Pallanuoto

Storia delle Olimpiadi: l’oro del Settebello ai Giochi del ’48. L’inizio di una leggenda

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Londra 1948, Giochi della XIV Olimpiade: l’Italia conquista la sua prima medaglia nella pallanuoto a Cinque Cerchi. È l’oro che fa nascere la leggenda del Settebello.

Partecipano al torneo olimpico londinese 18 squadre nazionali, che si affrontano senza soluzione di continuità negli impianti dell’Empire Pool di Wembley e della piscina di Finchley. La formula di questa edizione è simile a quella dei Giochi precedenti: quattro successive fasi a gironi, da ciascun gruppo le prime due classificate si qualificano per la fase seguente, ereditando i punteggi degli scontri diretti.

La nazionale italiana è la detentrice del titolo europeo e proprio in occasione delle Olimpiadi del 1948 diventerà il “Settebello”. All’epoca, questo è il soprannome della Rari Nantes Napoli, poiché i giocatori in calottina bianca ammazzano il tempo durante le lunghe trasferte giocando a scopa. A Londra, durante un’intervista al mitico radiocronista Nicolò Carosio, Ermenegildo Arena, Pasquale Buonocore ed Emilio Bulgarelli (tutti uomini della squadra partenopea) affermano: “Noi siamo quelli del Settebello, alla radio ci chiami così”. E da allora, è questo l’inconfondibile soprannome della nostra nazionale maschile di pallanuoto.

Dopo aver passato il primo turno travolgendo l’Australia 9-0 e pareggiando con la Jugoslavia 4-4, l’Italia accede al secondo turno, dove vince di misura (4-3) contro la fortissima Ungheria, bi-campione in carica. Nel raggruppamento del terzo turno, valido in sostanza come semifinale, supera agevolmente Francia (5-2) ed Egitto (5-1). Girone finale, c’è da superare gli ultimi due ostacoli per laurearsi Dei in costume e calottina dell’Olimpo acquatico. Il sorprendente Belgio viene brillantemente regolato per 4 a 2, mentre la sfida decisiva con l’Olanda si presenta tutt’altro che agevole, nonostante gli azzurri possano diventare campioni olimpici anche in caso di sconfitta con una rete di scarto, per via del quoziente reti.

Ma gli Oranje sono un osso davvero duro da tritare, hanno giocatori di classe, su tutti, Rudy van Feggelen, centroboa dalle grandi doti realizzative che risulterà il miglior marcatore del torneo olimpico con 16 reti. Ci sono quindi due avversari da battere per gli azzurri: quello “reale”, che vincendo con due gol di scarto conquisterebbe l’oro, e quello “immateriale” (ma più subdolo), cioè la pressione schiacciante garantita dal ruolo di favoriti, per di più chiamati a vincere la prima medaglia in vasca per l’Italia. Con questa tensione addosso, il Settebello entra nella piscina gremita di spettatori, circa 10.000, tanti quanti ne può ospitare Wembley.

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Cominciamo male: Rubini viene subito espulso e, nonostante i due pali colti in inferiorità numerica con Ognio e Arena, dobbiamo capitolare per mano di Stam, che batte Buonocore. Finalmente Rubini può rientrare e la parità, non solo numerica, viene presto ristabilita; è Gildo Arena a mettere a segno il pari con una rovesciata che si infila alta alla destra di Rohner, estremo difensore olandese. L’azione è bellissima: Bulgarelli serve il pallone a Ognio, da qui nasce una perfetta e rapida geometria che tramite il tocco di Pandolfini II permette ad Arena la ricezione ed il tiro del pareggio. In tribuna, i numerosi italiani tirano un sospiro di sollievo. Ben presto i loro timori si trasformeranno in rumorosa esaltazione. Ripresi gli avversari, ora gli azzurri giocano per superarli, li schiacciano in difesa e la pressione genera alcune occasioni da gol che, Ogni prima e Arena poi, sprecano.

Ci si mette anche l’arbitro, lo svedese Zuckerman (a fine gara la sua direzione verrà catalogata all’unanimità tra le peggiori del torneo), che nega un rigore palese ad Arena. È un momento difficile, la superiorità del Settebello è sterile, gli azzurri potrebbero innervosirsi, gli olandesi riprendere coraggio. Serve tutta la ferocia agonistica di quel gruppo, così la rete del 2-1 arriva puntuale, per mano di Ghira, che finalizza un’azione ubriacante di Arena.

