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Tennis, WTA Finals Singapore 2016 – Analisi: Dominika Cibulkova stupisce tutti e si laurea “maestra” in un circuito che manca di una vera regina
Si sono da poco concluse le Wta Finals 2016 in corso di svolgimento nella splendida cornice di Singapore, ed è subito tempo di bilanci visto che la stagione è sostanzialmente conclusa se si eccettua il cosiddetto “Master B” che scatta martedì a Zhuhai. La manifestazione ha incoronato a sorpresa la slovacca Dominika Cibulkova, protagonista di una splendida cavalcata alla sua prima partecipazione ma che alla vigilia non godeva sicuramente del favore dei pronostici, ad ulteriore testimonianza di quanto le Finals femminili tendono spesso a rivelarsi come l’appuntamento più imprevedibile e spettacolare dell’intera annata. Lo stesso ragionamento non è invece applicabile al torneo maschile il quale, forse per via di gerarchie molto più solide, non riesce quasi mai ad offrire lo spettacolo che ci si aspetterebbe nell’ultima competizione di rilievo della stagione (per conferma basta rivolgere lo sguardo all’edizione del 2015).
La Cibulkova si è resa autrice di un’impresa incredibile, resa ancora più straordinaria da una certa desuetudine a questi palcoscenici, eppure la giocatrice di Bratislava è stata in grado di mettere in fila avversarie ben più quotate, lei che aveva raggiunto la qualificazione soltanto in extremis grazie al successo nel Wta di Linz, compresa l’attuale numero 1 del mondo Angelique Kerber. Non è tuttavia improbabile che Dominika torni dall’anno prossimo ai suoi soliti livelli, ottimi ma non stellari come durante questa settimana, un paradosso che invece quasi mai si presenta nel circuito maschile dove il vincitore del Master assume puntualmente lo status di “Maestro”, ergendosi dunque una spanna sopra gli altri anche nel lungo periodo. L’unica eccezione a questa regola è stata forse rappresentata dal successo conseguito nel 2009 da Nikolaj Davidenko, che si impose alla O2 Arena di Londra e proseguì nel suo fantastico momento di forma solo fino ai quarti di finale dell’Australian Open 2010, quando fu sconfitto da Roger Federer in quattro set e non si ripresentò mai più a quei livelli.
La grande sconfitta di queste Finals è dunque la tedesca Kerber, di cui tutti preannunciavano il secondo grande trionfo della stagione dopo quello agli Australian Open di inizio anno. In realtà, se si scorge il percorso della teutonica fino all’atto conclusivo, è possibile notare che Angelique ha rischiato di perdere praticamente ogni partita tranne la semifinale dominata contro Aga Radwanska. Non si può negare, d’altra parte, che il 2016 rimanga un’annata per certi versi indimenticabile per la tennista di Brema, riuscita nell’impresa di scalzare sua maestà Serena Williams dal trono del ranking mondiale, anche se permane l’impressione diffusa che a fare la differenza sia stata la grandissima costanza della tedesca nell’ambito di un tennis femminile che manca sostanzialmente di una vera e propria regina.
Ci si aspettava qualcosina di più anche dalla detentrice del titolo Radwanska, ma sinceramente non ce la sentiamo di scagliarci contro la polacca soltanto per una semifinale disputata al di sotto delle aspettative, dal momento che forse la “Maga” è l’unica giocatrice in grado di proporre un tennis vario e fluttuante all’interno di un contesto dominato da picchiatrici instancabili. Il destino vuole, per ora, che si tratti tuttavia di una classe eternamente perdente. Commovente, sgraziata, ma di certo emozionante, è stata Svetlana Kuznetsova, ultima in assoluto a qualificarsi per il Master e capace in alcuni frangenti di far riemergere quelle qualità che le hanno consentito di vincere due fantastici Slam.
Tra le note dolenti, impossibile non citare il nome di Madison Keys, che ha dimostrato una volta di più enorme talento, strepitosa potenza, ma anche pochissimo controllo tecnico e psicologico. Non sembra avere al momento la continuità giusta per succedere a Serena come dominatrice del circuito, il tutto suffragato da uno stile di gioco spesso monotono che di certo non è in grado di soddisfare i palati più fini in termini di spettacolo. Lo stesso si può dire di Karolina Pliskova e Garbine Muguruza, con la 24enne di Louny autrice comunque di un buon torneo seppur condizionato da un repentino calo nel momento clou della manifestazione, mentre l’iberica continua a manifestarsi lontana parente della fuoriclasse che si impose in primavera al Roland Garros. A sentire le sue parole, sembrano non esserci problemi: “Preferisco vincere uno Slam e poi niente tutto l’anno”, e se l’intento è questo la strada che laspagnola sta seguendo è proprio quella giusta. Ancor peggio è andata forse a Simona Halep, la quale sembrava aver trovato un minimo di continuità sotto la guida di Darren Cahill, e invece a Singapore sono riemersi i soliti problemi anche sul piano caratteriale, a coronamento di un anno terminato esattamente come quello precedente con la promessa/utopia che il successivo sarà quello della definitiva consacrazione.
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Foto: Profilo Twitter WTA Finals