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Beach volley. Italia: cinquanta sfumature di sabbia

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C’è un beach volley che non ha un attimo di tregua, in questa prima parte del 2016 ed è quello dei tornei mondiali, della corsa alla qualificazione per Rio e c’è un beach volley dai tempi dilatati, che si deve sempre più accontentare di quello che passa il convento, di raccogliere le briciole nonostante numeri più che confortanti ed è quello della base, di coloro per cui, almeno per ora, il campionato italiano è l’unica vetrina possibile per dimostrare il proprio valore.

I due beach volley si sono incrociati nell’ultimo week end dove, mentre a Vitoria due coppie italiane entravano per la prima volta dopo diciassette anni assieme nelle semifinali di un torneo (a Jesi) del World Tour (allora, ai tempi in cui Vullo e Bertoli si dedicavano sulla sabbia con la stessa passione e gli stessi successi dell’indoor, non si chiamava nemmeno così), a Monopoli si giocava la prima (e unica) tappa del campionato italiano indoor non esattamente sotto i riflettori che un appuntamento del genere meriterebbe.

Il beach volley patinato del World Tour sta regalando all’Italia grandi soddisfazioni, soprattutto in canpo maschile. Dopo il torneo di Vitoria con Lupo/Nicolai sul secondo gradino del podio e Ranghieri/Carambula quarti (dopo due quinti posti nei primi due tornei brasiliani del 2016) l’Italia ha ottime possibilità di qualificare due coppie per Rio. Ranghieri/Carambula sono undicesimi nel ranking olimpico con 4600 punti contro i 3720 di Binstock/Schackter che in questo momento sono i diciottesimi in classifica e dunque primi esclusi, mentre Lupo/Nicolai sono 14mi con 4.490 punti. Un margine di sicurezza abbastanza ampio su chi insegue e fra questi ci sono anche Paolo e Matteo Ingrosso che con un inizio di stagione non esaltante hanno un po’ compromesso la loro rincorsa a Rio (dovranno per forza passare davanti ad una delle coppie azzurre, oltre che ad entrare fra le prime 17 coppie del ranking) ma sono pur sempre 23mi con 2950 punti all’attivo. Il programma prevede dalla prossima settimana al 22 maggio ben sei tornei Open (Doha, Xiamen, Fuzhou, Sochi, Antalya e Cincinnati) e poi la volata finale per la qualificazione olimpica attraverso il ranking che prevede gli ultimi due Grand Slam prima della chiusura della finestra di qualificazione (13 giugno), prima Mosca e poi Amburgo.

Sognare si può? Tutto lascia pensare di sì. L’equilibrio regnerà sovrano nel torneo olimpico che è diverso da un Grand Slam visto che non si gioca mai più di un match al giorno, i tempi sono dilatati e chi fatica a recuperare nel breve e a mantenere la concentrazione per lunghi periodi potrà essere favorito. Di sicuro, a oggi, Alison/Bruno e Dalhausser/Lucena sembrano avere una marcia in più ma da qui a quattro mesi, poco più, può accadere davvero di tutto e le nostre due coppie, qualora dovessero qualificarsi, sono fra gli outsider più accreditati per salire sul podio, visto che se si prendono gli ultimi sette tornei del World Tour (quelli che fanno classifica per il ranking) escluso Kish Island dove l’Italia era presente solo con i gemelli Ingrosso, almeno una coppia azzurra ha sempre raggiunto i quarti di finale e sono arrivati ben tre podi, un primo e due terzi posti, oltre al quarto di Ranghieri/Carambula a Vitoria. C’è qualità e continuità.

