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Storia delle Olimpiadi: l’oro della nazionale italiana di calcio a Berlino 1936, unico trionfo azzurro a cinque cerchi fra tante delusioni

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A Rio de Janeiro il calcio olimpico compirà 116 anni e, ad esclusione delle edizioni del 1896 e del 1932, è sempre stato presente ai Giochi. L’Italia, nonostante i quattro titoli mondiali conquistati e l’enorme tradizione nello sport di squadra nazionalpopolare per antonomasia, non vanta un curriculum brillante per quanto riguarda i tornei olimpici. Appena tre podi e ben otto mancate partecipazioni, per svariati motivi. Anche in Brasile, come noto, gli azzurrini non ci saranno (per i secondi Giochi consecutivi) poiché incapaci di qualificarsi.

L’unica affermazione olimpica della nazionale italiana di calcio risale a Berlino 1936, in un momento storico in cui il Bel Paese pallonaro aveva pochi avversari in giro per il mondo in grado di metterne in discussione il suo dominio: Campionati del Mondo 1934, oro ai Giochi, bis iridato nel 1938. In Germania, dunque, eravamo chiamati a difendere il prestigio dei Campioni del Mondo in carica, così al mister-faro Vittorio Giuseppe Luigi Pozzo fu dato (anche) l’incarico di allestire un team decente all’uopo, fatto di calciatori iscritti a qualche università o istituto di istruzione superiore, in modo da poter raggiungere lo status, vincolante, di “squadra dilettante”. Ovviamente, Pozzo scelse bene…

La prima partita del torneo olimpico berlinese, contro gli inesperti statunitensi, non entusiasmò l’opinione pubblica, infatti riuscimmo a vincere, non senza inattese difficoltà, grazie ad un gol di rapina dell’occhialuto Annibale Frossi. Evidentemente, il generale Pozzo catechizzò per bene i suoi soldatini, dopo il grigio esordio, perché le successive, vittoriose partite contro Giappone (8-0) e Norvegia (2-1) videro un’Italia più frizzante e sempre più consapevole dei propri mezzi.

Dal momento che la competizione prevedeva una semplice formula ad eliminazione diretta caratterizzata da ottavi, quarti, semifinali e finali per determinare il podio, in men che non si dica gli azzurri si ritrovarono bellamente in campo con l’opportunità di conquistare la prima medaglia d’oro olimpica della storia italiana. Nell’atto conclusivo i nostri avversari furono gli austriaci, i “nemici” di sempre. Gli undici azzurri schierati da Pozzo: Venturini della Sampierdarena tra i pali, davanti a lui la coppia juventina Foni-Rava; in mediana, Baldo della Lazio, Piccini della Fiorentina e Locatelli dell’Ambrosiana. Al centro dell’attacco c’era Bertoni del Pisa, appoggiato dal compagno di squadra Biagi e da Marchini della Lucchese, sulle fasce Frossi dell’Ambrosiana e Gabriotti della Lazio.

Alla fine dei tempi regolamentari, le due squadre erano sull’uno a uno: al gol del solito Frossi, eccelsa ala destra affetta da miopia cronica ma capace di vedere la porta come nessun altro a Berlino (sarà proprio lui il capocannoniere del torneo olimpico tedesco, con 7 reti all’attivo), aveva risposto la mezzala sinistra austriaca Kainberger. Al secondo giro di lancette dei supplementari, Gabriotti, dall’estrema sinistra, passò lungo al centrattacco Bertoni che operò un “velo” in favore dell’accorrente Frossi che chiuse i cinque cerchi berlinesi così come li aveva aperti: con una rete decisiva.

“Corro sul campo, i giuocatori mi volano incontro, mi baciano, mi travolgono. Ci chiamano davanti alla tribuna d’onore. Lassù, quei due marinai che issano, lentamente, la bandiera nostra sul più alto pennone dello Stadio. Tutt’attorno, le centomila persone che prima ci erano contrarie, stanno ora in piedi e salutano: salutano noi. E noi, sull’attenti, mentre echeggiano le note degli inni nostri. Credo d’essere io solo a piangere, mentre faccio uno sforzo a stare rigido sull’attenti: macché, piangono tutti quei cari ragazzi nostri! Ancora una volta: arrestati, attimo fuggente, sei così bello!”. Parole toccanti, indelebili, emozioni travolgenti messe nero su bianco da Vittorio Pozzo nel suo libro Campioni del mondo. Quarant’anni di storia del calcio italiano (Ed. C.N.E., Roma, 1960). Una sola gioia olimpica nella storia del calcio italiano, tante delusioni: nessuno potrà mai sminuire le gesta di quella squadra, né tantomeno le sensazioni inebrianti che esse scatenarono.

 

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Storia delle Olimpiadi, quarta puntata: Pietro Mennea
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Storia delle Olimpiadi, sesta puntata: il massacro di Monaco 1972
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Storia delle Olimpiadi, ottava puntata: Mauro Checcoli
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