Gli olandesi, da par loro, giocano bene. Bulgarelli viene colto in fallo ed espulso: tiro diretto per i tulipani. Spara Van Feggelen, Buonocore respinge, ma il bomber olandese raccoglie e da poco più di un metro spinge in rete il pallone del 2-2. Le cronache dell’epoca riferiscono di un errore del fischietto svedese nell’assegnazione del tiro diretto. Per gli azzurri, l’appuntamento con la storia è in realtà un’avventura irta di ostacoli…

Si ritorna immediatamente in parità numerica e gli azzurri manovrano in attacco per quella che, cronometro alla mano, dovrebbe essere l’ultima azione della prima frazione di gioco. Arena lascia di sasso il suo controllore Koorevaar e, presentatosi solo davanti a Rohner, lo perfora con una rapida conclusione per la rete del 3-2 con cui gli atleti vanno al riposo.

È chiaro agli uomini di Pino Valle come la ripresa debba essere aggredita, non semplicemente affrontata. Gli olandesi ri-vengono schiacciati in difesa, si salvano un paio di volte in angolo, poi Ognio colpisce la traversa e successivamente Pandolfini lascia partire un tiro che supera per un istante la linea di porta: sarebbe il 4 a 2, ma Rohner è lesto a recuperare il pallone prima che l’arbitro Zuckerman riesca a vedere e convalidare. L’azione italiana non si ferma, Ghira coglie l’ennesimo palo, poi Zuckerman non concede un chiaro fallo da rigore agli azzurri.

È la partita della vita, vincendola molte cose possono cambiare in meglio, ma un arbitraggio per nulla amico può capovolgere tutto in un minuto; è questo il pensiero degli italiani in acqua e fuori, tutti preoccupati per l’andamento della gara, neppure il prezioso gol di vantaggio serve a rasserenarli. Urge il gol della sicurezza, a chi ha vissuto la guerra e i suoi malefici serve un muro con cui allontanare il ricordo della fame, con cui difendere le proprie opportunità per un futuro migliore. L’assalto quindi continua, gli olandesi sono pressati ulteriormente e alla fine capitolano, nonostante qualche ulteriore aiutino esterno… Ognio prende il pallone, effettua una lunga e rapida discesa, per poi sferrare il colpo della certezza: un tiro preciso che vale l’oro olimpico.

Come agli Europei di Montecarlo l’anno prima, anche a Londra il tricolore paga “dazio storico”. Nel corso della cerimonia di premiazione, la bandiera e l’inno italiano generano più proteste che applausi, un trattamento che scatena la reazione stizzita dei componenti del Settebello. Certi eventi non si cancellano con una vittoria o con il bel gioco di una rappresentativa sportiva, purtroppo… Fra tutte le descrizioni possibili di quella premiazione, è quella della Gazzetta dello Sport (firma di Giorgio Fattori) ad essere la più adatta, forse, la più poetica… “L’Olimpiade è vinta. Ripensammo allora ai fischi stizzosi della folla di Montecarlo: ripensammo ai silenziosi sacrifici di tanti mesi degli azzurri per raggiungere il sogno più ambito. Ripensammo al reclamo della Jugoslavia, alle decisioni di Montecarlo, al signor Zuckerman, fallito affossatore della nostra finale. Tante e diverse cose facevano a spinte nella gola un po’ chiusa, mentre la bandiera, alta sul pennone, si specchiava misteriosamente nella verde acqua di Wembley”.

E’ in ballo anche un premio di un milione di lire promesso dal Presidente del CONI Giulio Onesti… Ma già la sera della premiazione la squadra comincia a nutrire pesanti e preoccupanti sospetti: i dirigenti italiani di contorno cominciano infatti a dare risposte più o meno vaghe sull’argomento, che invece appare di essenziale importanza per gli atleti. I neo-campioni olimpici, alla fine, vincono anche la “partita del milione”. Come fecero non è chiarissimo, ma la storia, quella sportiva che non prevede bombe, carri armati, dittatori senza scrupoli, in quel lontano e tribolato 1948 consegnò ai posteri una leggenda chiamata Settebello e diede inizio ad una scuola che tutt’oggi dispensa insegnamenti ed emozioni.

Storia delle Olimpiadi, prima puntata: Dorando Pietri
Storia delle Olimpiadi, seconda puntata: Ondina Valla
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Storia delle Olimpiadi, quarta puntata: Pietro Mennea
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Storia delle Olimpiadi, sesta puntata: il massacro di Monaco 1972
Storia delle Olimpiadi, settima puntata: Jesse Owens
Storia delle Olimpiadi, ottava puntata: Mauro Checcoli
Storia delle Olimpiadi, nona puntata: Antonella Bellutti
Storia delle Olimpiadi, decima puntata: Paola Pezzo
Storia delle Olimpiadi, undicesima puntata: Nino Benvenuti
Storia delle Olimpiadi, dodicesima puntata: Vincenzo Maenza
Storia delle Olimpiadi, tredicesima puntata: l’oro maledetto dell’Italvolley
Storia delle Olimpiadi, quattordicesima puntata: i fratelli Abbagnale
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