Calcio
Thiago Motta e il numero 10: declino azzurro o polemica sterile?
Si dice che il calcio italiano stia affrontando uno dei suoi periodi storici più difficili di sempre e, molto probabilmente, è vero. Senza scomodare inchieste, stato di salute dei settori giovanili, risultati dei club in Europa eccetera, c’è un simbolo che lo dimostra facilmente: la maglia numero 10 della Nazionale. Una divisa sacra, per molti. Una divisa che fu dei grandissimi, da Giuseppe Meazza a Gianni Rivera, da Giancarlo Antognoni a Roberto Baggio, da Alessandro Del Piero a Francesco Totti. Alcuni dei migliori azzurri di sempre, che hanno segnato e vinto, trascinato i compagni ed esaltato le folle. Adesso, agli Europei 2016, la maglia numero 10 sarà indossata da Thiago Motta.
Apriti cielo, per i puristi. Il segno dei tempi, e della crisi, è evidente. L’ironia sul web non ha esitato un secondo a circolare e pare si sia già individuato il capro espiatorio di un eventuale fallimento in Francia. Eppure, secondo le ultime amichevoli, Thiago Motta non dovrebbe neanche partire titolare. Non è al top della forma a causa di un recente infortunio muscolare (e questa sì che potrebbe essere una colpa, ma del ct Antonio Conte) e, sulla carta, è solo la riserva di Daniele De Rossi in cabina di regia, anch’egli però recentemente frenato da un problema al tendine d’Achille.
Inoltre il declino, se di declino davvero si vuol parlare, è stato tutt’altro che repentino. A Euro 2008 a indossare il numero 10 fu proprio il giallorosso, reduce dal Mondiale vinto a soli 22 anni con il rigore segnato in finale e la prospettiva, davanti a sé, di una carriera da leader mai sbocciata del tutto. Nel flop di Sudafrica 2010 Antonio Di Natale. Nel quadriennio successivo, tra continui alti e bassi, Antonio Cassano. Chi grida allo scandalo ha ottima memoria per ricordare Italia-Germania 4-3 del 1970 e Bruno Pizzul che commenta la doppietta del Divin Codino alla Bulgaria negli Stati Uniti, ma pecca un po’ sulla storia recente.
Thiago Motta, poi, non è scarso. O almeno, di certo, non ha “rubato” il posto a qualche fuoriclasse assoluto – infortuni e svernamenti oltreoceano esclusi – rimasto invece a casa. È il centrocampista italiano che negli ultimi anni ha maturato più esperienza internazionale, guidando il Paris Saint Germain a una presenza costante nella fase a eliminazione diretta della Champions League. Nel 2010, con l’Inter di José Mourinho, vinse pure la coppa e lo fece da protagonista, pur non giocando la finale per un’ingiusta espulsione rimediata contro il Barcellona.
Semmai, nell’assegnazione dei numeri di maglia è stato commesso un “errore”, ovvero quello di regalare ulteriore spunto di sarcasmo/accusa a un popolo, quello del web, per cui la polemica sempre e comunque è ormai diventata una moda. L’investitura di Lorenzo Insigne, indubbiamente il giocatore più tecnico dell’Italia a Euro 2016, avrebbe per lo meno evitato un’altra ondata di commenti da bar sport dopo quelli sulle convocazioni. Ma ovviamente non sappiamo le dinamiche della scelta, chi, come e perché abbia deciso cosa. E se forse il numero 10 non avesse tutto questo valore simbolico che gli viene attribuito?
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francesco.caligaris@oasport.it