Rugby
Rugby, Sei Nazioni 2017: giovani ed entusiasmo le parole d’ordine in casa azzurra. Ruzza l’esordiente, Bronzini e Violi i pilastri, Canna per la consacrazione
Il Sei Nazioni 2017 è ormai alle porte e l’Italrugby si sta preparando al Torneo nel raduno organizzato a Roma, che accompagnerà gli azzurri del tecnico irlandese Conor O’Shea fino all’esordio fissato per domenica 5 febbraio allo Stadio Olimpico di Roma contro il Galles. Le aspettative riposte in questo gruppo sono abbastanza alte dopo numerosi anni scuri del movimento rugbistico nostrano, nella speranza che il lavoro intrapreso fino a questo momento e intravisto nel corso dei Test Match disputati a novembre sappia produrre quella continuità necessaria per diventare la vera sorpresa di questa durissima manifestazione.
Il gruppo selezionato da O’Shea si fonda sui dettami della giovane età e dell’entusiasmo collettivo, come testimoniato dalla presenza di meno senatori rispetto agli anni passati in favore di un maggiore ricambio generazionale, se si eccettua chiaramente la leadership del capitano Sergio Parisse al suo tredicesimo Sei Nazioni in carriera. Le principali novità introdotte dal ct irlandese riguardano le convocazioni di Dario Chistolini e Federico Ruzza, unico giocatore a non poter vantare alcuna presenza all’interno della compagine italiana. Il padovano delle Zebre, classe 1994, si inserisce perfettamente nella linea tracciata dalla nuova gestione, rappresentando uno dei migliori prospetti del nostro panorama in ottima futura oltre ad uno dei pochi atleti in grado di far sorridere la franchigia bianconera grazie alle sue pregevoli performance in una stagione altrimenti da dimenticare.
Tra i piloni spiccano i nomi di Sami Panico e Pietro Ceccarelli, entrambi ancora inesperti a questo livello ma dotati già di una buona personalità da esprimere in un contesto così prestigioso, se si considera che il secondo costituisce l’unico giocatore militante nel Campionato di Eccellenza ad essere stato convocato per il Torneo. Occhi puntati anche su Marco Barbini della Benetton Treviso, la cui avventura con la maglia dei Leoni è stata premiata dall’approdo in Nazionale, nella speranza che anche per l’atleta classe 1990 questa possa rappresentare la vetrina adatta per esprimere il suo potenziale e apprendere il più possibile dai “maestri” del ruolo. Abraham Steyn, Giorgio Bronzini e Marcello Violi sono invece chiamati a sorreggere due dei reparti più importanti sia per la costruzione del gioco che per l’impostazione difensiva, e la scelta di affidare le chiavi a uomini non troppo avvezzi a tale compito evidenzia ancora una volta il coraggio di una scelta tanto radicale e rischiosa quanto innovativa almeno in Italia. Sulla stessa linea di pensiero si collocano Tommaso Boni, il quale affiancherà McLean e Campagnaro in qualità di centro, ed Edoardo Padovani, tra i migliori nelle fila delle Zebre in questo primo scorcio di stagione caratterizzato da tantissime ombre e ben poche luci.
Tra i giovanissimi, anche se ha già collezionato ben 15 caps, possiamo inserire anche Carlo Canna, vera promessa del rugby italiano e internazionale negli anni a venire. L’apertura delle Zebre non è stata per ora minimamente condizionata dai numerosi complimenti e dai paragoni ingombranti, tanto che questo Sei Nazioni potrebbe davvero rappresentarne la consacrazione. “In Nazionale troviamo gente come Parisse, Ghiraldini e Favaro, che gioca all’estero e porta un bagaglio tecnico e di esperienza diverso – ha dichiarato il classe 1992 in un’intervista rilasciata a Tuttosport – Poi credo che per noi delle Zebre la maglia azzurra sia un’opportunità in più per rifarci. Adesso non sono più un oggetto misterioso: gli avversari mi conoscono e mi prendo qualche placcaggio in più”.
simone.brugnoli@oasport.it
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