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Nuoto Olimpiadi Rio 2016. Il pagellone: la domenica nera del nuoto italiano. Si salvano in pochi

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MARTINA CARRARO 4.5: aveva illuso tutti a Riccione stabilendo il nuovo record italiano e mostrando una crescita esponenziale. Era rimasta su buoni livelli per tutta la stagione ma a Rio scende in vasca senza il mordente che l’aveva caratterizzata per tutta la marcia di avvicinamento. Dà l’impressione di poter restare in scia alle più forti ma perde contatto nella vasca di ritorno ed esce di scena in tutta fretta.

SIMONE SABBIONI 4.5: che non fosse al meglio si sapeva ma le notizie erano di un virus debilitante. Finita la gara, piangente, Sabbioni confessa che ci sono stati errori nella preparazione e rende tutto molto più pesante. In vasca non è lui: poco reattivo, poco brillante, ritmi bassi. Non è la prima volta che fallisce l’appuntamento con l’evento più importante (era capitato con i Mondiali juniores) ma ha la forza per rialzarsi (non a Rio).

DILETTA CARLI 4: va bene tutto ma gareggiare con la bandiera bianca inserita nel costume non ci sta. La sua gara dura 50 metri, poi il tutto si trasforma in un calvario lungo 350 metri con distacchi da finale di 1500. Fa più o meno il tempo della campionessa del Guatemala. Peccato che un anno fa era in finale mondiale in questa specialità e l’impressione è che fosse in rampa di lancio per una presenza stabile a questi livelli.

ALICE MIZZAU 4.5: che non sia stato l’anno più facile della carriera si è capito piuttosto bene. Che i 400 fossero un buon modo per entrare nella vasca olimpica con la prospettiva 200 e 4×200 ci può stare. Però anche lei sembra non credere più di tanto in quello che fa. Non prova il cambuio di passo e si arrende troppo in fretta a recitare il ruolo di comprimaria.

ARIANNA CASTIGLIONI 6: stagione da dimenticare, con giallo finale. Entra in semifinale, poi ci esce perché Watanabe viene ripescata. Il tutto al termine di un’annata costellata di infortuni che l’ha costretta a centrare il pass in extremis. Avrebbe meritato la semifinale ma il tempo è quello che è e il finale non è a lieto fine.

ANDREA MITCHELL D’ARRIGO 5: ancora una gara da “vorrei ma non posso” per l’Italiano d’America. Lotta, combatte, seppure con una tattica fin troppo attendista, soprattutto perché gli vengono a mancare gli ultimi 20 metri. In prospettiva si deve lavorare su questo ragazzo a cui le potenzialità non mancano.

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LUCA DOTTO 5.5: svolge il compito discretamente in staffetta, tenendosi attorno al 48”5 ma per entrare in finale tutti dovevano far qualcosa in più e invece a forza di 48” si è fuori dalla finale. Prova enigmatica anche in prospettiva della gara individuale.

MARCO ORSI 5: prestazione in linea con quanto mostrato quest’anno per lui maledetto, niente di più. Parte forte, riportando l’Italia sulla linea dei primi, poi cala inevitabilmente alla distanza facendosi superare da Canada e Giappone.

MICHELE SANTUCCI 6: se l’Italia non affonda ulteriormente è merito soprattutto suo. Sfodera la prova che non ti aspetti e non te l’aspetti perché tutto l’anno è rimasto sotto i suoi standard abituali. Ma è il segnale che si può venire a Rio anche per migliorarsi. Non è vietato!

LUCA LEONARDI 4: come è lontana Berlino, dove Leonardi seppe portare a casa un bronzo europeo. Il suo 48”7 lanciato in chiusura grida vendetta perché per entrare in finale bastavano cinque centesimi in meno e lui quei 5 centesimi doveva averli in braccia e gambe. E invece niente da fare. Occasione persa.

MARCO BELOTTI 4.5: ha l’attenuante del virus che aveva colpito anche lui. In più parte in una delle prime batterie con avversari che non gli danno punti di riferimento. Ne esce una prova negativa ma non disastrosa. Ora sotto con la staffetta, dove serve qualcosa in più.

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