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Formula 1
F1: Ferrari ed un altro anno da dimenticare. I cinque motivi di un 2016 fallimentare
A due gare dal termine del Mondiale di F1 2016 ed un secondo posto iridato (classifica costruttori) sempre più vicino a Milton Keynes (Red Bull), la Ferrari si presenta negli ultimi round iridati col desiderio di chiudere nel modo più decoroso possibile una stagione, oggettivamente, fallimentare. Non si vuol essere impietosi o, eccessivamente, categorici nel definire così l’anno agonistico che sta per concludersi. Tuttavia è un fatto che la Rossa, mostratasi alla vigilia di questo campionato determinata e certa delle proprie possibilità, non ha raggiunto l’obiettivo ed è, anzi, stata scavalcata dalla rivale di una vita, la Red Bull. Il Cavallino Rampante rischia altresì di non conquistare neanche un successo in questo 2016, quando nell’annata passata le vittorie erano state tre. Quali sono dunque i motivi di questa debacle?
Una monoposto troppo avveniristica ma poco pratica
Di sicuro la SF16-H ha deluso le attese. C’erano tante aspettative sulla nuova creatura di Maranello ma la monoposto non ha reso come avrebbe dovuto. Una vettura difficile da mettere a punto, sensibile anche ai pur minimi sbalzi di temperatura, sopratutto nel momento delle qualifiche. Sporadicamente la macchina ha dimostrato il suo vero valore, quando le condizioni di asfalto erano più miti (Suzuka e Messico). Una sorpresa per i tecnici della Scuderia, a testimonianza del fatto che il mezzo, nonostante siano trascorse diverse settimane, sia ancora di difficile lettura per gli ingegneri ed il reparto corse della Ferrari.
Un clima di tensione eccessivo in squadra
I traguardi importanti annunciati dal Presidente Sergio Marchionne hanno portato, probabilmente, ad un eccesso di tensione. Partire per vincere il Mondiale in un contesto agonistico nel quale la Mercedes ha un dominio tecnico notevolissimo, forgiato da anni di esperienze in altre categorie, ha portato ad investire in un progetto troppo avveniristico (la SF16-H) che non poteva nel breve periodo soddisfare le richieste iniziali. Gli errori di valutazione che si sono notati nel susseguirsi dei GP sono, forse, figli di un approccio errato.
Manca un punto di riferimento per poter farsi carico dell’importanza dei risultati
La troppa pressione ha, dunque, portato a degli effetti collaterali e ciò può essere riconducibile alla mancanza di un figura ad hoc che possa infondere serenità. Potremmo dunque mettere sul banco degli imputati il Team Principal Maurizio Arrivabene. Il suo “Piedi per terra, testa bassa e lavorare” non sembra attecchire e dare quella giusta metodica anche nelle relazioni tra i vari settori della gestione sportiva della Rossa. Servirebbe dunque una figura straniera a dirigere le operazioni perchè attualmente l’organizzazione è “All’italiana” come sostiene Bernie Ecclestone?
La gestione di Sergio Marchionne troppo da “campagna elettorale”
Senza dubbio, quando ci sono problemi e controprestazioni bisogna sempre partire dal vertice ed è chiaro che neanche Marchionne può essere esente da colpe. I suoi proclami più che dare sicurezza alla squadra hanno finito quasi per logorarla portando anche al deterioramento di alcuni rapporti di lavoro. Una comunicazione discutibile che ha alimentato anche le aspettative dei tifosi non rendendo un bel servizio a tutto l’asset di Maranello, bisognoso di un clima diverso e meno da “campagna elettorale”.
I problemi familiari di James Allison e non solo…
Legato alla rottura di alcuni legami lavorativi è il caso di James Allison (ex Direttore Tecnico della Rossa). Nella decisione dell’ingegnere britannico di lasciare Maranello (annuncio alla vigilia del GP di Germania) non vi sono solo motivazioni personali riconducibili alla tragedia familiare vissuta da Allison, ovvero l’improvvisa morte della moglie ed il ritorno in Gran Bretagna vicino ai propri figli. Secondo alcune indiscrezioni, infatti, le interazioni tra il massimo dirigente del Cavallino Rampante ed il tecnico inglese erano complicate perchè quest’ultimo riteneva irrealizzabili alcuni dei target fissati dal Presidente. Una visione diversa che può giustificare concretamente il termine di tale collaborazione.
In un quadro così frammentato il centrare certi obiettivi è ancor più arduo di quanto lo sia già realmente e per questo sia Sebastian Vettel che Kimi Raikkonen sono davvero gli ultimi a cui poter muovere delle critiche. E’ vero, il tedesco nell’appuntamento messicano si è lasciato andare a qualche intemperanza di troppo ma cio è sinonimo di affezione, nei confronti della squadra, e non di distacco. Le motivazioni dell’ennesima stagione problematica in Ferrari, dunque, sono da ricercare altrove.
giandomenico.tiseo@oasport.it
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