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Calcio: Italia bella a metà. Belgio superiore, ma c’è una chiara identità

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Nella serata in cui l’Europa si è scoperta nuda di fronte ai vili attacchi dell’Odio e la Francia è stata colpita nei suoi luoghi di svago – stadio, ristorante, teatro – a meno di un anno dagli Europei 2016, l’Italia di Antonio Conte ha offerto una prestazione “bella a metà” in casa del Belgio, dallo scorso 5 novembre al comando del ranking Fifa per la prima volta nella sua storia e tra le critiche dei più.

Ma, a partita terminata, molti si sono ricreduti. Forse i Diavoli Rossi non saranno proprio la squadra più forte del mondo al momento (anche se la Germania campione in carica ha perso 2-0 proprio nella triste notte di Parigi, la Spagna sta ricostruendo dopo il flop brasiliano e l’Argentina ha poche occasioni per testare il suo vero valore), ma di certo godono di una solidità e di un talento che raramente si vedono su un campo da calcio. Sì, perché Hazard e compagni, aggrediti in avvio di gara da una Nazionale propositiva, determinata e finalmente in grado di assumere una certa identità – del 4-4-2 o o 4-2-4 che dir si voglia parleremo più avanti – sono riusciti a mantenere la calma, ringraziando anche le parate di Mignolet (che non sarebbe il titolare, ma gioca in virtù dell’infortunio di Courtois), e a ribaltare la contesa fino al definitivo 3-1.

Per inciso, non siamo qui a difendere il ranking Fifa. L’Italia del primo tempo, anzi dei primi 70 minuti, fino alla sfortunata traversa di Eder, ha dimostrato di valere ben più del 13esimo posto dell’ultimo aggiornamento. Nelle gare ufficiali della gestione Conte è imbattuta. E’ una squadra che può davvero arrivare in semifinale a Euro 2016, a patto di lavorare al meglio secondo i dettami del ct. Ma il gap che al momento la divide dal Belgio è parso evidente soprattutto nel quarto d’ora finale, quando le energie fisiche e soprattutto nervose si sono spente, provocando il banale errore in fase di impostazione di Bonucci da cui è scaturito il gol di De Bruyne (ironia della sorte, con un tiro sporco simile a quello fallito da Eder poco prima) e permettendo a Batshuhay di colpire indisturbato in mezzo a numerose maglie azzurre per il 3-1 che ha visto coprotagonista in negativo anche Buffon, in ritardo sul suo palo.

Questo è quanto di brutto – sempre sportivamente parlando – è andato in scena allo stadio Re Baldovino, commovente durante il ricordo delle vittime dell’Heysel al minuto 39 del primo tempo. Ed è, ovviamente, ciò su cui lavorare da qui a giugno. Ma la base di partenza è ottima e i progressi dal doppio 1-0 su Malta e Bulgaria di inizio settembre sono enormi. Era una squadra schierata con il 4-3-3, con Pellè isolato (ma sempre decisivo) e i due esterni limitati nei loro compiti offensivi.

Invece adesso Conte ha trovato la formula corretta per esprimere al meglio tutto il potenziale azzurro, che non sarà di primo pelo come nei decenni passati ma, almeno, si muove con i giusti accordi e gioca con grinta e intelligenza tattica. Florenzi è il jolly della Roma cui nessuna formazione dovrebbe fare a meno: in ogni ruolo è decisivo, non sente la fatica e compie sempre la scelta giusta. Candreva forse è più discontinuo, ma completa il lavoro con una forza fisica rara per un’ala, se pensiamo ai vari Hazard, Depay e Walcott senza dover scomodare l’uccellino Garrincha. Eder è la giusta spalla di Pellè: si infila negli spazi che la boa del Southampton crea e non lascia punti di riferimento ai difensori. Di modifiche se ne possono apportare ancora – soprattutto in difesa e in attesa del rientro di uno tra Verratti e Pirlo (più probabilmente il primo) in cabina di regia – ma se due mesi fa si chiedeva ad Antonio Conte un’identità – beh – adesso i frutti del lavoro sono palesi.

 

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francesco.caligaris@oasport.it

Twitter: @FCaligaris

Foto da: profilo Twitter Alessandro Florenzi

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