Ciclismo

Ciclismo: Nibali e Aru i fenomeni per le corse a tappe, ma dietro di loro il vuoto. E anche all’estero…

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L’Italia, grazie rispettivamente a Fabio Aru e Vincenzo Nibali, ha conquistato Vuelta a España 2015 e Giro d’Italia 2016, gli ultimi due grandi giri disputati. A parte questi due atleti che corrono all’Astana, però, il movimento azzurro delle corse a tappe sta faticando a sfornare talenti.

Ne è una dimostrazione la totale assenza di bandierine tricolori nella top 10 del Giro, fatta accezione quella di Nibali. Il più immediato inseguitore dello Squalo, in un’ipotetica classifica degli italiani, è stato Giovanni Visconti, 13esimo da gregario di Valverde ad oltre mezz’ora. Alle sue spalle Michele Scarponi, gregario dello stesso Nibali, in 16esima piazza. Grande concentrazione azzurra tra la 18esima e la 22esima posizione con un filotto formato da Pirazzi, Montaguti, Pozzovivo, Ulissi e Brambilla con un ritardo che non fa però intravedere alcuna possibilità di vederli più in alto in classifica in futuro. Nella 99esima edizione del Giro è mancato Pozzovivo, una costante negli ultimi anni tra i migliori 10. Il lucano non ha mai trovato la gamba per poi sprofondare nel finale della corsa.

La situazione purtroppo non è rosea ma si addice a diverse realtà del ciclismo mondiale. Colombia a parte, nessuna nazione, in questo momento, può vantarsi di avere una sterminata schiera di pretendenti ai grandi giri con un decentramento del talento che va via via sempre più accentuandosi. Le maggiori possibilità di praticare ciclismo in tutto il mondo hanno permesso ad atleti di diverse nazioni di emergere e ormai le nazioni storiche faticano ad imporsi come facevano un tempo con la sola forza dei numeri, complici anche movimenti giovanili e Under 23 sempre più impoveriti nel numero e nella qualità delle corse in cui ci si può confrontare.

Questa non vuole essere una giustificazione, ma come l’Italia può fare affidamento solo su Nibali e Aru come possibili top 5 nei grandi giri lo stesso vale per tante altre nazioni, con la piccola eccezione della Spagna che però ha diversi campioni ormai avviati sul viale del tramonto e pronti ad appendere la bici al chiodo, vedi Contador, Rodriguez e Valverde (sì, anche lui prima o poi si dovrà ridimensionare e ritirare). La Colombia vede in Chaves e Quintana due ottime realtà, la Gran Bretagna fa leva su Chris Froome, l’Olanda su Steven Kruijswijk e le incognite Dumoulin, Gesink e Mollema, la Francia sulle promesse di Bardet e Pinot ancora in attesa che sboccino definitivamente. Davvero ci si può lamentare di Nibali (che ha appena vinto il quarto grande Giro della carriera) e Aru, talento cristallino che a soli 25 anni si è imposto alla Vuelta?

Difficile provare a scovare gli eredi di questa coppia, comunque ancora giovane. Diego Rosa potrebbe essere una buona alternativa ma non si è mai cimentato nei grandi giri da capitano e questo potrebbe pregiudicare le sue possibilità di diventare un ottimo corridore da classiche, senza considerare che è un anno più vecchio di Aru. Tra gli altri alcuni giovani interessanti (Davide Formolo sicuramente, mentre il Giro ci ha consegnato Giulio Ciccone) ma è impossibile prevedere quale indirizzo prenderà la loro carriera. Anche loro, come tanti prima, potrebbero trovare maggiore feeling nelle corse di un giorno invece che sulle tre settimane.

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gianluca.santo@oasport.it

Twitter: Santo_Gianluca

Foto: Valerio Origo

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