Editoriali
Un’Olimpiade ottima: l’Italia si conferma tra le potenze mondiali. Ma si può fare meglio…
Conclusasi l’ultima giornata olimpica, è tempo di bilanci. L’Italia conclude un’edizione dei Giochi ottima, oltre le più rosee aspettative della vigilia. Eguagliato il numero complessivo di podi (28) e di ori (8) di Londra 2012. Si tratta della settima miglior edizione di sempre per quanto riguarda il totale di allori: meglio si era fatto solo a Los Angeles 1932 (36), Roma 1960 (36), Los Angeles 1984 (32), Atlanta 1996 (35), Sydney 2000 (34) e Atene 2004 (32).
L’8, inoltre, è il numero più ricorrente della storia per quanto riguarda la casella relativa agli ori: si è verificato per la terza Olimpiade di fila e per la nona volta in assoluto.
L’Italia, dettaglio non trascurabile, si è installata nella top10 del medagliere per sesta volta di fila. Dal 1996 al 2016 il Bel Paese non ha mai mancato il bersaglio, confermandosi una potenza mondiale, dall’alto anche del suo quinto posto nel medagliere storico complessivo che tiene conto sia delle edizioni estive sia di quelle invernali.
Le previsioni della vigilia non lasciavano presagire un bottino così cospicuo. Il medagliere virtuale, tenendo conto dei risultati delle ultime rassegne mondiali, ci vedeva ampiamente fuori dalle magnifiche dieci, con meno di 20 podi e sei ori. Anche le previsioni delle testate internazionali lasciavano presagire un massimo di 25 medaglie, con 5-6 ori. L’obiettivo dichiarato del Coni era il raggiungimento delle 25 medaglie. Il presidente Malagò, ottimista, aveva più volte dichiarato di aspettarsi una top10: ha avuto ragione.
Fa ben sperare la giovanissima età di molti degli atleti capaci di tornare a casa con la valigia più carica. Pensiamo a Fabio Basile, Daniele Garozzo, Gabriele Rossetti, Gregorio Paltrinieri, Odette Giuffrida, Daniele Lupo e Paolo Nicolai, Gabriele Detti, Elisa Longo Borghini, Frank Chamizo, le nazionali di pallanuoto e volley. Certo, saluteranno pilastri del calibro di Tania Cagnotto, Tania Di Mario e Federica Pellegrini (ma ne siamo proprio sicuri?), tuttavia è indubbio l’affermarsi di una nuova generazione fresca, talentuosa e vincente, in grado di raggiungere il proprio apice tra quattro anni. Giovani in cui abbiamo rivisto finalmente gli occhi di tigre che si erano un po’ persi nell’ultimo triennio.
E’ stata un’Olimpiade ottima, ma sarebbe potuta diventare trionfale. A Ferragosto, dopo il trionfo di Elia Viviani, eravamo già a quota 8 ori. Ci era venuta l’acquolina in bocca, ma è mancata la ciliegina sulla torta. Resta grande in particolare il rimpianto per una nazionale maschile di volley che, mai come questa volta, sembrava attrezzata per sfatare la maledizione opprimente dell’oro olimpico. Niente da fare, ma la vita offre sempre nuove opportunità e non bisogna smettere di sognare.
Poteva venire ricordata come un’edizione memorabile se non fosse venuto meno l’apporto di tanti favoriti della vigilia: Arianna Errigo, Conti-Clapcich, Federica Pellegrini (tra le papabili almeno per un podio), il fioretto maschile a squadre, lo stesso Chamizo, presentatosi da campione del mondo e d’Europa in carica, dunque non completamente soddisfatto dopo il bronzo conquistato. Anche i dieci quarti posti lasciano qualche rammarico: quota 30 medaglie era ampiamente alla portata.
