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Nuoto, Max Di Mito: “Federica Pellegrini ha ancora gli occhi della tigre, migliorerà nei 100 sl”

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Il nuoto azzurro è tornato ad esibirsi nella piscina da 25m di Genova per il 43° Trofeo “Nico Sapio” per preparare al meglio i Mondiali di vasca corta di Windsor (Canada), programmati dal 7 all’11 dicembre. Un obiettivo che tutti gli allenatori stanno pianificando e tra questi vi è Max Di Mito, ex allenatore di Federica Pellegrini ed attuale coach di Alice Mizzau ed Erica Musso a Riccione, che ha concesso in esclusiva un’intervista ad OA circa le condizioni del movimento italiano, la “Divina” e le metodologie di allenamento nel nostro Paese.

Siamo reduci dai Giochi Olimpici di Rio 2016 in cui l’Italia ha avuto le grandi luci di Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti, da un lato, e le controprestazioni di diversi atleti dall’altro. Come vede il movimento italiano nel quadriennio che ci porterà a Tokyo 2020?

Io credo che il movimento natatorio Italiano goda di buona salute. Ci sono molti giovani promettenti, che pian piano si stanno affiancando ai “nostri” atleti più forti e blasonati. Vedo un nuoto in crescita, anche se spesso la precocità  un pochino mi spaventa, perché in passato non sempre siamo riusciti a trasformarla in prestazioni internazionali di livello assoluto”.

La 4×200 stile libero donne è stata nel 2015 uno dei fiori all’occhiello della nostra squadra. Lo strepitoso argento mondiale di Kazan lo dimostra. Ad allenarsi a Riccione, sotto la sua gestione, ci sono Alice Mizzau e Erica Musso (due delle staffettiste in Russia), reduci da una stagione con più ombre che luci. Che lavoro sta impostando con loro e quanto è importante recuperare da un punto di vista psicologico dopo un’annata problematica?

Gli aspetti mentali e psicologici, sono fondamentali nella preparazione, ma anche e soprattutto, servono per acquisire quella tranquillità e determinazione che permetteranno di affrontare un cammino che è costantemente in salita, presenta continuamente imprevisti, ostacoli e difficoltà da superare. Un percorso in cui le cocenti delusioni sono più numerose delle soddisfazioni. L’atleta di livello, il talento, si differenzia proprio in questo, nella capacità di digerire e metabolizzare errori e sconfitte, perché solo chi è e sarà in grado di fare ciò arriverà al vertice.  Del resto il talento non comprende solo la parte genetica ma si manifesta anche attraverso la “motivazione” che l’atleta ha, attraverso gli obiettivi, che tramite il nostro lavoro di allenatori, gli insegniamo a prefiggersi. Il talento apprende, e non smette mai di farlo, e questo è un altro aspetto sostanziale. Solo chi avrà tutte queste caratteristiche, solo chi sarà in grado di fare tutto ciò, arriverà alla vetta, perché spesso, anche chi giunge secondo ha perso.  Solo chi avrà tutte queste caratteristiche, arriverà alla vetta, perché spesso, anche chi arriva secondo ha perso. Per quanto riguarda l’allenamento, nella sua più pratica estrinsecazione, stiamo lavorando moltissimo per recuperare aspetti di forza e potenza a secco adeguati ad atlete di vertice, e nella loro trasformazione in acqua attraverso espressioni di tecnica evolute e poi attraverso il miglioramento della velocità di base. Fatto ciò procederemo poi con i successivi step”.

Tutti sanno che è l’ex allenatore di Federica Pellegrini e la conosce molto bene anche sotto il profilo umano. Si aspettava che dopo Rio continuasse? Se si, cosa pensa possa ottenere visto che si paventa una sua specializzazione nei 100 stile libero?

Personalmente ho sempre pensato che Federica non avrebbe smesso di nuotare dopo Rio, al di là di come sarebbero potute andare le cose all’Olimpiade. La vedo ancora molto innamorata del nuoto, gareggia con passione, determinazione, ha ancora, per scomodare la frase di un celebre film, “Gli occhi della tigre!”. Quando un’atleta è ancora così travolta, dentro di se, dall’agonismo non vuole smettere. Credo proprio in virtù di quanto detto a proposito del talento, che Federica possa apprendere qualsiasi cosa. A dire il vero, al Settecolli (2016) ha già nuotato i 100 sl in 53″18, che è un tempo di assoluta caratura internazionale. Specializzandosi, eventualmente in questa distanza, ci saranno ampie possibilità di migliorare questo tempo“.

 

Nella sua esperienza da allenatore si è trovato a gestire nuotatori più o meno giovani. Spesso, in Italia, si nota che, a livello juniores, molti ragazzi ottengano grandiosi risultati e poi da seniores non si ripetano. Che idea si è fatto? Un lavoro troppo sulla quantità e poco sulla qualità (vedi errori nei particolari di molti dei nostri atleti)? Una mentalità poco competitiva?

“Credo che abbiamo ottime potenzialità ed in Italia ci siano giovani allenatori, con tanta voglia di crescere, che a volte si trovano talenti per le mani ed  hanno difficoltà nel gestirli ed allenarli per portarli al top. Dal mio punto di vista andrebbero supportati senza l’obiettivo di voler togliere loro l’atleta, per non dire “rubare”, come spesso è accaduto è tuttora accade. Allora, è più facile che si cerchi di screditare, e questo accade soprattutto ad opera di tecnici più anziani (i 50/60enni dei quali ahimè io faccio parte), piuttosto che valorizzare chi è giovane. È una pratica che aborro, tanto è vero che quando mi capita di conoscere giovani coach, animati da passione, voglia di migliorarsi, apprendere,  arrivare attraverso lo studio ed il confronto,  qualora mi venga chiesto, fornisco consulenze con lo scopo di aiutare la loro crescita.  È anche vero, che rispetto ad altre nazioni, Stati Uniti compresi, siamo un pochino troppo impazienti: ricerchiamo le prestazioni di vertice, puntando molto sugli aspetti fisiologici dell’allenamento, con troppo anticipo  mentre in altri contesti si enfatizza molto più il lavoro sulla tecnica,  posizione del corpo in acqua, partenze, virate e su mille altri aspetti. Noi siamo molto più preoccupati dalle medaglie dei campionati europei e mondiali juniores. Mi sembra di vedere, però, che qualche correzione negli ultimi tempi si stia apportando. Anche i nostri giovani atleti iniziano ad essere più tecnici”.

 

Chi è Max Di Mito?

Max è un allenatore innamorato tutt’oggi del suo lavoro, esattamente come all’inizio della carriera. Un tecnico che ha avuto, per scelta un percorso particolare ed ha sempre creduto ciecamente nelle proprie idee, non smettendo mai di studiare e confrontarsi. Allo stesso tempo, una persona che ha sempre fatto dell’onestà, della limpidezza, il proprio stile di vita. Piuttosto che ottenere un incarico col sotterfugio, con la malafede, con l’inganno, vi rinunciava a priori. Un coach che porta enorme rispetto ai colori della bandiera italiana e per molti versi rischia sempre di essere fuori dal coro ma, al mattino, alzandosi può e potrà sempre guardarsi allo specchio senza timore di provare vergogna”.

 

giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto di Stefano Palazzo

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