Basket
Il grande bluff di una generazione perduta
E’ finita come da 9 anni a questa parte. Premesse da sogno, prospettive intriganti e la sensazione di poter spaccare il mondo. Prima di un atroce finale con le ossa rotte.
Torino ha sancito il capolinea di una presunta generazione d’oro. Una squadra definita a più riprese “la migliore di sempre“, anche dallo stesso presidente federale, scontratasi contro la dura ed inappellabile legge del campo. La sconfitta con la Croazia ha strappato il velo ad uno dei più grandi bluff della storia dello sport italiano. Un team nato, sulla carta, per riscrivere la storia e destinato invece a perdersi nell’oblio dei rimpianti.
Danilo Gallinari, Andrea Bargnani, Marco Belinelli, Luigi Datome, Alessandro Gentile, Daniel Hackett. Grossi nomi, campioni da Nba o capaci di fare la differenza in Eurolega. Con le figurine, tuttavia, non si vincono i trofei. E nemmeno scegliendo l’allenatore italiano migliore in circolazione, Ettore Messina. La partita con la Croazia è stata emblematica. Con tutte le attenuanti del caso, in primis il limitato tempo a disposizione per preparare il preolimpico, l’Italia non ha mai dato la sensazione di essere una squadra. Sovente si è affidata alle giocate individuali da parte dei singoli: una soluzione vincente, probabilmente, solo se ti chiami Stati Uniti d’America.
Dal 2007 ad oggi, la Nazionale italiana di basket, pur zeppa di grandi talenti, ha raccolto il nulla: un quinto posto europeo come miglior risultato, senza mai riuscire a qualificarsi per un Mondiale o per un’Olimpiade. L’ultima partecipazione a cinque cerchi resta tristemente quella di Atene 2004, quando un gruppo granitico, pur senza fuoriclasse, riuscì ad agguantare la finalissima. Si trattava di una Squadra con la s maiuscola, dove il collettivo nascondeva le lacune individuali e consentiva di venire a capo di avversari molto più quotati.
Le Olimpiadi di Rio rappresentavano l’ultima grande occasione per cancellare un passato anonimo e compiere davvero un’impresa da consegnare all’immortalità. Il sogno si è nuovamente tramutato nell’amara polvere della realtà. A Tokyo 2020, eventualmente, Bargnani e Belinelli avrebbero 34 anni, Gallinari e Datome 32. Potrebbero riprovarci, ma la sensazione è che la vera occasione sia ormai alle spalle. Un decennio di fallimenti non si è materializzato per caso. Un’Italia attesa inutilmente come Godot. Bella e impossibile, annegata tra le lacrime di una generazione perduta.
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Foto: Ciamillo/FIP