Formula 1

F1, le cause del calo Mercedes. Non solo questione di pressione

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Dopo l’appuntamento di Singapore valso il terzo successo della Ferrari di Sebastian Vettel e caratterizzato  dai problemi occorsi in casa Mercedes con Lewis Hamiton ritirato e Nico Rosberg fuori dal podio, le polemiche non sono mancate. Il tema riguarda l’ormai famosa pressione degli pneumatici i cui valori sono mutati, dopo il GP di Spa per l’esplosione dello pneumatico di Vettel. L’aver obbligato i team ad usare 17 psi e non più 16 psi, con ampia discrezionalità. avrà fatto storcere un po’ il naso in quel di Stoccarda anche se da parte del  capo Mercedes Toto Wolff si è voluto spegnere il fuoco polemico: “Questa non è dietrologia, è paranoia. A Monza non abbiamo fatto niente di sbagliato, eravamo un ogni caso entro i limitiha sostenuto il team principal con forza – anche qui ci siamo attenuti ai parametri imposti da FIA e Pirelli. La sicurezza viene prima di tutto, è molto importante per noi. Vi assicuro che i nuovi valori minimi di pressione delle gomme non influenzano per nulla le nostre prestazioni”. 

Una posizione che ci sentiamo di sposare perchè, in primis, in qualifica si utilizzano pressioni diverse ed i controlli invece sono previsti nel pre-gara. Ricordiamo poi che Hamilton a Monza, prima della gara, era al di sotto della pressione minima di soli 0,3 psi, forse un po’ troppo poco per giustificare certe differenze prestazionali. Rosberg a Monza era invece sotto la pressione di 1,1 psi ma non possiamo certo prenderlo come termine di paragone visti i problemi al motore ed il conseguente ritiro. Che ora  l’innalzamento di pochi psi porti la Mercedes da un vantaggio vicino al secondo sulla concorrenza, ad un ritardo di quasi due, sembra veramente un poco improbabile. Non è un mistero infatti che le frecce d’argento hanno sempre digerito male la fornitura di mescole soft, per gli assetti più aggressivi che solitamente utilizzano, pertanto non sorprende che su un cittadino dalle caratteristiche particolari abbiano sofferto. Tuttavia è opportuno fare una considerazione sia sul regolamento che sul costruttore Pirelli. 

Per quanto concerne il tema regolamentare è evidente che c’era un bel bug, prima del round in Belgio, dal momento che si consigliavano dei parametri ma poi si era liberi di utilizzare quelli ritenuti ideali dai team. Da Monza le cose sono cambiate e per l’ennesima volta ci si è trovati a registrare un’altra regola cambiata  in corso d’opera. A questo si aggiunge l’azienda italiana (Pirelli) che doveva e deve porre maggiore attenzione alle variazioni del proprio prodotto nel corso di un campionato. Nel 2013, infatti, il costruttore variò la struttura interna della gomma, passando dall’acciaio al Kevlar dando vita ad una striscia impressionante di successi per la Red Bull (11 vittorie in 10 GP) e sfavorendo macchine come Ferrari e Lotus che avevano basato sulla salvaguardia dello pneumatico, in condizioni complicate, il proprio credo.

In questo senso, tali sviluppi potrebbero ricrearsi. Al di là delle relazioni che vi possono essere tra i valori delle gomme e la debacle Mercedes, infatti, è inaccettabile che una squadra veda, in qualche modo, sconvolto il proprio lavoro da regolamenti che cambiano per sedicenti motivazioni di sicurezza. Trovandoci in un regime di monogomma avrebbe più senso che fossero proprio i team ad adoperarsi nella scelta delle mescole per far sì che la competizione venga alimentata e non standardizzata.

A chiosa, Suzuka sarà un bel banco di prova per verificare come e quanto la particolarità di Marina Bay abbia inciso sulle monoposto di Stoccarda e se il termine pressione verrà utilizzato per identificare un parametro legato alle gomme o alla psicologia per la vicinanza della Ferrari.

 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

Foto: Pier Colombo

Twitter: @Giandomatrix

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