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Badminton: Spagna, non solo Carolina Marín

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Un campione attira attenzione sullo sport in cui eccelle. Ricordate l’Italia ai tempi di Tomba e Compagnoni? Beh, allora lo sci alpino vantava una copertura mediatica e una passione sportiva ben superiore a quanto accaduto negli anni immediatamente successivi, per quanto poi, dal nuovo millennio in avanti, la regina delle discipline invernali abbia ripreso un posto importante nell’immaginario collettivo tricolore.

Il campione genera non solo tifosi, ma anche possibili emuli: spinge tanti giovani a provare quello sport, sognando di essere come lui. In Spagna sta funzionando così col badminton, grazie a Carolina Marín. Famosa è famosa: quasi 30.000 like sulla pagina di Facebook non sono cosa da tutti i giorni per chi fa del volano la propria regione di vita nella zona del Mediterraneo (diverso sarebbe in Danimarca e, soprattutto, nell’Estremo Oriente). Vincente è vincente: sedici tornei e soprattutto due titoli iridati consecutivi, quanto basta a questa ventiduenne di Huelva per collocarsi nella seconda posizione del ranking mondiale comunque lungamente guidato nei mesi estivi.

Nonostante Carolina e nonostante una diffusione comunque crescente, nel paese iberico il badminton non insidia certo il primato del calcio e nemmeno i posti occupati da ciclismo, basket e altre discipline. Tuttavia la campionessa è conosciuta e, come lei, i nomi di Pablo Abian (n°44 del ranking maschile) e Beatriz Corrales (n°25 dell’ultima classifica femminile) iniziano a farsi strada, invogliando qualche ragazzo in più a prendere la racchetta in mano e a provare. Marín fa da traino, certo, ma probabilmente la federazione spagnola ha iniziato da più tempo un deciso progetto rivolto soprattutto all’attività giovanile che l’Italia ha sposato con convinzione solo negli ultimi anni, sia a livello di promozione nelle scuole, sia a livello di monitoraggio degli atleti più giovani in chiave 2020 e 2024. Forse dalle parti di Madrid ci sono persino meno praticanti che in Italia (l’effetto della campionessa si farà sentire nei prossimi anni, ovviamente), ma gli investimenti federali, le strutture di allenamento e la preparazione dei tecnici permettono di allevare atleti di ottimo livello, tra i quali svetta un talento comunque naturale come quello della campionessa iridata.

Per questo la strada intrapresa dalla FIBa italiana sembra davvero quella giusta. Non aspettiamoci medaglie nell’immediato e nemmeno boom di popolarità di questo sport, anzi: ma il continuo innalzamento dell’asticella applicato dai tecnici (guarda caso guidati da uno spagnolo, Arturo Ruiz) permetterà nel lungo periodo di avere soddisfazioni più che buone. Adesso si lotta per qualificare qualcuno ai Mondiali e alle Olimpiadi, domani per traguardi più ambiziosi. Con l’auspicio che anche in Italia nasca una Carolina Marín, perché se è vero che campioni si diventa con l’allenamento costante e con gli allenatori “giusti”, è altrettanto vero che le doti naturali fanno e faranno sempre una certa differenza. 

foto: Tang Shi

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marco.regazzoni@oasport.it

 

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