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Artistica
Ginnastica artistica, Matteo Morandi: “Gli Assoluti, la gara più importante d’Italia”
Tra le stelle dei Campionati Italiani Assoluti, in programma sabato 26 e domenica 27 settembre a Torino, ci sarà anche Matteo Morandi. Con un palmares da fare invidia a qualsiasi ginnasta, il bronzo olimpico agli anelli del 2012 si sta preparando per la rassegna tricolore dove sarà uno dei protagonisti assoluti.
Per l’occasione ecco un’intervista a tutto tondo con l’atleta di Vimercate.
Qual è la cosa che ti spinge, a distanza di tanti anni da quando hai cominciato, a continuare a far gare?
“La passione. Cerco sempre di divertirmi il più possibile in palestra perché ritengo che finché ci sarà il divertimento, e ovviamente il fisico, continuerò a praticare questo magnifico sport“.
Vincere è l’obiettivo di tutti gli sportivi. Quali sono le tue sensazioni in quel momento?
“Vincere è sempre bello, ti dà quella marcia in più per le gare successive. Anche perdere però serve, perché è solo allora che un atleta si sofferma sulle cose che non vanno e prova a farsi un esame di coscienza“.
Si può dire che vincere aiuti a vincere?
“Sicuramente aiuta ad aumentare il morale, però a me ha aiutato più perdere proprio perché sono quelli i momenti in cui rifletti e in cui provi a correggere quello che non funziona. Poi, chiaramente, vincere è sempre la cosa più bella“.
Dopo tanti anni di sport ad altissimo livello, cosa rappresenta per te la sofferenza sportiva?
“È subentrata in tutti quei momenti dove ho fatto dei sacrifici, soprattutto quando ero più giovane. Il fatto di stare in palestra ore e ore prima ancora che arrivassero i risultati. Questa è la sofferenza sportiva, senza dimenticare gli infortuni: lì devi saper rialzarti e andare avanti“.
Che cosa ti ha insegnato questo sport?
“Tantissimi valori. Il sacrificio, il rispetto, il saper perdere, il saper rialzarsi e andare avanti a testa alta anche dopo le sconfitte“.
Tra i vari valori legati allo sport c’è anche la cultura del lavoro. Che cos’è per te?
“E’ la cultura che ti insegnano i tuoi allenatori nel portare rispetto ai tuoi tecnici, ai tuoi compagni, agli avversari e all’attrezzatura che utilizzi tutti i giorni“.
Ogni atleta vive il momento precedente alla gara in modo diverso, il tuo?
“Di fissazioni particolari non ne ho e solitamente riesco a dormire tranquillamente la notte prima. L’ansia prima di una competizione c’è sempre, soprattutto nelle ore prima della gara quando senti un peso sullo stomaco, di cui però riesci a liberarti una volta entrato nel palazzetto“.
La ginnastica artistica può essere considerata una forma d’arte?
“Assolutamente sì. Lo scopo della ginnastica artistica è rendere un esercizio fisico, altamente complicato, bello e armonioso alla vista delle persone. All’osservatore dovrà sembrare facile, ma tu che lo stai eseguendo sai benissimo quanta fatica hai fatto negli anni per farlo al meglio e per renderlo così plastico“.
Sabato 26 e domenica 27 settembre si svolgeranno a Torino i Campionati Italiani Assoluti. Cosa hanno rappresentato per te?
“Sono un trampolino di lancio per tutti i giovani ginnasti, la miglior vetrina a livello nazionale. I primi li disputai a metà anni ’90 ed è sempre stata la gara più importante che c’era in Italia. Mi trovavo a gareggiare con i miei idoli sportivi, le cui gesta ero abituato a guardare in televisione. Era l’evento più prestigioso perché potevi metterti
in mostra e farti vedere dai tecnici della Nazionale“.
Ora invece sei tu un modello per i giovani ginnasti.
