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Ciclismo: Ciccone, Ravanelli e Petilli, tre giovani grimpeur su cui puntare

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L’Italia può vantare, nella sua lunghissima storia ciclistica, un numero impressionante di scalatori: basti pensare che, per ben ottanta volte, le tre grandi corse a tappe sono finite in mani azzurre (con un netto predominio al Giro d’Italia, ovvio). Proprio Giro, Tour e Vuelta richiedono notevoli abilità in montagna: senza considerare che, forse, sono proprio i grimpeur la “razza” di corridori capaci di accendere le fantasie più forti nelle menti e nei cuori dei nostri appassionati.

Negli ultimissimi anni, però, sembra che il nostro Paese fatichi a tirar fuori corridori di questo genere. L’eccezione che conferma la regola è Fabio Aru, le cui performance nei grandi giri, nonostante la giovane età, sono già di altissimo profilo e dunque il sardo sembra destinato a rinverdire quella straordinaria tradizione di cui sopra. Per il resto, appunto, si fa fatica: vuoi per la globalizzazione del ciclismo che ha aperto gli scenari delle due ruote a decine di nazioni, vuoi per un numero calante di squadre italiane che puntano sui nostri ragazzi, vuoi per le consuete difficoltà, presenti in ogni paese e in ogni sport, nel confermare tra i professionisti quanto di buono si è fatto tra i giovani. Anche perché, poi, in Italia c’è il vizio di bocciare senza appello chi non “esplode” entro i 23-24 anni, senza tener presente che, nello sport contemporaneo, la durata della carriera si allunga e con esso il picco di massimo rendimento si sposta sempre più in là. Non è certo il caso di Davide Formolo, su cui Davide Cassani punta tantissimo: il veronese deve ancora compiere 23 anni, eppure quest’anno ha letteralmente entusiasmato al Giro d’Italia con uno splendido successo di tappa. Ma ci si potrebbe invece dimenticare di Davide Villella o Mattia Cattaneo, passati tra i professionisti con un ricchissimo curriculum negli U23: rispettivamente di 24 e 25 anni, i due ragazzi devono ancora confermare queste qualità, tuttavia è ancora decisamente presto per archiviarli come “promesse non mantenute”. Se poi ci fossero dubbi sul loro valore, probabilmente non militerebbero in altrettanti top team come la Cannondale-Garmin e la Lampre-Merida.

Bisogna poi guardare ai più giovani, non ancora sbarcati tra i professionisti, per trovare altri prospetti interessanti. Tutti da confermare, com’è ovvio che sia, perché c’è chi vince tra i giovani e non si conferma tra i pro e, invece, chi non vince tra i giovani e domina nella massima categoria: in ogni caso, almeno un terzetto di nomi merita ampia considerazione.

Il primo della lista è Giulio Ciccone, abruzzese non ancora ventunenne: nel 2016 lo vedremo in maglia Bardiani-Csf, l’unica formazione, tra quelle professionistiche d’alto livello, a investire veramente nei giovani italiani. Questo ragazzo ha chiuso sesto al Tour de l’Avenir, che in tanti equiparano ad un Tour de France dedicato ai giovani, ottenendo tre piazzamenti di tappa tra i primi dieci: non solo, all’altrettanto arduo Giro della Valle d’Aosta ha trionfato nella classifica dedicata agli scalatori.
Teniamo gli occhi ben aperti anche quando si parla di Simone Ravanelli, bergamasco di Almenno San Salvatore: il ventenne ha saputo vincere, un anno fa, la classifica riservata ai giovani al Giro delle Valli Cuneesi, al Giro delle Pesche Nettarine e al Giro della Valle d’Aosta,dove quest’anno ha chiuso settimo nella classifica finale preparandosi al meglio per il debutto tra i professionisti che avverrà, nel 2016, con la formazione di categoria Continental Unieuro Wilier Trevigiani.  Proprio nella formazione diretta da Marco Milesi milita già il ventiduenne Simone Petilli, altro prospetto interessante terzo nella classifica finale in Val d’Aosta: questa stessa corsa in anni non troppo lontani consacrò Fabio Aru e Thibaut Pinot, più indietro ancora Yaroslav Popovich, Gilberto Simoni, Wladimir Belli e Ivan Gotti. Gente che in montagna andava davvero forte, ora in cerca dei doverosi eredi.

 

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marco.regazzoni@oasport.it

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