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Vela, Olimpiadi Rio 2016: zero medaglie ed ennesimo bilancio negativo ai Giochi

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La vela azzurra si è presentata a Rio 2016 con un contingente composto da 13 atleti, per 9 classi qualificate (su 10 totali). Oggettivamente, soltanto in quattro-cinque di queste avevamo l'”obbligo” di entrare in Medal Race, con sole tre concrete possibilità di podio. Poggi (Finn), Zennaro (Laser Radial), Tita-Zucchetti (49er) e Berta/Sinno avrebbero dovuto compiere un’impresa enorme per entrare nella fatidica top-10. Marrai (Laser) era ai confini tra l’IN e l’OUT.

In Brasile sono arrivate quattro Medal Race: Bissaro/Sicouri nel Nacra 17, con il secondo punteggio, Conti/Clapcich nel 49er FX, senza l’aritmetica opportunità di raggiungere il podio, Flavia Tartaglini e Mattia Camboni nei rispettivi RS:X; la prima con il miglior punteggio, il secondo (20 anni, esordiente ai Giochi), per godersi l’atmosfera e provare a crescere in fretta…

Il catamarano azzurro e Conti/Clapcich (ritiratesi dopo l’avventura brasiliana) hanno poi chiuso al 5° posto, Tartaglini al 6°, Camboni 10°. Zero medaglie, tanta tanta amarezza. Assolutamente non mascherata nelle parole di Michele Marchesini, dal 2013 DT della FederVela. Queste le sue dichiarazioni rilasciate nella Sala Colorado del Windsor Florida Hotel di Rio de Janeiro – quella che per dieci giorni è stata la casa dell’Italia Team della vela – in occasione dell’incontro con la stampa della squadra azzurra ed il suo staff, prima del ritorno in Italia (fonte www.velaveneta.it).

“Ho un certo grado di delusione per i risultati, ma non ho rammarico per la prestazione della squadra perché abbiamo disputato più finali che a Londra. Siamo arrivati in Medal Race con i nostri atleti che erano i migliori della serie di qualificazione. Purtroppo nel momento decisivo sono stati commessi degli errori che in un contesto cruento, spietato e inappellabile come un’Olimpiade non sono perdonabili e l’appello è con cadenza quadriennale… Dal punto di vista tecnico non è mancato nulla. Quello che è mancato è stato un minimo di freddezza, di fortuna. Il format olimpico è difficile, del resto è stato creato per avere il ‘drama’, per far sì che il favorito non vinca. Un concetto esasperato dal campo di regata: non stiamo qui a recriminare, ma il campo della Medal Race di Flavia Tartaglini non era idoneo. Se hai un PRO che dà una partenza così, c’è poco da fare. Questi ragazzi valgono, ci hanno messo tutto. Non sono stracci, è gente che sa andare in barca a vela. Abbiamo portato quattro ragazzi in finale dopo dieci/dodici prove: avevano la medaglia al collo. Quando sono arrivato a dirigere la squadra nel 2013 sono stato il primo a inserire la figura di uno psicologo. Sapevamo, ad esempio, che per Giulia Conti era un aspetto fondamentale e abbiamo portato qua anche il suo mental coach. Abbiamo portato alle Olimpiadi velisti che i bookmakers inglesi consideravano tra i favoriti. Forse bisognerà cambiare qualcosa a livello di approccio mentale, io ci ho provato. I cambi culturali non sono facili da introdurre“.

Al di là delle schiette, dolorose parole del DT Marchesini, la vela italiana ha confermato il suo scarso feeling con i Giochi. In oltre un secolo di “navigazione olimpica”, il Bel Paese ha racimolato la pochezza di 3 ori, 3 argenti e 8 bronzi (15° posto nel medagliere all time). In pratica, se non fosse per le 4 medaglie di Alessandra Sensini nel windsurf e per i remoti podi nelle classi Star e 8 metri, saremmo il Terzo Mondo della Vela a Cinque Cerchi

Il classico “giorno dopo” dei Giochi 2016 è grigio, colore che fa tristemente pendant con la nostra storia velica a Cinque Cerchi, eppure dei motivi validi per guardare positivamente a Tokyo 2020 ci sono. Ma quella è un’altra faccenda e merita un organico approfondimento…

giuseppe.urbano@oasport.it

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Foto: profilo FB Mattia Camboni

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