicevano sempre che noi italiani parliamo tanto, gesticolando in continuazione. Credo faccia parte della nostra cultura. Comunicare è una cosa bellissima e sicuramente in Italia lo sappiamo fare molto bene. Mi sono reso conto però, molto spesso, che noi parliamo tanto senza guardare negli occhi. Abbiamo perso quella sensibilità d’animo fondamentale per avere fiducia nel prossimo e rispetto nel prossimo, che sono le basi per costruirsi e svilupparsi come popolo.
Per quella maglia ci ho messo la faccia, spesso e volentieri, e il cuore in ogni singolo secondo, in ogni singola palla. Lo voglio fare anche ora, in questo ultimo capitolo. Chi mi conosce come atleta sa che ho sempre fatto il massimo per dare il giusto esempio, dentro e fuori dal campo, e credo di aver sempre dato un buon contributo in questo senso. Ho dato tutto e tanto, volevo sempre stare in prima fila, soprattutto quando la merda non ci faceva nemmeno più respirare. C’è storia se mi penso con quella maglia addosso, ci sono un mare di cose belle da raccontare, ma non mi va nemmeno di elencarle perchè odio parlare bene di me stesso e non ho mai preteso una pacca sulla spalla da nessuno in vita mia. Mi sono sempre arrangiato, per voglia di farlo e a volte per forza di cose. Credo solo che non dovesse finire così, credo di non meritarlo. Questa sarà l’unica cicatrice che porterò con me dopo aver vissuto queste ultime settimane.
Voglio ringraziare chi c’era in quella camera d’albergo quella domenica dopo la riunione. Credo che quel momento, per quanto fosse triste, mi abbia fatto capire il senso della vita. Non dello sport, della vita.
Ringrazio Giovino, il mio eterno compagno di stanza. La mattina seguente, con la valigia in spalla, l’ho abbracciato per salutarlo e dopo tanto tempo mi ha fatto piangere. Nessuna parola, solo un lungo abbraccio. Ti conosce bene solo chi ti vede piangere. Pura verità”.
kk_1961
7 Agosto 2015 at 10:27
Premetto, sono di parte.
Nel 2010 nei mondiali a Roma per quanto i risultati non fossero così negativi, la squadra mi toglieva voglia di guardare ancora la pallavolo. Poi Anastasi fece entrare due giovani, il Drago e Ivan ed immediatamente apparve che l’Italia aveva ancora una speranza, nella voglia e spensieratezza i quei due giovani. Ricordo con nostalgia gli scontri di petto, come due giovani cervi, tra i due dopo punti realizzati in modo incredibile. Su quei due, ma soprattutto sull’alzatore si è costruitta una squadra che già l’anno successivo ha raggiunto l’argento Europeo perdendo la finale in Serbia contro la Serbia. Da allora almeno un podio all’ano con il bronzo olimpico. Sempre con il Drago in regia, nonostante scelte cervellotiche di Berruto (vedi finale europei 2013 con Savani in campo dopo mesi di assenza e Zaytsev opposto al posto del Vetto (MVP miglior attaccante ). E poi il maledetto 2014. Che parte con l’Italia che senza allenamento va a vincere in Brasile. Da quel momento accade qualcosa che chi ama la pallavolo non pò non percepire. I time out con i giocatori che guardano in giro, nessuno che si guarda più in faccia. Berruto che filosofeggia invece di dare suggerimenti tecnici.
Hanno voluto dare la colpa di tutto questo a Travica (spero che i commenti televisivi del vecchio rimbambito non abbia influenzato…).
Anche se volevi puntare su Giannelli il secondo alzatore non poteva essere che Drago.
Adesso rischiano di bruciare Giannelli, che titolare a 18 anni ha più da perdere che da guadagnare , soprattutto con dei rimpiazzi, buoni per squadre di secondo piano in campionato ialiano , assolutamente inadeguati per qualunque cmpionato internazionale.