Un’Italia che resta nell’elite planetario nonostante tante falle. Troppi sport vivono un periodo buio che i risultati altri non devono nascondere. Fragorosa la pochezza di un’atletica che torna a casa senza medaglie per la prima volta dal 1956: nella disciplina regina, siamo pallidissime comparse. Lo stesso nuoto, esclusi i fenomeni Paltrinieri e Detti, ha visto atleti sfoderare prestazioni distanti anni luce dai propri standard stagionali, sintomo di una preparazione non azzeccata per l’evento più importante. Preoccupano la totale assenza di ricambi nella ginnastica artistica maschile, nella boxe e nel tennis, il completo anonimato nell’equitazione, una vela che, storicamente, raccoglie le briciole alle Olimpiadi malgrado buoni presupposti, senza dimenticare sport dove non eravamo neppure presenti (in primis il taekwondo che aveva fatto benissimo a Londra 2012). La stessa scherma, con un solo oro in carniere, ha offerto un rendimento appena sufficiente, di sicuro inferiore rispetto al passato recenti.
Nonostante tutto, l’Italia ha retto ampiamente l’urto, confermando lo status di potenza olimpica mondiale. Con i giusti correttivi, tra quattro anni si potrebbe aspirare anche a traguardi più ambiziosi. Il potenziale c’è: non accontentiamoci.
federico.militello@oasport.it
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Luca46
22 Agosto 2016 at 22:13
Io penso che per essere più competitivi bisogna tornare a recitare un ruolo da primo piano in discipline come ciclismo su pista e mountain bike che offrono tante medaglie e dove disponiamo del materiale umano per poter vincere (che è la cosa più difficile da trovare). Dobbiamo migliorare nel canottaggio. Ovviamente nell’atletica. La boxe è stata allucinante e così non va bene. Nel nuoto/nuoto di fondo visti i giovani dev’esserci un miglioramento. Già da queste discipline se ci si crede si possono ricavare 5/6 ori.
Riguardo ai tonfi, tipo la Errigo non mi soffermo perchè fanno parte del gioco e capitano a tutte le nazione.
Dico che è stata un edizione sufficente. Non ho mai pensato di non essere tra le 10 e anzi credo che il nostro obiettivo minimo dev’essere quello deli 10 ori e 30 medaglie.
Gabriele Dente
22 Agosto 2016 at 23:54
Condivido il pensiero di Luca46 al 100%. Le discipline in cui migliorare sono le stesse che ho individuato io, nello stesso ordine (ciclismo in primis). Le ambizioni sono le stesse che intravedo anch’io (5-6 ori e almeno 10 medaglie in più). Anche sul giudizio sono d’accordo; per me è stata un’edizione sufficiente, o forse discreta (date le premesse), ma non di più. Devo però dire, in tutta onestà, che alla vigilia ero molto pessimista. Credevo che avremmo vinto una decina di medaglie in meno e che difficilmente avremmo superato i 5 ori. Onore a Luca46, ad ale sandro e a OA per averci visto meglio di me! 😀
Sui tonfi resto convinto che gli azzurri abbiano mediamente un po’ più di difficoltà di altri a reggere la pressione del favorito. Soprattutto quando non c’è di mezzo il cronometro ma bisogna gestire situazioni di gara con tutte le loro variabili (interessante il pensiero di ale sandro).
Ritornando al ciclismo, si tratta di una disciplina con una tradizione così lunga e vincente e con un serbatoio così profondo che, se la smettiamo di elogiare vittimisticamente la Gran Bretagna, ci farà vincere un bel po’ di titoli. Ne sono convinto. In fondo si tratta “semplicemente” (per modo di dire) di vivere lo sport per quello che è: una sfida. Che è poi ciò che altri stanno facendo con noi, senza aspettare che l’Italia continui a vincere senza sosta nel fioretto. Giusto per citare un esempio.
ale sandro
23 Agosto 2016 at 00:45
Come ho già detto tante volte, se chi di dovere non capisce che gli sport di prestazione , e cioè atletica ,nuoto, ciclismo,strada pista quello che vi pare, canottaggio, canoa fluviale e sprint, ma anche sport come sollevamento pesi (per Malagò , in un’intervista di qualche tempo fa, un eventuale podio a Rio sarebbe stato una prima volta!) e sport equestri ,che videro l’Italia nel passato ad alti livelli e ora con ruolo molto marginale, devono migliorare , la nostra nazione difficilmente si ritroverà oltre le 10 medaglie d’oro e 30 totali con continuità.
Che anche a mio parere dovrebbe essere lo standard di un paese come l’Italia. Ma non a questo giro, di più non c’era davvero da spremere.
