Ciclismo
Ciclismo, Olimpiadi Rio 2016: adesso non abbandoniamo la pista
Le Olimpiadi di Rio 2016 verranno ricordate come la nuova giovinezza del ciclismo su pista italiano, per anni ritenuto vetusto, abbandonato nell’attività e lontanissimo dagli standard di rendimento del passato. La medaglia d’oro di Elia Viviani nell’Omnium e le grandi prestazioni dei quartetti, però, potrebbero invertire questo trend.
In primis, è stata l’Italia intera a riscoprire i suoi pistard e la spettacolarità di una disciplina che potenzialmente è molto adatta anche alla trasmissione televisiva, garantendo momenti di pathos e di grande interesse tecnico. Ne è una dimostrazione la corsa a punti di ieri, che ci ha letteralmente tenuti incollati al televisore passaggio dopo passaggio per provare a spingere Viviani verso una medaglia d’oro meritata come non mai.
Elia è arrivato all’appuntamento alternando l’attività nei velodromi a quella su strada, sacrificandole entrambe per puntare al grande obiettivo di Rio 2016 dopo la delusione maturata quattro anni fa a Londra. Come riferito anche da lui, è stato difficile dedicare ad entrambe le discipline il giusto spazio ma, aggiungiamo noi, ne è uscito rinforzato in entrambe: conquistata la medaglia potrà tornare a dedicarsi alla strada con obiettivi importanti e con la forza che solo la pista può dare. Per conferma chiedere a Mark Cavendish, che in fase di preparazione per l’Omnium di Rio ha vinto 4 tappe al Tour de France con una brillantezza che non gli si vedeva ormai da tempo.
Negli ultimi anni grazie anche ad una personalità come quella di Viviani e al velodromo coperto di Montichiari il movimento italiano sembra si stia risollevando: il quartetto maschile, formato da atleti giovanissimi, è arrivato alle Olimpiadi con una sola settimana di preannuncio e senza preparazione specifica ma nonostante questo ha abbattuto il record nazionale a martellate e ha sfiorato una clamorosa finale per la medaglia di bronzo. Tra i protagonisti anche Filippo Ganna e Simone Consonni, due dei talenti più cristallini anche per quanto riguarda la strada: il primo ha vinto la Parigi-Roubaix Under 23, mentre il secondo ha chiuso al secondo posto nei Mondiali su strada di categoria a Richmond 2015. L’obiettivo, per loro, non può che essere quello dell’oro a Tokyo 2020, passando in questi quattro anni dalla possibilità di stabilire nuovi record e di conquistare medaglie sia in campo europeo che mondiale per quanto riguarda la pista, con Ganna che è già campione mondiale dell’inseguimento individuale. Su strada, invece, sono ancora tutti da scoprire ma il lavoro nei velodromi potrebbe dare i suoi frutti, e già sembra li stia offrendo, anche lì.
Ora, la speranza, è che questi risultati non siano semplicemente un fuoco di paglia: Rio 2016 non è un punto d’arrivo, ma un nuovo inizio per provare a creare nuovo interesse attorno alla disciplina più specializzata del ciclismo. Federazione e gruppi sportivi in primis, sulla spinta dei risultati, sono chiamati ad investire in questo settore, provando a costruire un movimento non più basato sull’esuberanza, la voglia e la forza dei singoli ma sulla profondità dei numeri. È un percorso lungo e difficile da intraprendere ma l’appello che ci sentiamo di lanciare è questo: adesso non abbandoniamo la pista. E ne beneficerà anche il ciclismo su strada.
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gianluca.santo@oasport.it
Foto: Fabio Pizzuto
Gabriele Dente
17 Agosto 2016 at 02:11
Dico la mia da semplice appassionato e tifoso: io non sono particolarmente esperto di ciclismo, ma posso dire che mi diverto molto ma molto di più a seguire le gare su pista. Mi catturano. La federazione, le società e i gruppi sportivi pensino ad accattivare il pubblico con lo spettacolo. E si dotino di apparati in grado di mantenere il contatto col pubblico attraverso eventi, interviste, ecc. Altrimenti non ci si lamenti del fatto che il calcio occupa troppo spazio.
ale sandro
17 Agosto 2016 at 06:15
Di recente a Montichiari, sede dell’unico velodromo al coperto nel Paese, le riunioni stanno cominciando ad avere un buon seguito. E non potrebbe essere altrimenti , la pista è spettacolare c’è poco da fare.
Un altro velodromo coperto aiuterebbe,ma si potrebbe fare sempre di più a livello di marketing e ricerca degli sponsor ,come l’intervista dello stesso Viviani,ieri da Pancani e Martinello ha ricordato. Continuo a sperare ed essere fiducioso, nonostante tutto.