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Doping
Scherma, la risposta di Paolo Pizzo a Fancy Bear: “Formoterolo per un anno, non 4. Credo nello sport pulito”
Nella giornata di ieri il nome di Paolo Pizzo – campione del mondo di spada nel 2011 e argento olimpico a squadre a Rio 2016 – è stato incluso insieme a quello di altri quattro italiani nel quinto elenco degli hacker russi di Fancy Bear nell’ambito di assunzione di sostanze proibite a scopo terapeutico regolarmente comunicato alla Wada, l’agenzia mondiale antidoping.
Emanuele Birarelli, Teresa Frassinetti, Rachele Bruni e Matteo Lodo, gli altri quattro azzurri, non hanno ancora rilasciato dichiarazioni. La risposta di Pizzo, paladino dello sport pulito il cui certificato online – come scritto da Il Fatto Quotidiano – pare essere contraffatto perché privo di firme finali e corredato dal logo di Rio 2016 a due anni dai Giochi (l’esenzione terminava nel 2014), è stata invece affidata al sito della Federscherma. Riportiamo di seguito il comunicato integrale.
In merito alle notizie apparse sulla stampa relative al coinvolgimento dell’atleta Paolo Pizzo nella lista degli autorizzati dalla WADA all’uso di alcune sostanze per scopo terapeutico, la Federazione Italiana Scherma, a tutela dell’atleta e nel rispetto della verità dei fatti, precisa che contrariamente a quanto riportato dagli organi di informazione, la richiesta di esenzione per l’assunzione del formoterolo, farmaco utilizzato per la cura dell’asma, è stata formulata in data 18 ottobre 2010 e riguardava un periodo di tempo di dodici mesi e non di quattro anni. “Richiesi questa esenzione per solo dodici mesi – spiega Paolo Pizzo –. Avendo superato i problemi d’asma, al termine di quel periodo d’esenzione, non ho più assunto il formoterolo. Quanto riportato quindi oggi su alcune testate giornalistiche circa una mia richiesta quadriennale di esenzione, non ha fondamento di verità. Sono disponibile a fornire copia dei documenti che certificano quanto asserisco. Credo fortemente nella lotta al doping – continua Pizzo – e mi sono sempre battuto per uno sport pulito. Vedere oggi associato il mio nome al termine “doping” mi ferisce come uomo e come atleta. Invito pertanto ad evitare semplificazioni che possono ledere anche la dignità, per la tutela della quale non esiterei ad adire le vie legali”.
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francesco.caligaris@oasport.it
Foto da: Augusto Bizzi/Federscherma