Calcio
Coppa d’Africa 2017, la grande occasione di Hector Cuper, sempre ad un passo dal trionfo. Riuscirà l’Hombre Vertical a sfatare la maledizione?
Scrollarsi di dosso l’etichetta di perdente e vincere la sua prima finale all’età di 61 anni dopo tanti tentativi andati a vuoto. L’ultimo atto della Coppa d’Africa 2017 rappresenta una grande occasione per Hector Cuper, allenatore dell’Egitto, approdato in finale a coronamento di un percorso in cui l’impronta del mister argentino è stata determinante per le sorti dei Faraoni, che hanno puntato tutto su una difesa di ferro, marchio di fabbrica dell’ex tecnico dell’Inter, e sull’estro di Mohamed Salah, che a Roma attendono a braccia aperte per porre rimedio all’involuzione causata dalla sua prolungata assenza.
L’Hombre Vertical, “uomo tutto d’un pezzo” per definizione, affronterà il cammino che dagli spogliatoi conduce verso la panchina dello Stade de Franceville conscio del fardello che grava sulle sue spalle e della maledizione che di colpo potrebbe svanire domenica sera, proiettandolo nella dimensione degli eroi e concedendogli un’occasione per salire alla ribalta come trionfatore e non come protagonista mancato.
Sempre ad un passo dal trionfo da più di 20 anni. Il destino non è stato benevolo con Cuper, che nel 1994 avrebbe potuto sbloccarsi subito vincendo il torneo di Clausura in Argentina con l’Huracan, salvo uscire sconfitto nell’ultima partita contro l’Independiente, che scavalcò la sua squadra in classifica e festeggiò davanti ai suoi occhi, una scena che si sarebbe rieptuta spesso in futuro. Ma l’Hombre Vertical sapeva di avere davanti a sé tutto il tempo per rifarsi e nel 1996 portò a casa la Coppa Conmebol con il Lanus, rimasto tuttora l’unico torneo in cui ha avuto la soddisfazione di sollevare al cielo il trofeo, se si escludono le due Supercoppe di Spagna, vinte al termine di un unico confronto con andata e ritorno.
Gli ottimi risultati ottenuti in Argentina hanno attirato su di lui le attenzioni dei club europei e ad affidargli la panchina fu il Maiorca, ma anche in Spagna Cuper ha confermato il suo consueto tabù e ha perso in finale sia la Coppa del Re nel 1998 ad opera del Barcellona sia la Coppa delle Coppe del 1999 contro la Lazio, trafitto dalle reti di Christian Vieri e Pavel Nedved. Pochi mesi dopo approdò al Valencia e le sconfitte divennero ancor più amare: due finali di Champions League raggiunte contro ogni pronostico e perse in modo beffardo contro il Real Madrid e il Bayern Monaco nel 2000 e nel 2001, altre due occasioni mancate per entrare nel firmamento dei grandi e per scrivere una pagina di storia del club di appartenenza, ancora una volta ad un passo dalla meta.
Ma non finisce qui. Il destino infatti decise di riservargli la più tragica delle beffe un anno dopo, quando accettò con entusiasmo la chiamata dell’Inter e condusse i nerazzurri a giocarsi lo scudetto il 5 maggio 2002 nell’ultima partita sul campo di una Lazio apparentemente arrendevole e pronta a lasciare spazio ai futuri campioni d’Italia. Un inizio incoraggiante, 0-1, poi 1-2, ma il ceco Karel Poborsky decise di infliggere un’altra ferita a Cuper e l’uomo tutto d’un pezzo iniziò a vicillare quando Simeone e Simone Inzaghi fissarono il punteggio sul 4-2 e regalarono lo scudetto alla Juventus tra le lacrime del fenomeno Ronaldo, il quale tuttavia si sarebbe riscattato pochi mesi dopo nel Mondiale coreano.
Da quel momento in poi la carriera di Cuper fu costellata di delusioni, fatta salva l’ennesima finale conquistata con l’Aris Salonicco in Coppa di Grecia contro il Panathinaikos, manco a dirlo, persa 1-0. Un film già visto, una sceneggiatura già scritta sembra accompagnare la marcia di avvicinamento di Cuper verso la finale di domenica, ma stavolta è diverso. Il tabù dell’Hombre Vertical, infatti, fa da contraltare alla tradizione positiva dell’Egitto, mai sconfitto in una finale di Coppa d’Africa da quando reca l’attuale denominazione. I Faraoni, d’altra parte, possono vantare un altro trofeo nel 1958 sotto il nome di Repubblica Araba Unita, ma anche una sconfitta nel 1962 contro l’Etiopia. Erano altri tempi e soprattutto sono ben 6 le finali consecutive vinte dall’Egitto, una tendenza di buon auspicio in vista della sfida al Camerun di domenica sera. Chi preverrà dunque? La tradizione positiva dell’Egitto o la maledizione di Cuper? Ai posteri, o meglio, al destino l’ardua sentenza.
mauro.deriso@oasport.it
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Foto: Twitter Hector Cuper