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Nuoto Olimpiadi Rio 2016. Il pagellone: Pellegrini non giudicata. Detti e Dotto: a ognuno la sua delusione
GABRIELE DETTI 5: avrà voluto essere solidale con i compagni? Scherzi a parte Gabriele Detti stavolta non toglie le castagne dal fuoco alla staffetta. Quattro centesimi: tanto lo divide nella volata finale dall’olandese dal nome impronunciabile e ben poco olandese. Poco conta. La delusione per aver fallito la finale della 4×200, ampiamente alla portata dell’Italia, è cocente. Non è stato certo il miglior Detti visto quest’anno ed è un peccato perchè la condizione è buona, altrimenti non si sale sul podio olimpico.
ANDREA MITCHELL D’ARRIGO 6: prova in linea con quanto mostrato nella gara individuale. E’ il D’Arrigo che conosciamo, che imposta la gara di rincorsa ma non sembra avere la brillantezza per farlo fino in fondo. Porta a casa la sufficienza ma non basta per la sua prima finale olimpica. Dà sempre l’impressione di poter fare qualcosa in più.
ALEX DI GIORGIO 6: combatte, sì. Ha il merito di non farsi travolgere da chi ha cartucce da sparare soltanto nelle prime due frazioni. Però serviva un crono più basso per riuscire a centrare l’obiettivo ed era alla sua portata.
MARCO BELOTTI 7: se la staffetta resta in corsa fino alla fine per un posto in finale lo deve soprattutto a lui. Reduce da un virus dimostra che ha superato il momento difficile e si rende protagonista di una ottima frazione che conduce l’Italia al secondo posto, che andava difeso con le unghie e con i denti. Un lampo nel buio.
FILIPPO MAGNINI 5: è lui. Quest’anno ha sempre gareggiato su questi standard e aspettarsi miracoli a Rio era utopistico. Non si capisce se abbia imboccato il viale del tramonto o ci sia stato qualche problema in preparazione. Sta di fatto che è proprio scarico, quasi spento e nemmeno nei suoi proverbiali ultimi venti metri riesce a fare la differenza.
STEFANIA PIROZZI 5: nulla di nuovo anche per lei. Stagione travagliata, problemi con Morini, lo sfogo di Londra, la qualificazione e adesso una prestazione al di sotto delle aspettative. La semifinale era alla portata e avrebbe salvato capra e cavoli. Così è proprio un’annata da dimenticare, con un’involuzione non indifferente che ha portato a questa situazione. Ci sarebbe bisogno per la 4×200…
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FEDERICA PELLEGRINI N.G. (non giudicata) sarebbe troppo basso il voto e, francamente, non lo merita. Ha nuotato la stessa gara della semifinale, solo che le altre hanno cambiato marcia da subito e lei si è trovata fuori dai giochi. Incapace di variare strategia in corsa, di capire che non si poteva lasciare troppo spazio a una come McKeon, incapace di far valere la bravura a leggere i 200, definito da tutti “casa sua”, incapace di far valere la sua bravura a gareggiare “sull’uomo”. Troppo brutta per essere vera. Brutta come quegli incubi che popoleranno le notti di chi ha amato e ama Fede, quando sarà finita la sbornia delle notti olimpiche.
ALESSIA POLIERI 6.5: centra l’ennesimo obiettivo della stagione, volando in semifinale dei 200 farfalla, poi tira i remi in barca, con un atteggiamento troppo rinunciatario in finale. Resta comunque il fatto che mai prima aveva superato un turno ai Mondiali e questa semifinale è il punto di partenza verso la seconda parte della carriera, quella della consapevolezza di potersela giocare ad alti livelli come ha dimostrato quest’anno.
LUCA PIZZINI 6.5: voleva la semifinale e l’ha centrata strappandola al campione olimpico uscente Gyurta. Non una prestazione cronometrica impeccabile ma può comunque gioire. In semi non combatte come dovrebbe, ci prova nei primi 50, poi si defila e chiude settimo, lontano dal personale, come tutti i compagni di squadra. In tanto grigiume merita comunque la sufficienza.
LUCA DOTTO 4: in finale si entra con 48”23 ma Dotto, campione europeo in carica, resta fuori. Il film è sempre lo stesso. Stanchezza, scarsa brillantezza, incredulità. Dotto non si sottrae alle litanie. Forse passa troppo veloce ai 50, sta di fatto che bastavano 25 centesimi in più rispetto al record italiano di Riccione per andarsi a giocare una finale olimpica e se non si riesce ad ottenere un risultato del genere nell’anno migliore della carriera, quando si può riuscire? Occasione gettata al vento!
ale sandro
10 Agosto 2016 at 09:16
Il fatto è che 1’55″18 rimane , se non ricordo male , tra i tempi migliori in tessuto fatti dall’azzurra, in gare di campionati internazionali. E’ vero , è sicuramente il suo standard, ma non è detto che non fosse in grado di scendere sotto quel muro di 1’55 , come ha fatto ad esempio al Settecolli.
Credo che sia questa l’analisi più interessante che si dovrà fare per tutto il nuoto azzurro nei prossimi giorni, e cioè: perchè si riesce a fare performance importante un mese e mezzo o anche due mesi e mezzo prima del grande evento, continuando a stare sotto allenamento seppure più blando, mentre non si riesce a migliorare quando una volta “scaricato” dalla preparazione, si è al grande appuntamento olimpico?
Perchè diciamoci la verità, non sono così sicuro che a Kazan un anno fa le cose siano state identiche o peggiori di Rio. Di sicuro mi sento di essere d’accordo con la Pellegrini quando ammonisce subito che la tensione non c’entra ,e che non aveva pressioni particolari più del normale.
Per me si continua nel nuoto italiano a fare lo stesso errore di programmazione e preparazione ogni 4 anni, a parte una sola distinzione.
E cioè, toccate pure ferro , legno , quello che vi pare, l’unica differenza sembra essere un’isola felice a Ostia, o meglio, una camera due posti.