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Artistica
Ginnastica, Olimpiadi Rio 2016 – Simone Biles, dall’orfanotrofio all’Olimpo. The Greatest, l’imbattibile forgiata dalla vita
Simone Biles ha candidamente ammesso: “Se cinque anni fa mi avessero detto che avrei vinto tre mondiali consecutive e che sarei diventata la Campionessa Olimpica…beh, avrei riso”. Non è falsa modestia, le crediamo perché più volte nel quadriennio ha dimostrato quale sia il suo carattere.
In quattro anni non ha mai peccato di sbruffoneria, non si è mai data delle aria, si è sempre resa disponibile e soprattutto ha sempre capito l’importanza che riveste nella ginnastica artistica. La 19enne di Columbus è ben conscia che lei è ormai il simbolo indiscusso della Polvere di Magnesio e che sta diventando l’icona del movimento anche ben oltre le strette mura del circuito.
Simone Biles è un fenomeno. Un fenomeno non solo nel senso che è fortissima ma nel senso che è diventata un punto di riferimento, è chiacchierata, tutti parlano di lei, anche chi non segue la ginnastica artistica la sta iniziando a conoscere.
Dall’orfanotrofio all’Olimpo, una storia non comune per quella che onestamente e oggettivamente è diventata la ginnasta più forte di tutti i tempi: probabilmente meno icona di Nadia Comaneci, sicuramente meno medagliata di Larisa Latynina (ma altri tempi, quel record per ovvi motivi resterà eterno) ma tecnicamente, acrobaticamente e artisticamente la più forte.
Quando aveva un anno i servizi sociali l’hanno tolta alla madre alcolizzata e drogata, poi è cresciuta con i nonni insieme ai fratelli. Una situazione complicata che però non le ha impedito di crescere sempre nei suoi mezzi. In pochi hanno creduto in lei: da piccola non eccelleva, l’attenzione era spesso focalizzata su altre ginnaste (che ora probabilmente non gareggiano nemmeno più), lei non brillava nelle competizioni regionali, nei pochi filmati che circolano in rete si vede come si esibisse quasi nella disattenzione generale.
Poi, tutto d’un tratto, ha creduto di poter fare la differenza. Sotto la guida di Aimee Boorman, suo grande coach, ha iniziato un percorso che l’ha fortificata, rendendola imbattibile. Negli ultimi quattro anni si è laureata Campionessa del Mondo per tre volte consecutive (mai successo nella storia), è diventata la ginnasta più medagliata della rassegna iridata (10 ori), ha riscritto il codice dei punteggi con i suoi pazzeschi elementi a corpo libero e trave, ha portato l’acrobatica avanti anni luce.
“Non voglio essere la seconda Michael Phelps, la seconda Usain Bolt. Io voglio essere la prima Simone Biles”. Lo è e sta facendo per la sua ginnastica quello che i due colossi di nuoto e atletica leggera stanno facendo per i loro sport, sempre a suon di record. È “The Greatest”, senza scomodare Muhammad Alì, sia chiaro.
Personalmente l’ho vista per la prima volta al Trofeo di Jesolo 2013. Quella è la prima gara che ha vinto tra le seniores. Quella precedente l’aveva clamorosamente persa: l’American Cup di quell’anno rappresenta l’unica sconfitta di Simone in tutta la sua carriera da professionista (per lei possiamo usare questo termine nel verso senso della parola). Già lì emozionò i presenti sugli spalti della Classicissima.
Scommettemmo (il sottoscritto e una controparte che sicuramente leggerà questo articolo e che nella nostra ginnastica ha un certo peso…) che sarebbe diventata Campionessa del Mondo. Detto fatto. Ma da Anversa 2013 a oggi, onestamente, è passato un abisso. Nelle classiche foto di rito di fine gara in laguna, con tanto di Dragone in mano e sorrisi statunitensi a mille denti, in pochi potevano pensare che stavano scattando con IL fenomeno.
È ritornata a Jesolo nel 2015. Un dominio. Sfondò i 62 punti. Per la seconda volta consecutiva in carriera. La prima era stata all’American Cup di quell’anno, l’evento che OASport trasmise in diretta streaming esclusiva e in cui Erika Fasana conquistò il terzo posto. Mi sento solo di ringraziare una Campionissima che non ha mai smesso di concedersi ogni qualvolta glielo si chiedesse, in tutto il quadriennio. L’abbiamo potuta ricambiare solo seguendo ogni sua gara, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ne è sempre valsa la pena, Simone.