“Questa è una sensazione bellissima, significa che sono riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi che mi sono preposto fin da quando mi sono affacciato a questo sport“.
La prima cosa che ti viene in mente pensando a Torino, teatro della prossima rassegna tricolore?
“Essendo un grande appassionato di auto dico la Fiat. Torino è anche la città dove lo scorso anno mi sono operato al menisco dopo l’infortunio che ho subito durante il riscaldamento di una gara di Coppa del Mondo“.
Il rapporto tra atleta e tecnico è sempre un aspetto delicato e importante. Quanto influisce nelle prestazioni di un ginnasta?
“E’ fondamentale. Lui deve arrivare a conquistare la tua fiducia e tu devi sapergliela dare, anche perché quando arrivano i risultati arrivano per tutti e due. È una sorta di secondo padre o di fratello perché insieme a lui trascorri tantissime ore della giornata e con lui condividi sia le vittorie che le sconfitte“.
Debrecen nel 2002 e Anheim nel 2003. Le tue due prime medaglie ai Mondiali. Che effetto fa pensarci?
“A Debrecen ero giovane ed è stata una medaglia inaspettata. In quell’occasione mi ero posto come obiettivo la finale e poi è arrivato il bronzo. Ad Anheim, l’anno dopo, la situazione era diversa. Riconfermare quello che avevo fatto dodici mesi prima era difficile in quanto avevo più pressione e proprio per questa ragione è stata
un’emozione incredibile. Poi il Mondiale di Anheim non lo dimenticherò mai anche per il posto stupendo in cui eravamo“.
Girare il mondo per la propria passione. Una fortuna per pochi.
“E’ uno degli aspetti positivi di praticare sport ad alti livelli ma molto spesso ti trovi a girare gli alberghi e i palazzetti più che il mondo stesso, perché non sempre riesci a goderti i posti in cui vai. In alcuni casi riesci a ritagliarti delle mezze giornate per visitare, molte volte invece non hai proprio tempo“.
Tra le tante città in cui hai gareggiato c’è Atene. Il ricordo più bello della tua prima Olimpiade?
“Avere il pass olimpico è il sogno di ogni sportivo. In quel momento avevo già raggiunto il mio obiettivo, era quello che sognavo fin da bambino. I risultati che sono arrivati in quell’occasione e la finale raggiunta sono stati un di più. Già il fatto di aver gareggiato in finale insieme a Juri Chechi è stato un onore, considerando che sono cresciuto con il mito di Juri“.
Un episodio divertente di quella esperienza?
“Appena arrivati al villaggio olimpico ho bevuto una tazza di caffè americano che scottava talmente tanto che il cartone del bicchiere si è accartocciato e, nel tentativo di evitare di ustionarmi, il caffè mi è caduto tutto sui pantaloni e sulla polo bianca. Tutti gli altri chiaramente sono scoppiati a ridere“.
Da Atene 2004 a Londra 2012, con la conquista di quello storico bronzo.
“Era la terza Olimpiade, la terza finale e non volevo che fosse la terza volta che tornassi a casa a mani vuote. Ci tenevo davvero tanto. Appena finita la gara, sarà per l’adrenalina ancora in corpo, sarà per i ritmi frenetici del cerimoniale, non mi sono reso conto di quello che avevo fatto. Ciò è avvenuto nei giorni successivi, quando
realmente mi sono goduto quel momento. Quella medaglia è stata una sorta di liberazione perché era l’unica che mi mancava e avevo iniziato a pensare che fosse una maledizione“.
Non solo un atleta, ma anche papà. I tuoi figli saranno dei ginnasti?
“Non lo so, sicuramente non li forzerò. Anche se Gaia già a volte viene con me in palestra, mi viene a vedere durante le gare e quindi mi sa che ce l’ha già un po’ dentro. La cosa importante è però che facciano sport, magari snowboard”.
Ufficio stampa Campionati Italiani Assoluti 2015
Giorgia Balzola
Eugenio Bertone