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Atletica: tutti i lati oscuri della vicenda Schwazer. Un caso che potrebbe rimanere per sempre nel mistero…

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Il rientro più amaro. Alex Schwazer è tornato a casa, con nessuna medaglia al collo ma con un peso devastante sull’anima. Gli otto anni di squalifica inflitti al marciatore italiano dalla IAAF hanno di fatto segnato la fine, in un sol colpo, del sogno olimpico, della sua carriera e (temiamo) della sua serenità di uomo prim’ancora che di atleta

La sentenza del TAS, il Tribunale Arbitrale dello Sport, è arrivata decretando la non eleggibilità dell’altoatesino per le due gare olimpiche della 20 e della 50 km di marcia. Il rinvio della decisione aveva fatto pensare che non tutto fosse così scontato, ma alla fine i tre Arbitri hanno deciso per la squalifica in base alla positività al testosterone nel controllo antidoping del primo gennaio scorso. La sentenza è ora appellabile soltanto presso un Tribunale federale svizzero, ma intanto l’Olimpiade se n’è andata.

Volato anche in Brasile, e non di certo per fare lo spettatore o il turista, Alex Schwazer ci aveva creduto fino all’ultimo; dopo le otto ore di udienza ad alta tensione di lunedì scorso aveva persino chiuso la giornata sui rulli per allenarsi, per poi il giorno dopo accumulare chilometri sulla pista ciclabile di Copacabana.

Proviamo a ricostruire questa oscura vicenda. Schwazer era stato trovato positivo ad inizio anno in un controllo antidoping a sorpresa effettuato dalla IAAF presso la sua abitazione di Racines, in provincia di Bolzano. Dopo un primo screening negativo, la Federazione Internazionale – in base alla raccolta dei dati del passaporto biologico steroideo – aveva ordinato un esame di secondo livello che aveva evidenziato la presenza di testosterone. Ma alcune modalità dell’iter della vicenda, dalla violazione dell’anonimato all’allungamento dei tempi di comunicazione all’atleta, combinati con i dati di tutti gli altri 14 controlli che non avevano evidenziato alcuna anomalia, avevano portato la difesa del marciatore a denunciare l’ipotesi di dolo. Un’ipotesi che ora resta in piedi soltanto per la giustizia penale, visto che la procura di Bolzano ha aperto un fascicolo sulla denuncia contro ignoti presentata dall’avvocato di Schwazer, Gerhard Brandstaetter.

Seconda positività in carriera, dunque, per Schwazer, dopo quella (stra-ammessa e pagata) alla vigilia dei Giochi di Londra. L’oro di Pechino nella 50 km è stato immediatamente schedato quale “recidivo”, come prevedono i riferimenti normativi. E questo ha portato alla pena severissima, chiesta e ottenuta dalla IAAF.

Intanto il suo allenatore, Sandro Donati, che lo ha difeso strenuamente in tutte queste settimane fino all’ultima partita davanti al TAS, sta provando a radunare i fili di questa intricata matassa, per reagire (e, soprattutto, aiutare a far reagire…) agli otto anni di squalifica. “Nell’udienza del TAS, abbiamo scoperto che il famoso controllo antidoping a sorpresa era stato pianificato e comunicato agli ispettori del prelievo 15 giorni prima! Una situazione incredibile, mettendo a rischio la riservatezza del controllo. Perché controllarlo il primo gennaio e non il 28 dicembre? Perché l’obiettivo era quello di effettuare tutto il primo gennaio, con il laboratorio chiuso, e con la possibilità di tenere la provetta un giorno intero prima di portarla a Colonia”, le prime parole al vetriolo di Donati. L’allenatore ha rivelato anche un retroscena sul mancato anticipo delle controanalisi: “In udienza, il direttore del laboratorio tedesco ha detto che la sua struttura sarebbe stata disponibile. Cosa che la IAAF non ci ha detto per allungare i tempi e restringere il nostro diritto alla difesa”.

La prossima tappa sarà la giustizia penale. Il tentativo è chiaro: dimostrare che c’è stato un sabotaggio o una manomissione, affidandosi alla credibilità dell’inchiesta delle procure di Roma e di Bolzano. Si comincerà con la richiesta dell’esame del DNA, senza dimenticare che gli esiti dell’ultimo controllo a cui è stato sottoposto Alex in data 22 giugno 2016 sono stati negativi…

Ma la vicenda continua a non avere, né molto probabilmente avrà mai, la legittimità intellettuale ed umana della trasparenza…

giuseppe.urbano@oasport.it

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1 Commento

  1. Luca46

    11 Agosto 2016 at 11:57

    Non è solo da quest’anno che ciò che ruota attorno a Schwazer è strano. C’è stata molta acredine anche nei confronti della Kostner a mio avviso non motivata proprio perchè vicina al marciatore. Schwazer si può mettere il cuore in pace anche se dovesse avere ragione nessun tribunale gliela riconoscerà. La Wada è mafia pura, va sciolta. Quando Messner lanciò la provocazione di liberalizzare il doping sapeva di cosa stava parlando.

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