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Vela, Flavia Tartaglini IN ESCLUSIVA: “In Medal ho sbagliato perché ho pensato più al vento che alle avversarie. Tania Cagnotto il mio modello”
Il sesto posto di Flavia Tartaglini a Rio 2016 (Vela, RS:X) ha costituito sicuramente una delle delusioni olimpiche più cocenti per i colori italiani. La windsurfer romana ha portato la sua tavola in Medal Race con il miglior punteggio, dopo 12 regate condotte magistralmente. Nonostante un rospo così difficile da buttar giù, Flavia ha dimostrato maturità, equilibrio e onestà esemplari, nell’analizzare a circa un mese di distanza la sua prima partecipazione a Cinque Cerchi. Fra l’orgoglio inscalfibile della settimana di regate in Brasile e i dubbi – secondo noi, destinati ad essere cancellati – sul futuro agonistico, godiamoci pensieri e parole di un’atleta sorprendente, dal perenne sorriso contagioso, simpatica ed estremamente gentile.
Ciao Flavia. Cosa ti ha lasciato dentro l’esperienza olimpica brasiliana? Per te la prima in carriera, a 31 anni.
“Sicuramente una maggiore consapevolezza delle mie possibilità. Ero ovviamente arrivata in Brasile piena di voglia, speranza e determinazione, ma non ambivo ad una medaglia o, meglio, sapevo che per vincere una medaglia qualche favorita avrebbe dovuto sbagliare e io avere la settimana della vita… Beh, non ci sono poi andata troppo lontana… Ho decisamente avuto la migliore settimana del mio quadriennio olimpico e, nonostante l’amarezza che mi ha lasciato l’ultima regata, non è abbastanza per farmi dimenticare la stupenda settimana di regate a Rio”.
Chi o cosa ti ha “impressionato” di più in Brasile? Sia dal punto di vista sportivo che extra-sportivo.
“Il Brasile è un Paese di forti contrasti, imprevedibile…e così forse è stato il nostro campo di regata e tutta l’organizzazione delle Olimpiadi! Cosa mi ha impressionato di più? Da cittadina romana, la linea della metro (ride tanto, ndr), molto più efficiente della nostra. Mentre dal punto di vista sportivo, la veridicità di quanto mi dicevano sulle Olimpiadi: sono una gara diversa dove tutto può accadere!”.
Raccontaci cos’è successo nella Medal Race di Rio, soprattutto mettendola a confronto con le 12 regate regolari che ti avevano vista assoluta protagonista con ben 4 vittorie e garantito il miglior punteggio complessivo prima della prova decisiva.
“La Medal Race è una regata che può regalare tanta gioia quanto dolore…è stata introdotta per creare più ‘dramma’ e per rendere più spettacolare il tutto, della serie rimanere incollati al televisore fino all’ultimo metro… Beh, penso che si sia visto con la mia Medal Race… Non basta essere dominante in 12 prove, ma bisogna esserlo soprattutto nella 13^… Era la prima volta che vi entravo da prima con ben sette colleghe che mi inseguivano e avevano le mie stesse possibilità di vincere una medaglia; tanti calcoli, troppi, quindi sono scesa in acqua per provare a vincere la prova guardando il vento più che le avversarie. Ho sbagliato, troppo rischioso. E purtroppo il giorno della nostra Medal il vento ha fatto un po’ di capricci, ma come lo fa tante altre volte, siamo abituate a regatare così! In partenza, il vento era molto destro, quindi mi sono tenuta alta in barca, ma purtroppo era un finto indizio perché il vento stava morendo e l’unica pressione rimasta nel campo era a sinistra e dalla posizione da cui sono partita non sono mai riuscita ad agganciarlo. Ho girato la prima bolina pensando che le tre medaglie fossero lontane, quindi, dal momento che il vento era sempre molto destro, ho provato a fare meno strada e scendere per boa, ma il vento era ormai solo sulla parte sinistra e ha comunque premiato chi si è allontanato tantissimo dalla traiettoria ideale, riuscendo ad agganciare la pressione. La russa che ha vinto il bronzo (Stefaniya Elfutina, ndr) ha girato ultima, ma avendo visto che io ed un’altra eravamo ferme, ha deciso di seguire la flotta; le è bastato seguire la flotta, finire 5 metri davanti a me e le altre hanno fatto il resto. Marina (Alabau, ndr) ha perso una posizione nell’ultima poppa e quindi la russa ha vinto il bronzo senza saperlo neanche”.
Un po’ tutti, da fuori, ti abbiamo più volte definita l’erede di Alessandra Sensini. Per quanto scontato come destino sportivo, è un qualcosa che ti onora e gratifica, ti responsabilizza e addirittura pesa, o è un mix di queste sensazioni?
“Sinceramente non mi sono mai considerata la sua erede. Alessandra ha fatto la storia del windsurf in Italia e non solo, io non posso fare altro che ammirare un’atleta del suo calibro. Io ho una mia carriera, diversa e non sento il peso dei suoi successi; l’unico mio pensiero è rendere emozionante la mia di storia”.
E’ troppo lontana Tokyo 2020 per pensarci…?
“Sì, è lontana, ma so anche che 4 anni volano… Per ora mi godo una piccola pausa per poi valutare bene come affrontare i prossimi anni e in questo sicuramente chiederò consiglio a chi ha più esperienza di me… Puoi immaginare a chi mi riferisca, no!?”.
Se potessi rinascere atleta, vorresti essere…
“Non saprei, però nutro profonda stima e ammirazione per qualsiasi atleta che sudi, sogni, sacrifichi parte della propria vita per raggiungere il suo obiettivo. Una tra molte che ho avuto la fortuna di conoscere proprio in questi giorni è Tania Cagnotto. Tantissime medaglie, ma le mancava quella che voleva di più e non si è arresa. E l’ha ottenuta, anzi, le ha ottenute… Beh, se dovessi continuare, mi ispirerei alla sua caparbietà!”.
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giuseppe.urbano@oasport.it
Foto: profilo FB Flavia Tartaglini (credit Jesus Renedo)
ale sandro
13 Settembre 2016 at 21:34
Medal race o no , la Tartaglini non sarebbe andata assolutamente a medaglia con quell’ultima prova fatta. Aver parlato della Elfutina, giovanissima a differenza sua e quindi decisamente più inesperta, non va a favore della velista azzurra, anzi conferma quanto sia stata negativa la ultima race.
Del resto non mi stupisce l’esito finale, da un’atleta che in un tutta la sua carriera non ha mai fatto meglio in gare di campionati ,europei o mondiali nella rs:x ,di piazzamenti da 6° posto.
Luca46
13 Settembre 2016 at 16:45
E’ un errore imperdonabile. Nell’ultima regata quando tra l’altro parti in testa i conti bisogna farli eccome ed anche bene. L’unico vantaggio in una gara così è quello di poter fare la gara sulle altre. Chiaramente a volte bisogna tener conto di più di un avversaria e al limite in questo caso va scelto il da farsi. In partenza tuttavia si marcano quei 2 equipaggi che sono i più pericolosi. Non credo che la medal race spetacolarizzi oltre modo la competizione penso piuttosto che sia stato fatto un errore grossolano.