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Vuelta a España 2015: Froome, la resa del campione

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Nel giorno in cui una tappa apparentemente anonima si decide sul filo di lana alla Vuelta a España 2015, la corsa iberica perde uno dei protagonisti più attesi: Chris Froome non ha infatti preso il via della dodicesima frazione.

Una caduta nei primi chilometri del tappone di Andorra lo ha, di fatto, messo fuorigioco: frattura al piede, distacco incolmabile in montagna, stampelle la sera stessa e ritiro, a malincuore, nella mattinata successiva. Eppure, proprio nella giornata più impegnativa della Vuelta Chris ha fatto vedere tutto il suo valore: in tanti, al suo posto, si sarebbero fermati ben prima dell’ascesa finale in tali condizioni. Il White Kenian no: ha lottato col coltello tra i denti, per lunghi tratti affiancato da Geraint Thomas e Nicolas Roche, due gregari di lusso che stanno disputando una competizione d’altissimo profilo. Sembrava quasi, con le debite proporzioni, lo Jan Ullrich di Les Deux Alpes al Tour de France 1998, quando i T-Mobile lo scortarono fedelmente, sotto una pioggia incessante, nella giornata più dura della carriera, consegnando di fatto il Tour de France a Marco Pantani.

Ieri Froome è arrivato da solo, trentaduesimo a 8’41” da Mikel Landa, perché sull’ultima salita è andato oltre la soglia del dolore, oltre l’umana sopportazione, oltre ciò che è richiesto persino ai più grandi campioni: il tutto solo per una pura questione d’onore, per non abbandonare la Vuelta senza combattere sino all’ultima goccia di energia, per non archiviare quel sogno di una doppietta tra due grandi corse a tappe, che resta ancora una chimera, senza poter dire di averci provato. Chris ci ha provato, ne è uscito sconfitto: gli resta, almeno, l’onore delle armi.

foto: pagina Facebook Team Sky

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 marco.regazzoni@oasport.it
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