Faccio un esempio: qualcuno ha preso nota che Giannelli ha sbagliato tre alzate consecutive alla fine del secondo set contro la Polonia facendo perdere il set all’Italia ? Se l’avesse fatto Travica, apriti cielo!
Io spero ancora in un ravvedimento, anche se sono pessimista. Già l’idea di far tornare Zaytsev a fare l’opposto è una c…ata colossale. Avremo due ricettori schiacciatori (Jantorena e Lanza) e 3 opposti (Zaytsev,Vettori e Sabbi) Già mi immagino la futura epurazione di Vettori che ha in comune con Travica un QI più alta della media.
Per non perdersi le prossime oimpiadi Drago dovrebbe pensare alla nazionale del passaporto del padre, che ha ridondanza in tutti i ruoli ma è scoperta totalmente in regia : Nikola, ci hai pensato?
Nany74
7 Agosto 2015 at 11:29
Sono parzialmente in disaccordo su alcune cose, questo è il bello del confronto. Il 2010 è passato da un pezzo e proprio perchè, a distanza di 4 anni (che non sono poi un’eternità) si sono inziati a vedere i time out filosofici, sguardi bassi ecc, che forse andava dato uno scossone alla cosa….quello che discuto è il modo in cui è stato dato…la mia idea è chiara credo, basta guardare i commenti qua sotto, non la ripeto, ma di certo Travica non è un giocatore finito, al di là delle scelte di Blengini. su Zaytsev opposto o ricettore possiamo discutere quanto vogliamo, ma ricordiamoci che tra poco c’è un torneo che mette in palio i biglietti per le olimpiadi, in una situazione simile, anche io me ne sarei beatamente fregato di avere pochi “ricambi” di qualità a fornte del fatto di poter schierare una squadra fortissima (e con lo Zar da opposto, siamo più forti, è un dato di fatto….). Se poi si infortunano ecc, beh, i miracoli non si possono fare eh, con così poco tempo, non si può pensare di “costruire una squadra”, si mette insieme quello che si ha per avere la massima potenza di fuoco nel periodo che serve, punto e fine. Se poi agli europei finiamo massacrati, amen e così sia, basta che stacchiamo un biglietto per Rio…o almeno ci proviamo al massimo delle nostre potenzialità. Questa è solo la mia opinione ovviamente.
Giannelli non sono ha sbagliato delle alzate nei momenti più importanti, ma ha pure cannato il tocco di 2da che ci è costato il set (forse) decisivo, per cui è tornato ad essere una persona comune, che sbaglia, come tutti gli esseri umani. La cosa su cui forse bisogna riflettere è la marea di palloni sbagliati che ho visto partire dalle mani di Travica nelle occasioni in cui ha giocato…e non erano palloni che scottavano. Questo è sintomo di scarsa tranquillità e di tensione personale, ma dubito che fosse legata all’emozione del momento. Concludo dicendo che personalmente non ho dato mai la colpa a nessuno di questa situazione, ma non posso pensare ad un allenatore capace di farti vincere così tanto (e quindi di motivarti, suppongo…), che si trasforma in un filosofo, così come non posso immaginare che dei giocatori con il canino sporco di sangue, diventino un gruppo di suonatori di piffero che si fanno massacrare come la prima squadretta trovata per strada. Le motivazioni c’erano e non sono mai state “urlate” a dovere e queste sono le conseguenze. Ne ha fatto le spese Travica in questo frangente e Randazzo per un bel po’ di tempo….ora sta a loro far capire che hanno intenzione di dare ancora molto alla nazionale. Se poi Grbic vuole Travica al palleggio, per carità, è una facolta che esiste ed è giusto che anche Dragan faccia le proprie scelte….ci mancherebbe altro….
