Ciclismo

Ciclismo: Fabio Aru, un attacco già entrato nella storia per battere Dumoulin

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Froome, Quintana, Valverde, Rodriguez. Nomi altisonanti per una Vueta a España che prometteva spettacolo. E di spettacolo ce n’è stato sicuramente, ma a giocarsi la Roja fino all’ultima tappa sono stati Fabio Aru e Tom Dumoulin. Due giovani con caratteristiche diverse ma un futuro che si preannuncia roseo davanti a loro.

Nessuno, tra questi, aveva mai vinto un grande giro. L’olandese, con una sola tappa a dividere il plotone dalla passerella di Madrid, poteva contare ancora di 6” di margine sul sardo e veniva da due tappe decisamente favorevoli. Aru, sulla carta più forte in salita, sembrava alle strette. Un alone di perplessità volteggiava mesto sulle sue possibilità di ribaltare una situazione ancora molto aperta. Lo scenario dello scontro finale la 20esima corsa della corsa iberica, 175 chilometri con arrivo a Cercedilla e quattro gran premi della montagna di prima categoria da affrontare, l’ultimo dei quali ad oltre 10 chilometri dal traguardo.

Il punto cruciale, e questo lo sapevano tutti, era la penultima salita, la più impegnativa anche in relazione alla distanza dal traguardo. Dieci chilometri di ascesa con pendenze aspre ma non estreme, tra il 7 e il 9 per cento nella maggior parte della salita. La tattica Astana, per Fabio Aru, si delinea sin dal mattino. Fuga numerosa che ottiene il benestare dalla Giant-Alpecin di Dumoulin con all’interno Andrey Zeits e Luis Leon Sanchez, compagni di squadra di Aru.

Sul Puerto de la Morquera, il già citato snodo cruciale, lo spiegamento di forze da parte delle due squadre è totalmente diverso. Mentre il nero della Giant-Alpecin spariva dalla testa del gruppo, isolando la maglia rossa di Dumoulin, le maglie Astana si sono portate di forza in testa al gruppo. Il forcing di Diego Rosa e Dario Cataldo, due sfuriate seguite da un vero e proprio attacco di Mikel Landa. Il gruppo esplode, Dumoulin fatica ma resiste. E ad oltre 40 dal traguardo Fabio Aru si muove in prima persona. Un attacco a cuore in mano, le spalle che provano a spingere la biciclettà un po’ più in là. Lo scollinamento che si avvicina e l’avversario diretto sempre più lontano, alla deriva.

Landa rientra sul proprio capitano e lo aiuta ma nonostante questo l’olandese sembrava avere qualcosa di più nella discea pedalabile. Il ricongiungimento sembra ormai scontato quando Aru incontra sulla strada Sanchez e Zeits: la tattica della squadra kazaka funziona alla perfezione e Dumoulin rimbalza, sconfitto da un avversario e da una squadra superiori dopo aver lottato come un leone. 

Aru vola a prendersi il primo grande giro della carriera e lo fa come i grandi. Senza aspettare, senza paura. Scattando ad oltre 40 chilometri dal traguardo in uno scontro frontale con il proprio avversario diretto coadiuvato da una squadra capace di girare alla perfezione. Un gruppo solido, di fatto lo stesso del Giro, in cui anche un capitano come Landa ha dato il suo preziosissimo contributo. Aru ha saputo gestire tutto nel migliore dei modi, pur senza la miglior condizione fisica della carriera ha trovato un successo desiderato e voluto dopo il secondo posto del Giro d’Italia. La conferma di un processo di maturazione che lo può portare lontano.

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