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Pentathlon, Pier Paolo Petroni: “La stagione è stata ottima, a Rio per dare il meglio più che mai”

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Tra gli atleti italiani che andranno a Rio de Janeiro per coronare il sogno di sempre, ce n’è uno all’esordio olimpico, all’età di 29 anni e in una (multi)disciplina che in passato ha regalato gioie importanti ai colori azzurri: Pier Paolo Petroni, pentatleta romano giunto alla maturità sportiva nel momento giusto, in un 2016 che lo ha visto in costante crescita, sempre “sul pezzo” e acquisire una granitica consapevolezza della sua forza. Lo abbiamo intervistato, vediamo quali sono i suoi pensieri, le valutazioni, le emozioni a due mesi dai primi Giochi della sua vita.

Analizziamo i tuoi piazzamenti stagionali a livello internazionale. 5° al Cairo, 25° a Rio, 10° a Roma, 4° a Kecskemet, 21° a Sarasota (Coppa del Mondo), 15° ai recenti Mondiali di Mosca. In tutte queste occasioni, il migliore degli italiani in gara. Come giudichi questi numeri e la tua quindicesima piazza nel ranking olimpico?

“La stagione è stata ottima, al di là dei numeri, che alla fine ‘parlano poco’, in quanto i piazzamenti peggiori sarebbero potuti essere di gran lunga migliori, con meno errori a cavallo. Quindi, anche il ranking poteva essere migliore”.

Facciamo un gioco. Componi il puzzle virtuale delle tue migliori singole prove stagionali (non solo per i risultati conseguiti, ma anche a livello di sensazioni) in modo da ottenere la “gara perfetta” del 2016. Fino ad ora…

“Se dovessi immaginare la mia gara perfetta questa vedrebbe: il nuoto e le sensazioni che ho provato in acqua a Rio, la scherma del Mondiale di Mosca, l’equitazione avrei dovuto ‘portarmela da casa’ ed il combined della tappa ungherese di Coppa del Mondo”.

Chi sono, secondo te, i favoriti di Rio? Oltre ai “soliti noti” ai vertici del ranking mondiale, ci sono papabili vincitori ben camuffati da outsiders?

“Intendevi dire ‘oltre me’…?! Scherzi a parte, al di là dei grandi nomi del ranking, devo dire che fra i 36 atleti qualificati almeno un’altra decina può ambire al podio; ad esempio, i cechi Svoboda e Kuf, lo stesso Riccardo (De Luca, ndr) e qualche asiatico. Il livello si è alzato di molto negli ultimi 4 anni e in pochi vanno ai Giochi senza ambizione di vittoria…”.

Invece, Pier Paolo Petroni andrà a Rio per…

“…dare il meglio più che mai”.

Dove credi di poter/dover migliorare per scalare le attuali gerarchie internazionali? Quali sono, al contrario, i tuoi punti di forza consolidati?

“Io di solito provo sempre a migliorarmi, anche dove già sono ‘bravo’. Punterò molto sula scherma, che quest’anno è stata la mia prova top, cercando parallelamente di tornare a nuotare i 2’03”. Lavorerò molto sulla tenuta mentale al tiro e sull’equitazione, viste le prestazioni del 2016… Sulla corsa, vorrei rosicchiare qualche secondino…”.

Qual è, secondo te, lo stato attuale del pentathlon moderno italiano?

“Il nostro staff credo sia insuperabile a livello di preparazione; da quello che mi è capitato di vedere in giro per il mondo, a livello di ‘mezzi’ siamo competitivi ma, ahimè, non i migliori. Sicuramente si potrebbe fare di più, fermo restando che il nostro movimento sta già facendo molto bene. Non siamo il primo né il secondo sport di cui puoi sentire parlare appena accendi la TV… Mi sono stupito quando, in occasione della tappa romana delle World Cup Series, ho visto tutte quelle persone a fare il tifo per noi, soprattutto bambini che praticano pentathlon. Sicuramente il nostro sport andrebbe promosso di più, magari portando atleti nelle scuole e migliorando l’immagine in generale”.

Il tuo modello sportivo da sempre è…

“Ogni volta che mi capita di inciampare in una delusione, penso sempre a David Svoboda. Lo ammiro moltissimo. Qualsiasi cosa gli stia accadendo intorno, non lo vedi mai senza sorriso; anche se dentro è devastato da un uragano, ha sempre tempo per sorridere. Come a ricordarci che ciò che facciamo, al di là di come andrà a finire, è sempre una vittoria”.

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Foto: archivio privato Pier Paolo Petroni (Nuno Gonçalves)

giuseppe.urbano@oasport.it

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