Penso non si debba mai trascurare nessuna di queste discipline sportive, neanche quelle che non portano risultati da anni. Perchè , vedo che l’abbiamo capito tutti, portano un sacco di titoli.
Per assurdo un Paltrinieri può farti una gara tre secondi sopra il suo migliore, quindi non certamente la sua miglior gara nel quadriennio, la medaglia te la porta a casa lo stesso. Un Campriani o un Chamizo, o un qualsiasi campione della scherma che abbiamo, vanno appena sotto il loro standard e rischiano di uscire alle qualificazioni, o agli ottavi e ciao medaglia.
Quegli sport che ho nominato hanno portato all’Italia almeno la metà degli ori vinti nella storia delle olimpiadi. Già vedere un’edizione come quella di Atene, con una buona distribuzione tra le varie tipologie, anche squadra e sport di giudizio (la ginnastica artistica anche lei è stata spesso importante per i medaglieri azzurri nel passato ) , sarebbe un passo avanti.
Comunque sono sicuro che già tra due anni ci si potrà fare un’idea del lavoro che si starà o non si starà facendo, se si è a buon punto oppure no. Sono fiducioso e mi aspetto miglioramenti, non solo dal ciclismo su pista.
Gabriele Dente
23 Agosto 2016 at 01:50
Ti dirò: almeno per me, dall’esterno, è difficile capire fino in fondo quello che si sta o non si sta facendo. Il riferimento più plausibile è quello delle prestazioni e dei risultati. Ed è per quello che non nutrivo molte speranze alla vigilia (stando ai risultati e ai medaglieri dei vari mondiali del quadriennio). Se il 2018 dovesse andare in archivio con 3 ori mondiali e poche altre medaglie nelle gare olimpiche, come il 2014, credo che ritornerei a essere pessimista.
Almeno 10 ori e 30 medaglie, sono d’accordo. Ma sul fatto che a questo giro non c’era nient’altro da spremere io farei un altro ragionamento. Vero che in partenza i casi Tamberi e Schwazer e l’esclusione di fioretto e sciabola a squadre (dove però è tutto da dimostrare che avremmo vinto) condizionavano le nostre possibilità. Ma forse in futuro si potrebbero supportare meglio gli atleti per portarli all’evento nelle migliori condizioni psicologiche possibili e per aiutarli a gestire meglio le situazioni critiche; è successo anche a un volpone come Emre e siamo umani, lo capisco, ma con un po’ più di freddezza i 10 ori e le 30 medaglie si potevano vincere (vedi le situazioni di Errigo, Fiamingo, Tartaglini, Zublasing, Nacra17, squadra maschile di fioretto, squadra femminile dell’arco). D’altra parte faccio fatica a pensare che 5 vittorie e ben 13 sconfitte nelle finali secche per l’oro o per il bronzo (senza contare Bacosi/Cainero) siano dovute sempre alla superiorità dell’avversario. Magari più di una volta si è venuti meno sul più bello e si dovrebbe capire il perché.
Comunque vedo che siamo già tutti proiettati verso Tokyo 😀 E allora non dimentichiamo che avremo anche il karate dove, in gare che dovrebbero far parte del programma olimpico, l’Italia agli ultimi mondiali del 2014 ha conquistato un oro e un argento (Sara Cardin e Luigi Busà). Potrebbero essere due ottime carte da medaglia.
ale sandro
23 Agosto 2016 at 07:16
Intanto Bacosi/Cainero vanno contate tra le vittorie , perchè due atlete in finale ti danno una vittoria sicura che non va ignorata, in un conteggio così. Altrimenti non oso pensare se si fosse infilata in mezzo la Rhode, come sarebbe andata a finire.
E le finali vinte per il bronzo sono comunque le due di Chamizo e del Settebello.
Guarda sono sempre punti di vista. Come ti ho già detto le finali si possono vincere e perdere,e a sto giro molti avversari non erano per niente inferiori ai nostri, anzi.
Tiratori e “combattenti” , sono tutti atleti che per lo sport che fanno, se non sanno gestire le pressioni e le situazioni critiche in vari turni e qualificazioni, in finale a giocarsi l’oro o il podio non ci arrivano.
Per me l’Italia ha avuto il medagliere che si meritava per il quadriennio , e in particolare il secondo biennio svolto.