kk_1961
7 Agosto 2015 at 16:39
la pallavolo è anche questo, poter discutere senza insulti come avviene in altri forum… 🙂
Il mondo è bello perchè vario, ma per me la squadra è sempre stata più debole quando ha messo Zaytsev da opposto. Comunque sono i numeri che parlano…2 schiacciatori per due posti e 3 opposti per un posto solo. E se Lanza riprende a fare come lo scorso mondiale in cui non passava neanche senza muro? Inoltre Ivan , nonostante la lunga assenza per infortunio e nonostante il ruolo diverso, ha ricevuto meglio di quanto fatto negli ultimi anni da Lanza, Kovar, Parodi etc etc
Credo di poter concludere che a tutti noi questo episodio faccia male perchè, tifosi o meno di uno o dell’altro giocatore, comunque non c’è stata chiarezza. Perchè Berruto non ha sentito il bisogno di parlare cno Dragan? e Blengini? veramente il nostro capitano doveva apprendere dai giornali di essere stato escluso? Cosa c’è di così deplorevole da non poter essere raccontato da Blengini (vedi interviste) ?
W la pallavolo
PS come fatto notare da Five7 forse Wikipedia mi ha tratto in inganno e Travica padre non era Serbo (difficile la classificazione per chi è nato jugoslavo e poi diventato di nazionalità diversa nel tempo. Io ricordo i vergognosi fischi dell’europeo 2011 in Serbia contro Travica durante la premiazione , che erano stati interpretati dai commentatori come fischi per un “traditore della patria”) Di qualunque Stato sia il padre , la mamma è Croata e Dragan si ritiene Italiano : questa è la cosa più bella per me.
Nany74
7 Agosto 2015 at 20:03
Infatti, è il bello di questo sport fatto di appassionati e non di fondamentalisti…se posso, aggiungerei anche il clima che si respira nei palazzetti, dove discussioni come questa si potrebbero fare tranquillamente tra un set ed un altro e tra due tifosi con sciarpe di colore diverso…..davanti ad una birretta fresca…..quanto adoro questo sport e o suoi tifosi!!!
Onestamente non ho statistiche o dati precisi alla mano, per cui vado anche io a sensazioni e sicuramente concordo con il fatto che Ivan sia migliorato moltissimo in ricezione, un po’ come Anderson per gli USA che lo impiegano da opposto anche se ha un bager mica da poco!! Secondo me non è escluso che, in caso di bisogno, venga rivista la squadra con Ivan in posto 4. Alla fine sono scelte tecniche dell’allenatore, condivisibili o meno, è la nazionale che Blengini ritiene più forte, speriamo abbia ragione!!
Lanza a me piace molto anche se non si può negare che non abbia una continuità assoluta, però, pensandoci bene, sia lui che il Vetto o il Bira, non si sono mai fermati praticamente: tra campionato, play off e finali scudetto….
Vista così è duretta anche fisicamente, non si può dire di no, a prescindere da dove giocherà Ivan…dovranno fare uno sforzo in più, ma come si dice: quando il gioco si fa duro…………………. 😉
Tra l’altro ho letto sulla Gazzetta mentre aspettavo la pizza (spulciando tra le 120.000 pagine di calcio, serie D compresa….), che Magri ha detto “Le porte della nazionale non sono chiuse” riferendosi a quanto ha scritto Dragan…..certo che non si smentisce mai il presidente: prima dice ok a Berruto per mandare a casa i 4, poi prende le distanze appena tornati a casa, ora dice di “non preoccuparsi”, sta a vedere che a Natale gli manda pure il panettone…….Dragan, vai tranquillo fidati di me: gioca come sai giocare e mettici impegno come sempre, è solo questa la risposta migliore che puoi dare a tutti…sul campo!! 😉
Forza azzurri !!!
Five
7 Agosto 2015 at 13:29
Chiedo scusa, ma travica e il padre sono croati, non serbi (fonte wikipedia naturalmente!). Gode di cittadinanza serba?
kk_1961
7 Agosto 2015 at 16:22
hai ragione, ma non citare Wikipedia…
Ti riporto sotto quanto scritto da Wikipedia..
