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Doping, imbarazzo Italia: più della metà degli ‘infrequentabili’ per la Wada sono azzurri

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La Wada ha pubblicato nella giornata di ieri una lista di 114 nomi di personaggi legati al mondo dello sport squalificati (a vita o a tempo determinato) per aver favorito la diffusione di pratiche dopanti, allo scopo di proibire contatti tra gli ‘infrequentabili‘ e gli atleti. Per questi ultimi, infatti, scatterebbe l’immediata squalifica (un anno inizialmente, due per la recidività) se dovessero essere provati dei rapporti lavorativi con uno dei nomi presenti nella Prohibited Association List. Per l’Agenzia mondiale antidoping, di fatto, equivarrebbero a doping vero e proprio.

A saltare all’occhio, tuttavia, è la schiacciante maggioranza di professionisti italiani inclusi nella lista, addirittura oltre la metà del totale: ben 61 su 114 tra medici, farmacisti, allenatori, massaggiatori e atleti ritiratisi dall’attività agonistica (presente, ça va sans dire, Michele Ferrari). Un dominio netto, clamoroso e scottante, se si pensa che la seconda nazione con il numero più elevato di personaggi implicati è la Russia, staccatissima con sette.

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daniele.pansardi@oasport.it

1 Commento

  1. Luca46

    17 Settembre 2015 at 17:59

    Solo gli sponsor possono mettere fine al doping. Le regole le decide chi paga non chi viene pagato.

  2. ale sandro

    16 Settembre 2015 at 13:36

    Quasi quasi lo intitolerei “imbarazzo mondo”, nessun paese escluso.
    E’ appunto una lista di nomi ottenuti da squalifiche e indagini fatte a livello nazionale, e mi sembra che , per quanto possa sembrare più o meno blanda o ‘impegnata’ la lotta al doping fatta in Italia, la Procura antidoping del Coni non sia stata timida con diversi connazionali. Giustamente tra l’altro. Mi verrebbe certe volte da pensarla come Al in merito a certi risultati italiani del 21° secolo ,e da un certo punto di vista è un discorso che non fa una piega. Ovviamente mi sforzo di continuare a ritenere istituzioni e Coni più varie federazioni le sole colpevoli ad aver fatto sciagure e spreco di talenti/tecnici/competenze/strutture e chi più ne ha più ne metta.
    Certo è però, che fino a quando non emergeranno completamente cose come l’Operation Puerto, fidarsi di chi gestisce l’antidoping continuerà per me ad essere cosa molto difficile.

  3. Al

    16 Settembre 2015 at 12:29

    Invito la redazione ad approfondire il significato di questa frase contenuta nel documento:

    “The Prohibited Association List is for general information purposes only and has been established based on decisions and information that has been received by the World Anti Doping Agency (“WADA”) from its stakeholders.”

    A quanto pare, la lista si basa sulle comunicazioni fornite alla WADA dalle singole agenzie locali. Poiché tutti sanno che il doping è ancora molto presente nel mondo sportivo, da questa lista si evince che l’Italia è forse l’unico Paese che lo combatte seriamente. Ecco, forse, perché siamo scesi oltre il decimo posto nel medagliere virtuale di Rio 2016.

    Chi sa se anche questa volta la stampa italiana leggerà i siti americani e riporterà stracciandosi le vesti, o se per una volta gli spieghiamo noi.

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