Atletica

Aneddoti Olimpici – Parigi 1924: Bertini e Kohlemainen, finlandese in dialetto milanese…

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Il supposto Kohlemainen. Parigi 1924.

Dalla 50 chilometri di marcia passiamo alla maratona, senza dubbio le due più faticose gare del programma “track and field”. Prove che rullano fuori degli stadi, a contatto con la gente che non paga il biglietto, e quindi popolari quanto mai. Sapete tutti come il primo nostro maratoneta fu il carpigiano Dorando Pietri, del quale più in là parleremo.

Eppure, nelle prime maratone olimpiche, gli azzurri andarono sovente vicino alla vittoria, che poi sarebbe stata colta solo nel 1988 a Seul da Gelindo Bordin, col suo famoso gesto del bacio per terra. Il primo a sfiorarla, la fantastica vittoria olimpica nella maratona, fu Romeo Bertini.

Questi era un bracciante di Gessate, minuscolo centro agricolo vicino Milano, che, caporalmaggiore dei bersaglieri durate la Guerra ’15-18, ne era uscito piuttosto malconcio, stronato nella testa e ferito nel corpo al punto da far credere che la sua prodigiosa carriera di corridore di fondo fosse chiusa. Invece, riuscì a entrare nel gruppetto di azzurri che si qualificarono per i Giochi del 1924 a Parigi.

E già qui abbiamo una curiosità: a quella gara parteciparono ben sei italiani, su un totale di 58 iscritti. Il che vuol dire che avevamo il 9,6 periodico di possibilità di vincere. Era il 13 luglio, una giornata calda al punto che si decise di farla iniziare alle cinque del pomeriggio. Le strade della ville lumiere erano stipate di folla per vedere i maratoneti. Ma, uno a uno, i nostri cedettero.

Tutti meno Bertini che, superbamente allenato com’era (aveva trovato un impiego allo zoo di Milano e ogni giorno vi andava di corsa, da Gessate ai giardini di Porta Venezia, accompagnando il tram a cavalli che partiva sempre alla stessa ora), rimase col gruppo dei migliori. Tra questi c’era il finnico Johan “Hannes” Kohlemainen, vincitore nel 1920 ad Anversa, super favorito per il bis.

Poco dopo la metà del percorso, Romeo vide un biondo partire e di riflesso pensò si trattasse di Kohlemainen. Invece, era Albin Stenroos, un altro finlandese, e che poi avrebbe vinto. Raccolte le residue energie, l’italiano finalmente partì all’attacco. Raggiunse presto un biondo, alto, magro e bianco di pelle come tutti i finnici. Era senza dubbio Kohlemainen.

Rimase con lui per qualche chilometro, aspettando il rush finale. Se lo guardava di soppiatto, con evidente ammirazione: “Che stile!”. Quello, però, forse stuzzicato dagli sguardi ripetuti del piccolotto bruno, aprì bocca per chiedere, in un francese finlandizzato all’osso: Vous… Blasi?”. (Intendendo Umberto Blasi, che però nel frattempo s’era ritirato). Rispose subito Bertini: “No, mi sount Bertini, e lu l’è Kohlemainen, vero?”. “No” – ribatté quello – “Je suis Halonen!”. Sorpresissimo, Romeo esplose: “Ah sì! Ti set minga el Kohlemainen e mi sto chi a perd temp con te. Speta che te saludi”. E se ne andò via verso l’argento, lasciando l’altro praticamente di stucco.

 

di Marco Impiglia, Direttore Editoriale della Società Italiana di Storia dello Sport (SISS)

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