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Nuoto
Vorremmo fosse solo un incubo
Due decimi. Ma non è quello che conta. L’immagine di Federica Pellegrini che si dibatte in acqua senza riuscire a far emergere le proprie potenzialità è intrappolata nella mente di tutti. L’ombra delle Divina che abbiamo conosciuto, che abbiamo ammirato trasformare ogni bracciata in una pennellata elegante quanto possente.
E a quasi un’ora dalla sconfitta amara e scottante della portabandiera italiana vorremmo fosse solo un incubo. L’orario, d’altra parte, aiuta. Vorremmo svegliarci al suono della sveglia, prendere un respiro profondo, scacciare l’eco onirico e spostarci dal letto al divano per seguire la finale dei 200 stile libero donne alle Olimpiadi di Rio 2016. Oppure vorremmo esserci addormentato proprio davanti alla televisione, frastornati dalla tarda ora. Vorremmo riscuoterci di soprassalto a pochi istanti da una gara ancora tutta da fare, da una storia ancora tutta da scrivere.
La realtà è amarissima. Federica Pellegrini non ce l’ha fatta. Sotto sotto, ci si conceda un tifo forse troppo spudorato, abbiamo sperato potesse sconfiggere se stessa e le avversarie, ritenute imbattibili. E che la volontà di riscossa dopo le indimenticabili, anche in quel caso in negativo, Olimpiadi di Londra 2012 potesse vincere su tutto e tutti.
Più della gara, è la stessa Federica a ferirci. Dal suo volto e dalle sue parole non traspare delusione, traspare incredulità dopo una gara in cui non hai trovato se stessa nella sua distanza. Una risatina nervosa a interrompere le parole, la speranza fanciullesca di essere solo in un terribile sogno. Senza riuscire mai a fuggire.
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gianluca.santo@oasport.it
Foto da: DeepBlueMedia