Stessa cosa non si può dire per il movimento femminile, eccetto la coppia di punta composta da Menegatti e Orsi Toth che in questo momento occupa la sesta posizione del ranking olimpico con 5070 punti all’attivo e non avrà problemi a strappare la qualificazione visto che diciassettesima coppia ha 1240 punti in meno. Le prospettive di Menegatti/Orsi Toth, almeno sulla carta, non sono da medaglia a Rio anche se la scorsa stagione è stata impreziosita dalla vittoria (la prima di un duo azzurro nel World Tour) a Sochi e quella in corso ha visto le italiane chiudere due volte sul podio (Antalya e Puerto Vallarta), due volte quinte (Grand Slam di Rio compreso) e una volta none. Qui l’impressione è che le coppie più forti (Larissa/Talita, Agatha/Barbara, Ludwig/Walkenhorst e Ross/Walsh su tutte), al massimo della condizione, siano difficilmente avvicinabili dalle azzurre che però continuano il loro percorso di crescita e la vittoria di Rio contro Larissa/Talita (che una settimana dopo si sono aggiudicate l’Open di Vitoria e quindi non si può dire che fossero fuori condizione) lo conferma.

Il problema si pone alle spalle della coppia di punta. Becky Perry non è Adrian Carambula, questo ormai è chiaro. La coppia con Giombini non ha funzionato al primo sguardo come è accaduto in campo maschile tra Ranghieri e l’ex uruguayano e restano tre mesi circa per presentarsi con un minimo di speranze alla Continental Cup, unica possibilità per le azzurre di conquistare il secondo posto Nazione per Rio ma le speranze, diciamo la verità, sono ridotte al lumicino e il terzo posto di Monopoli domenica scorsa è tutt’altro che confortante per il futuro. A Monopoli avrebbero dovuto essere al via anche Zuccarelli/Lestini (altra coppia giovane che in Brasile ha raccolto poco o nulla) ma pare che il biglietto aereo da cambiare costasse troppo per le possibilità attuali di una Federazione che ha pochissime risorse da spendere extra Nazionale. La coperta è corta e la scelta è stata quella di portare avanti sette coppie in azzurro (stando molto attenti alle spese anche qui) a discapito però di tutto ciò che viene dietro.

L’idea di un campionato italiano indoor invernale gestito dalla Federazione era buona: per dare ricambio servono giocatori che tutto l’anno giocano sulla sabbia e quella era la strada giusta ma quest’anno si è giocato un solo torneo, domenica scorsa a Monopoli, a sette mesi dall’ultimo torneo, la Coppa Italia di Cesenatico, organizzato dalla Federazione e la finale è in programma fra venti giorni a Spotorno e a tutt’oggi (a poco più di due mesi dall’avvio dell’attività) non si sa niente riguardo il prossimo campionato italiano, sia assoluto che giovanile, anche se le indiscrezioni parlano di un gruppo disposto ad accollarsi quantomeno l’onere dell’allestimento puro dei tornei del circuito assoluto che dunque non sarebbe più a carico della Federvolley (che rimarrebbe comunque organizzatrice degli eventi) ma si tratta solo di ipotesi. A metà aprile si dovrebbe sapere qualcosa in più in merito.

Federvolley che è uscita con le ossa rotte dalla sentenza del Tar del Lazio che ha decretato illegittima la squalifica di sei mesi (la prima) comminata a Greta Cicolari in seguito ai noti fatti che si trascinano ormai da due anni e mezzo. Una situazione da cui nessuno esce vincitore (Cicolari si metterà in tasca un bel gruzzoletto ma nessuno le restituirà l’anno e mezzo di inattività che ne ha compromesso la seconda parte di carriera) e che anzi rischia di tornare ad avvelenare un ambiente che avrebbe bisogno di preparare con tranquillità la spedizione brasiliana. Soluzioni è difficile trovarne, sarebbe quantomeno auspicabile un confronto (giocatrice-vertici Fipav) perché, non dimentichiamolo, stiamo pur sempre parlando dell’atleta campione d’Italia che, avrà pur qualche difettuccio, ma come compagna di squadra interesserebbe a gran parte delle atlete movimento italiano del beach. Proseguire in una guerra senza quartiere (altre cause, altre accuse, altri silenzi) a chi conviene?

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