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Storia delle Olimpiadi: Alberto Cova, il “ragioniere” con cui tutti dovettero fare i conti a Los Angeles
Nato ad Inverigo (Como) nel 1958, Alberto Cova scoprì il faticoso mondo del podismo durante gli anni alla Ragioneria, scuola il cui titolo finale gli darà il soprannome che lo avrebbe poi accompagnato per tutta la carriera. Astuto, calcolatore, tattico, abile nel dosare al meglio le energie, il “ragioniere” Cova riusciva a colmare le lacune legate al suo fisico minuto proprio grazie alle doti di fine stratega ed al carattere freddo, lucido.
I primi risultati sul tartan li raggiunse nel 1977, quando diventò Campione italiano juniores sui 5000 metri piani, distanza che predilesse rispetto a quella doppia – che gli avrebbe poi regalato le maggiori soddisfazioni – fino al 1980. In quell’anno iniziò il sodalizio sportivo con Giorgio Rondelli, l’allenatore con cui vincerà dovunque; Rondelli intuì subito che Alberto aveva le qualità per dominare sui 10000 m.
Agli Europei di atletica di Atene del 1982, il comasco si presentò da outsider. Fu in quell’occasione che palesò per la prima volta le caratteristiche che lo trasformarono nel dominatore della specialità: la capacità di difendersi dai cambi di ritmo degli avversari, seppur frequenti, e l’incredibile velocità che riusciva a scatenare durante gli sprint finali. Infatti, in Grecia si laureò a sorpresa Campione europeo resistendo agli attacchi dei favoriti, in particolare del temibile tedesco orientale Werner Schildhauer e del finlandese Martti Vainio, per poi fulminarli nel rush decisivo. Sul rettilineo finale, Vainio attaccò, Schildhauer e Cova resistettero e nei metri conclusivi l’azzurro infilò i rivali con uno scatto bruciante, vincendo in 27’41”03, con soli 18 centesimi di vantaggio sul tedesco.
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L’anno dopo, ad Helsinki (prima edizione dei Mondiali di atletica leggera IAAF), capitale della patria di tanti fenomeni del mezzofondo prolungato, Cova concesse il bis in una delle più appassionanti gare di atletica che si siano mai disputate nella storia. Gli avversari principali erano gli stessi dei Campionati europei: i tedeschi orientali Hansjörg Kunze e Werner Schildhauer, l’idolo di casa Martti Vainio e il veterano portoghese Carlos Lopes. Il ritmo della finale fu lentissimo tanto che al suono della campana dell’ultimo giro il gruppo era ancora compatto. Schildhauer aumentò per primo l’andatura con un poderoso scatto, il plotone si disgregò e solo il connazionale Kunze sembrava poter restarvi attaccato. Si creò anche un po’ di luce tra i due teutonici e il terzetto degli immediati inseguitori Vainio – Shahanga (Tanzania) – Cova, il quale dava l’impressione di essere molto sofferente. Alberto fu addirittura sul punto di staccarsi ma, incredibilmente, negli ultimi 150 metri le carte vennero rimescolate del tutto: Kunze apparve in grado di seminare il connazionale, Vainio, Shahanga e Cova ricucirono lo strappetto e, all’ultima curva, l’italiano si allargò scattando a velocità doppia rispetto al resto della compagnia. Il tanzaniano Shahanga cedette di schianto, mentre Cova divorò negli ultimi metri, nell’ordine, Vainio, Kunze e Schildhauer vincendo con il tempo di 28’01”04, con 14 centesimi di vantaggio su Schildhauer e 22 centesimi su Kunze.
Ai Giochi Olimpici di Los Angeles ’84 il “ragioniere” completò la sua leggendaria tripletta andando a vincere i 10000 metri a cinque cerchi, orfani sì dell’eterno secondo Schildhauer a causa del boicottaggio dei Paesi del blocco comunista, ma impreziositi dalla presenza del portoghese Fernando Mamede il quale aveva appena abbassato di quasi 9 secondi il record mondiale (27’13”81) che avrebbe resistito per ben cinque anni. Tuttavia il lusitano, piuttosto fragile psicologicamente, pativa i grandi appuntamenti e infatti uscì di scena dopo pochi giri, così fu lo spilungone finnico Vainio a dettare il ritmo gara, imprimendo continui cambi di velocità per cercare di disinnescare l’arma letale del favorito Cova: lo sprint finale. L’azzurro parve perdere smalto agli 800 metri (un déjà-vu?) conclusivi, ma tenne duro e resistette nella scia del battistrada. I due contendenti arrivarono appaiati all’ultimo giro con un Oceano Pacifico di vantaggio sugli inseguitori. Stavolta Cova non aspettò il rettifilo finale e, sorprendendo Vainio, scattò a 200 metri dal traguardo: il cambio di marcia lasciò quasi sul posto il finlandese e oro vinto per distacco.
Nel 1987, ai Mondiali di Roma, Cova rimase escluso dalla finale, così come l’anno successivo, alle Olimpiadi di Seul, dove non poté difendere l’oro losangelino dopo aver corso una pessima batteria. Dopo i Giochi sudcoreani, Alberto Cova si ritirò dalle competizioni agonistiche, a soli 30 anni, lasciando agli appassionati di atletica il ricordo indelebile delle sue imprese e un record: lui e il super somalo-britannico Mo Farah sono gli unici due atleti nella storia dei 10000 m ad aver conquistato la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici, ai Campionati del Mondo e ai Campionati d’Europa.
Storia delle Olimpiadi, prima puntata: Dorando Pietri
Storia delle Olimpiadi, seconda puntata: Ondina Valla
Storia delle Olimpiadi, terza puntata: Gian Giorgio Trissino
Storia delle Olimpiadi, quarta puntata: Pietro Mennea
Storia delle Olimpiadi, quinta puntata: Abebe Bikila
Storia delle Olimpiadi, sesta puntata: il massacro di Monaco 1972
Storia delle Olimpiadi, settima puntata: Jesse Owens
Storia delle Olimpiadi, ottava puntata: Mauro Checcoli
Storia delle Olimpiadi, nona puntata: Antonella Bellutti
Storia delle Olimpiadi, decima puntata: Paola Pezzo
Storia delle Olimpiadi, undicesima puntata: Nino Benvenuti
Storia delle Olimpiadi, dodicesima puntata: Vincenzo Maenza
Storia delle Olimpiadi, tredicesima puntata: l’oro maledetto dell’Italvolley
Storia delle Olimpiadi, quattordicesima puntata: i fratelli Abbagnale
Storia delle Olimpiadi, quindicesima puntata: Clemente Russo
Storia delle Olimpiadi, sedicesima puntata: Sara Simeoni
Storia delle Olimpiadi, diciassettesima puntata: Pino Maddaloni
Storia delle Olimpiadi, diciottesima puntata: Klaus Dibiasi
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giuseppe.urbano@oasport.it