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Slamball, Marco Bianchi: “Sto lavorando molto per portare lo Slamball in Italia”. L’intervista al primo europeo della MSAA

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Estate 2007, ore 14 circa, Italia 1. Andava in onda il primo campionato di Slamball, condotto da Dan Peterson e Ciccio Valenti con le loro gag e i loro “Mamma, butta la pasta!”. Lo Slamball è un misto di pallacanestro (da cui riprende le dimensioni, l’area dei tre punti ed il canestro), hockey su ghiaccio (paratie laterali) e football americano (contatto fisico), con l’aggiunta di trampolini per far arrivare tutti al canestro. La schiacciata è infatti un elemento molto presente in questa disciplina, che garantisce ben tre punti. Altro spettacolo è dato dal cosiddetto “face-off”, che sostituisce i classici tiri liberi con una sfida 1 vs 1. L’avventura televisiva dello Slamball finì nell’estate 2008, ma i tornei della MSAA proseguono ancora, in America come in Asia. Da poco più di un anno è presente nella Lega anche un italiano (primo europeo): il riccionese Marco Bianchi, che nell’intervista ci ha parlato della sua esperienza nelle Global Series in Cina e dei suoi progetti futuri a livello sportivo, con un occhio di riguardo verso il Bel Paese.

Come ha conosciuto lo Slamball?

“Come tutti, ho conosciuto questo sport con il programma televisivo su Italia 1, condotto da Dan Peterson e Ciccio Valenti. Essendo un giocatore di basket molto verticale con attitudini a schiacciate e stoppate, non è stato difficile per me innamorarmi di questo sport. Con il passare del tempo, mi appassionai sempre di più, fino a che uno dei miei sogni non diventò proprio quello di giocare a Slamball e di poterlo fare con i più grandi. Un giorno d’estate mi chiamò Alessandro Bortolot (ex compagno di squadra a Riccione in C1), dicendomi di andare a provare questo nuovo sport che aveva portato a Riccione. Incuriosito mi precipitai e vidi che si trattava dello Slamball, anche se chiamato con un nome diverso! Per due mesi mi sono allenato 3-4 a volte 5 ore al giorno, cercando di imparare il più possibile, per il poco tempo che avevo a disposizione, poichè a fine estate il campo sarebbe stato smontato”. 

Qual è stata, invece, la strada verso l’ingresso nella Lega?

“Finita la stagione estiva e quindi finita anche la possibilità di allenarsi con un campo da Slamball, conobbi Andrea Fabbri, produttore televisivo (colui che aveva prodotto il programma su Italia 1) e “amico dello Slamball”, che decise di aiutarmi a provare ad entrare in questo mondo. Per quattro anni ci provammo inutilmente, fino a quando su Facebook non riuscii ad avere l’amicizia di Mason Gordon (prima inventore e poi giocatore di Slamball) e Stan Fletcher (il giocatore più forte al mondo). Da lì provai con vari video a fare vedere la mia enorme passione e la mia grande volontà di competere con i più grandi giocatori. Stan Fletcher, a sua volta cominciò a parlare di me e portò i miei video in visione alla Lega. Dopo varie settimane, passate a sperare, arrivò una notte di fine ottobre la chiamata che aspettavo, la Lega mi aveva scelto per la tournée cinese, che si sarebbe svolta di li a poco. La squadra che mi aveva scelto era proprio quella dei MAULERS di Stan. Era un sogno che si realizzava e dalle 6 del mattino, orario in cui arrivò la notizia, non chiudetti occhio fino al mattino successivo”.

Come sono stati i primi giorni? Ha subito trovato spazio nei Maulers?

“Il problema più grande per un europeo, catapultato in questa nuova avventura, è sicuramente la lingua, che ha poco a che fare con l’inglese scolastico studiato sui libri ed anche se io, grazie all’aiuto di John Leslie Fultz (padre di Robert, giocatore serie A lega italiana), mi ero preparato a dovere, mi sono ritrovato un po’ fuori dai loro meccanismi e dai loro schemi. L’aiuto da parte di tutti i miei compagni di squadra e dell’allenatore Kenny Anderson (4 volte All star NBA) è stato vitale. Quando sei un Rookie, non è che hai la possibilità di interrompere le varie spiegazioni o allenamenti, ma i miei compagni sono stati fantastici, dal primo all’ultimo e capii in poco tempo che ero entrato in una grande famiglia. Nella prima settimana mi sono allenato molto duramente e quando gli altri uscivano io rimanevo in albergo per imparare al meglio gli schemi, che nei Maulers, erano tanti e non troppo semplici.
Non trovai subito spazio in squadra, almeno nella prima partita, ma quando già dalla seconda fui chiamato ad entrare in campo, mi misi a disposizione, facendo il mio e cercando di imparare il più possibile, il tempo era poco. Alla prima azione di gioco fui “accolto” molto simpaticamente e amorevolmente da James Lee (giocatore dei MOB), che mi diede il benvenuto, lanciandomi a 3 metri di distanza. La vera grande chance arrivò dopo gli infortuni di 3 giocatori titolari degli Slashers. La Lega infatti doveva prendere una decisione: o “draftare” 1-2 giocatori o ritirare la squadra. La scelta cadde su di me e io mi feci trovare pronto, giocando tutte le partite rimanenti con gli Slashers e realizzando anche 7 punti su 21 totali nella finale di Pechino.

Pensa che lo Slamball si diffonderà anche in Italia?

“Io sto lavorando molto per poter dare a tutti la possibilità di provare, praticare e giocare a Slamball, ma non è facile. Ci vuole un campo regolare fatto apposta ed insieme ad Andrea Fabbri stiamo cercando e valutando le possibilità più concrete per farlo accadere. Ci sono parecchie società di basket interessate e sono sicuro che. con l’aiuto anche da parte della Lega, nell’arco dei prossimi anni tutto potrà succedere! “.

Come seguire Marco:
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