Ci fosse stato il cambio di ritmo nel 2014 in tanti sport, come avevo sperato si verificasse, non avrei messo la firma nemmeno per i 10 ori e 30 podi.
Così non è stato, ritengo veritiero il risultato ottenuto, comprese le 6 finali vinte contro le 9 perse per l’oro ,e le 2 vinte contro le 4 o 5 perse per il bronzo.
Ma vedi, più che nel guardare alle 5 finali vinte contro le ben 10 perse solo per l’oro dalla Francia, mi interessa molto di più vedere dove loro hanno conquistato gli ori per arrivare a 10, e le medaglie per arrivare a 40 e passa. E lì si scopre che vincono proprio negli sport che dicevo prima, dove noi inseguiamo ,spesso da lontano e con fatica. E’ lì che bisogna migliorare per davvero, e non aspettare che combattimento e precisione trascinino l’Italia come accade da Pechino ad oggi.
ale sandro
22 Agosto 2016 at 09:05
Buona Olimpiade per l’Italia, che ha confermato le due edizioni precedenti, sia come ori che come medaglie e come piazzamento finale del medagliere.
La cosa che mi è piaciuta di più è che secondo me sono state proprio confermate le aspettative, a dispetto di tanti discorsi esageratamente negativi della vigilia, sia come numero di ori che di medaglie. Gli ori, a mio parere, sono arrivati dagli atleti o specialità che erano preventivabili, a parte un Basile , comunque già in grande ascesa, al posto di Chamizo, e un secondo oro di Campriani al posto della Di Francisca, in ogni caso entrambi finiti comunque sul podio. La stra grande maggioranza degli atleti di punta azzurri ha centrato l’obbiettivo , o oro o medaglia.
Da segnalare il record di podi nelle discipline acquatiche, 8 invece dei 6 di Monaco 72 e Sydney 2000, con 4 sport differenti ,con piazzamento record anche nel sincronizzato. Un segnale che quando i dirigenti lasciano lavorare i tecnici e le punte nella maniera migliore possibile ,senza perlomeno ostacolare, i risultati arrivano.
Così come sono importanti i 4 podi dagli sport di squadra (considero tale anche il beach volley).
Certo rimangono tanti gli sport dove l’Italia non ha toccato palla, sia prima non qualificandosi, che durante i Giochi. Segnale che ancora c’è tanto da fare.
Se si guarda agli sport vincenti , si può notare per fortuna un leggero miglioramento rispetto a Londra negli sport di prestazione, con 2 ori 1 argento 5 bronzi, contro gli 1-1-3 di 4 anni fa.
Sono proprio questi sport che hanno fatto la differenza in molte delle nazioni della top ten e a ridosso della stessa. L’Italia se vuole fare un salto di qualità per ritornare stabilmente a 10 ori e 30 medaglie e oltre, non può prescindere dal tornare ad essere competitiva in questi sport, dove una volta raggiunto il livello più alto, le possibilità concerete di vittoria o podio ,aumentano rispetto agli sport di combattimento o di precisione, dove ci sono troppe variabili, per poter anche solo parlare di atleti favoriti rispetto alla concorrenza, che è sempre numerosa ,outsider di lusso compresi.
Per fare ciò ,bisogna programmare a lungo termine, prendendo spunto anche da ciò che viene fatto all’estero per quanto riguarda i passaggi precedenti a quelli di un Olimpiade. Sarebbe un peccato non sfruttare i tanti talenti under 25 visti a medaglia o tra i primi 8 di questi giochi, senza dimenticare una serie di atleti delle categorie giovanili presenti in sport in grande sofferenza , come l’atletica leggera. Auspico per questo un cambiamento radicale non solo delle poltrone, ma anche nel metodo, perchè si rischia di vanificare gli sforzi fatti da tanti tecnici locali, in condizioni spesso difficili , con ragazzi che meriterebbero di potersi esprimere nella maniera migliore possibile.
Se Malagò e soci si bulleranno del medagliere italico, senza avviare un progetto serio per questi sport, che ricordo , sono quelli che assegnano alla fine più titoli, l’Italia sarà destinata a Tokyo a confermare un medagliere simile a questo. Il che non è male , anzi, ma sarebbe un peccato non poter fare meglio.