Calcio
Calcio: ennesimo flop per l’Inghilterra. Non è una big d’Europa
“L’umiliazione più grande dell’Inghilterra“: non ha usato mezzi termini il The Daily Telegraph per accusare la nazionale dei Tre Leoni dopo il prematuro ko a Euro 2016 giunto agli ottavi di finale contro l’Islanda. Gli inventori del calcio hanno fallito un’altra volta, sì, l’ennesima, e il loro credito con la stampa di casa pare ormai terminato da un pezzo. Eppure le stesse scene si erano viste solo due anni fa dopo l’eliminazione dai Mondiali in Brasile in un girone che ha invece promosso la Costa Rica (e non l’Italia, per altro). Per cui la domanda è semplice: l’Inghilterra è ancora da considerare tra le big del pallone europeo?
A conti fatti, per lo meno partendo dalle mere statistiche, no. Ai Mondiali non raggiunge le semifinali dal 1990, agli Europei dal 1996. Nella sua storia ha alzato solo il titolo iridato casalingo del 1966, quello viziato dal gol fantasma di Geoff Hurst nella finale contro la Germania, e non ha disputato nessun’altra finale. Anche in Francia, in una manifestazione che si preannunciava senza padroni (e infatti ha vinto il Portogallo, sulla carta un’outsider), gli inglesi si sono sciolti come neve al sole dopo un traballante girone alla prima difficoltà nella fase a eliminazione diretta.
A chi vanno attribuite le colpe? Il ct Roy Hodgson si è dimesso subito dopo la sconfitta con la matricola Islanda, punita dopo soli 4′ da un rigore di Wayne Rooney (misteriosamente schierato a centrocampo, come anche da Louis Van Gaal al Manchester United) ma clamorosamente rientrata in partita al 6′ con un gol su rimessa laterale, lo scherma più semplice – e abusato – tra tutti quelli possibili. Incredibile come una difesa comunque esperta e solida come quella dell’Inghilterra si sia fatta bucare in maniera così ingenua, subendo poco dopo (18′) anche il 2-1 nordico con la complicità di Joe Hart e non riuscendo più a rimontare negli oltre settanta minuti rimanenti. Non per mancanza di qualità, sia chiaro, ma per assenza di cuore, voglia e determinazione. E anche di lucidità in una situazione comunque di pressione, per andare oltre.
Il quadriennio Hodgson va dunque in archivio con più delusioni che altro: quarti di finale a Euro 2012, eliminazione ai gironi ai Mondiali 2014 e ottavi a Euro 2016. Mentre si pianifica il futuro, c’è da riflettere sulla condizione del calcio inglese, che pur stancando i giocatori di Premier League anche durante le feste natalizie è stato comunque ben rappresentato dai vari Lloris, Sagna, Koscielny, Sissoko, Payet e Giroud in casa Francia e da Cedric e Fonte nella difesa titolare del Portogallo campione, senza dimenticare i tedeschi semifinalisti (Can, Ozil, Schweinsteiger) e, soprattutto, i numerosissimi gallesi.
Euro 2016 ha messo in luce le competenze tattiche dei vari ct: promossi Portogallo, Galles e Italia, per esempio, bocciati il Belgio, la Spagna e ovviamente anche l’Inghilterra. Di talento, soprattutto a centrocampo, ce n’è a volontà, perché dopo i fasti della generazione d’oro dei vari Lampard, Gerrard e Beckham il ricambio generazionale ha portato giocatori anche più moderni come Dele Alli, Dier, Barkey e Lallana. Ma una formazione capace di vincere 10 partite su 10 nella fase di qualificazione – e non capita così raramente – ha evidenti problemi di solidità mentale se poi fallisce puntualmente nel momento clou. Questo è il punto centrale da indagare e risolvere, ancor prima delle questioni sul ruolo di Rooney, sulla troppa panchina di Vardy o sui calci d’angolo misteriosamente battuti da Kane.
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francesco.caligaris@oasport.it
Foto da: Twitter Uefa Euro 2016