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Formula 1

F1, Fernando Alonso: un lento declino tra rimpianti e futuro fosco

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Sicuramente nessuno si sarebbe atteso un ritorno in Formula 1 del binomio McLaren Honda così deludente. Fino ad ora il team di Woking e il motorista giapponese hanno portato a casa risultati pressoché mediocri. Una stagione così al di sotto delle aspettative non incalzava nemmeno gli incubi più torbidi di Fernando Alonso che, quando mancano cinque gare alla fine del campionato, si vede fermo in 16esima posizione a quota 11 punti.

Una frustrazione che è senz’altro alla base di quanto accaduto nel Gp del Giappone, a Suzuka in casa del fornitore di propulsori nipponico, in cui Fernando, superato con estrema facilità dalla Sauber di Marcus Ericsson e dalla Toro Rosso di Max Verstappen, si è lasciato andare ad uno sfogo, come viene ampiamente descritto in questo articolo.

Una reazione che è piaciuta poco a Ron Dennis, il grande capo della Mclaren, il quale ha dichiarato: Non si può far finta di niente davanti ad episodi del genere. Capisco che sia frustrato e demotivato come tutti noi, ma non è redarguendo in questa maniera il personale tecnico che si costruisce qualcosa. Non è professionale. Al massimo avrebbe dovuto recarsi dagli interessati e comunicare il suo disappunto, opppure tramite il responsabile del team Eric Boullier”. Dennis, poi, ha sottolineato il grande impegno di Honda nel cercare di recuperare nel più breve tempo possibile rispetto ai competitors: “Tutti nell’azienda nipponica si stanno dando un gran da fare per recuperare il gapo investendo in soldi e risorse. Personalmente sono certo che torneremo davanti”.

Ebbene un contesto non propriamente sereno in cui spesso Fernando si è trovato anche per proprie responsabilità. Sfogliando le pagine della storia del pilota asturiano infatti, dopo i grandi successi con la Renault del 2005 e 2006 valsi due titoli mondiali davanti a Kimi Rakkonen e al mostro sacro Michael Schumacher, ci imbattiamo in tante polemiche, casi e scontri con i team in cui ha lavorato. Nel 2007, da campione del mondo in carica, fu spiazzato in primis dalla classe cristallina del suo compagno di squadra debuttante in F1, un certo Lewis Hamilton per intenderci. Uno stupore che ha assunto i contorni della “congiura” quando il team inglese sposò chiaramente la causa del britannico, mettendo quasi in un angolo Nando. Tutto questo in pieno clima Spy Story con lo spagnolo che, compreso l’andazzo, vuotò il sacco e mise nei guai l’intera scuderia. Tre anni di contratto che chiaramente non furono rispettati e ritorno all’ovile Renault, rifiutando le offerte di Red Bull e Toyota. Due stagioni di grandi difficoltà con una macchina lenta e incapace di valorizzare le doti dello spagnolo. Due vittorie nel 2008, tra cui quella di Singapore, tristemente nota per un processo sportivo che vide coinvolti il Team Principal Flavio Briatore e il compagno di squadra Nelson Piquet Jr accusati di aver orchestrato l’incidente del brasiliano per favorire indirettamente Alonso.

L’arrivo in Ferrari nel 2010 e 4 annate in cui il Mondiale è sempre sfuggito, con una Red Bull imbattibile ed un Sebastian Vettel così somigliante al vecchio nemico Schumacher. Tanta rabbia e delusioni per Fernando che hanno portato a dissipare quel talento, probabilmente, per scelte sbagliate e rapporti chiusi sempre sbattendo la porta, senza mai trovare un proprio equilibrio. Il ritorno a Woking, in questa stagione, ha convinto poco in termini di progetto per un pilota aspirante al meglio possibile, a maggior ragione guardando cosa sta facendo la Rossa  con la cura Marchionne/Arrivabene ed il mai sopportato Vettel.

E’ vero che la carriera di un driver non la si può rappresentare esclusivamente dal numero di successi, altrimenti un mito come Gilles Villenueuve sarebbe un illustro sconosciuto,  però è evidente che, dal passaggio dalla Minardi alla Renaul, Fernando non abbia più indovinato una scelta, per idee personali o influenze esterne, senza mai riuscire a diventare un vero uomo squadra. Il suo grido in mondo visione aveva un chiaro intento, non certo quello di farsi cacciare, ma bensì ferire, cosa ben lontana da una critica costruttiva. Probabilmente, è proprio questo il limite dell’iberico che rischia di essergli letale, rendendo il suo futuro fosco.

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