Ljubomir Travica (Ervenik, 1º ottobre 1954) è un ex pallavolista e allenatore di pallavolo serbo
kk_1961
7 Agosto 2015 at 16:47
Forse Wikipedia mi ha aiutato a trovare l’arcano.
Il padre è definito Serbo ma nato a Ervenik (croazia)
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Ervenico[1] (in croato Ervenik) è un comune della Croazia di 998 abitanti della Regione di Sebenico e Tenin di cui il 94,9% Serbi e il 3.1% Croati (censimento del 2001).
Statisticamente è probabile che il papà di Dragan sia al 94,9% Serbo…
Five
7 Agosto 2015 at 18:59
Sulla cittadinanza dei giocatori slavi in effetti non si puo mai definire bene, travica cmq si sente, giustamente, italianissimo.
Five
7 Agosto 2015 at 07:13
Io dopo sta lettera sono ancora piu convinto della cattiva fede di travica: e’ chiaro che e’ stato preso un provvedimento esagerato per quattro atleti che han voluto andare in giro a divertirsi come dei quindicenni a cesenatico, ma bisogna anche chiedersi perche berruto fosse arrivato a tanto e la teoria di travica del berruto brutto scemo e cattivo mi convince meno di zero. Gia il fatto che il capo dice di rientrare a una certa ora e tu te ne sbatti perche’ “non e’ giusto” e’ di cattivo gusto. Lunedi devo rientrare in ufficio dalle ferie, invece che alle otto mi presentero a mezzogiorno perche’ non ci vedo nulla di male a dormire due ore in piu.
Nany74
7 Agosto 2015 at 07:56
Amen!!
Per quello dico che forse, se proprio si voleva farsi cacciare, si poteva farlo perchè nel silenzio della palestra (vedi prime righe del post…) ci si alza, si tira un bestemmione che si fermano tutti, qualcuno dirà: “Che succede?” e li parti con il tuo monologo sull’ambiente e sull’aria che si respira…..ma forse sono io un po’ ingenuo che credo ancora nel fatto che un capitano ha anche delle precise responsabilità……………………………
Quasi quasi dormo anche io due ore in più il lunedì di rientro…….
Five
7 Agosto 2015 at 08:48
Esattamente. Anche perche io credo che berruto si sia sentito non poco preso per i fondelli dal suo capitano. Travica deve tanto a berruto…. mauro come la mamma “come ti ho fatto, io ti ho distrutto” :p
Nany74
6 Agosto 2015 at 16:52
Ammetto che ho riletto il post 2 volte, perchè volevo cercare di capire il più possibile. La posizione di Travica è chiarissima e sicuramente la sincerità non manca in questo post. Non discuto ovviamente i fatti di Rio, nel senso che è stato SCELTO di trasgredire ad una regola (giusta o sbagliata che fosse) e se ne sono prese le conseguenze, molto semplice. La cosa che mi chiedo però è se non si potesse evitare di arrivare a questo. Per esperienza personale e forse influenzato dal mio noto caratteraccio, mi sarei impuntato con il CT e lo Staff oppure con i miei compagni e mi sarei confrontato fino alla morte, a costo di farmi cacciare, ma non perchè sono rimasto fuori di notte!! Se uno scossone deve esserci, è meglio che ci sia perchè ho provato a chiarire quello che per me rende pesante l’ambiente, sarò capitano per qualcosa o no?
Non dimentichiamoci che è stato escluso “il Bara” dalle convocazioni per evitare litigi in cabina di regia, quindi Berruto aveva piena fiducia nelle scelte fatte. Su un paio di cose sono assolutamente d’accordo con Dragan:
– non doveva finire così
– ti conosce bene solo chi ti vede piangere
Detto questo, forse anche noi utenti possiamo recitare un po’ di mea culpa per il tam tam che si è creato, fatto di molte congetture, ma pochi fatti (..nessuno si esprimeva..mah..). Spero solo che torni il sereno sulla nostra nazionale……il resto sono e resteranno “cose personali” dei singoli.