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Che vita, i tuffi!

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Tania Cagnotto non ha scelto una strada semplice per diventare una delle sportive più forti e amate di tutta la storia d’Italia. Eppure non avrebbe potuto fare altrimenti, perché il padre Franco detto Giorgio tra gli anni ’70 e ’80 ha conquistato due argenti e due bronzi alle Olimpiadi e la madre Carmen vanta svariati titoli nazionali. Con tali premesse, i tuffi per lei erano e sono una questione di DNA.

I tuffi però sono uno sport crudele e a tratti un po’ bastardo: l’oppressione di dover dipendere dai voti dei giudici, di poter vincere o perdere per pochissimi centesimi, soprattutto di gareggiare al mondo per l’argento – quando va bene, nel sincro – o per il bronzo, nelle specialità individuali. Perché la Cina, semplicemente, fa un’altra cosa.

Tania Cagnotto ha impiegato una vita intera per farcela. E con una continua escalation di successi le sue soddisfazioni più grandi se le è tolte a 30 e 31 anni. Ha tenuto duro quando molti, al suo posto, si sarebbero invece arresi. Si è imposta sacrifici programmando ogni sua singola giornata con un obiettivo in testa. E alla fine ha avuto ragione.

Passione, amori, pianti, viaggi, stress: in Tania Cagnotto tutto è concentrato nei suoi 160 centimetri per 54 chili, nel suo sorriso e nelle sue lacrime così genuine – sia di delusione (Londra) che di gioia (Rio) – per forza di cose contagiose. Che vita, i tuffi: due medaglie olimpiche, dieci mondiali, ventinove europee. Record su record. Il tifo di milioni di italiani. La stima e il rispetto delle avversarie. Lo strameritato titolo di azzurra più forte di sempre. La consapevolezza che sì, finalmente ne è valsa la pena.

E ora possiamo dirlo, liberi da ogni peso anche noi: buon’altra vita, Tania.

 

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francesco.caligaris@oasport.it

Twitter: @FCaligaris

Foto da: DeepBlueMedia

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