Pallavolo
Volley femminile, Tifanny Pereira: “Avevo un corpo da uomo, ma da sempre mi sento donna. Ho sognato le Olimpiadi, in Italia per la promozione di Palmi. Le critiche? Ingiuste”
“Ho sempre sognato di giocare le Olimpiadi con la nazionale brasiliana di pallavolo. Ma con la squadra femminile. Io mi sono sempre sentita donna, l’ho dovuto nascondere perché altrimenti non mi avrebbero fatto giocare in campo ero un uomo ma fuori mi vestivo da donna, vivevo da donna. E non era ben accetto”.
Così esordisce Tifanny Pereira de Abreu in un’intervista rilasciata a Repubblica, ormai al centro delle cronache del volley: prima era Rodrigo, poi ha effettuato il lungo processo per cambiare sesso, da sabato sera è una giocatrice della Golem Palmi dopo aver giocato fino a poche settimane fa nel campionato belga maschile e ora nella Serie A2 femminile ha subito fatto la differenza. Le polemiche sono molteplici, la sua potenza da uomo e la sua abitudine a giocare con una rete molto più alta, hanno generato il malumore delle altre squadre del campionato cadetto ma lei continua sulla sua strada.
“Ognuno è libero di dire quel che vuole. Ma senza bugie. Pur di criticarmi c’è chi ha raccontato che avrei rotto il dito a una compagna di squadra con una schiacciata, ma io quel giorno non ero neanche in campo”.
“Giocare con gli uomini è stato complicato, per il mio aspetto. Ricordo che i bambini chiedevano come mai una donna giocasse in una squadra maschile. Per molti anni ho sopportato, ho fatto di tutto per tenere a freni la mia femminilità: non volevo rinunciare alla pallavolo”.
“Ho deciso di diventare Tifanny tra il 2013 e il 2014. Ero stanca di compromessi. Non volevo andare da un medico, mi vergognavo. Copiavo la terapia ormonale da altre amiche che nello stesso periodo si stavano trasformando. Ci è voluto tempo perché capissi che dovevo farmi seguire e iniziassi ad andare regolarmente in Spagna. Tutto il processo però non è stato facile da sopportare. Gli ormoni mi rendevano nervosa, emotiva, fragile, depressa. Andavo a dormire e mi svegliavo piangendo. Alcune volte ho interrotto la terapia ma è stato peggio.
Affrontarlo da atleta è estremamente più complicato. Improvvisamente ho iniziato a giocare male, a ingrassare, non riuscivo più a saltare. Sono sempre stata considerata molto forte in campo, ma quando ho iniziato a prendere ormoni le mie prestazioni sono calate. Ridevano tutti”.
“In Olanda non ho mai avuto problemi perché è stato un paese molto aperto. Anche in Belgio non ho incontrato ostacoli, anzi i miei compagni hanno cercato di coprirmi quando le mie prestazioni erano scarse. Non nascondo di aver pensato varie volte di farla finita. Senza l’appoggio della mia famigia, dei miei amici e del mio compagno forse non ce l’avrei fatta.
In Italia spero di poter fare bene il mio lavoro, di farmi degli amici e di ricevere il calore che mi ha riservato il palazzetto domenica scorsa”.
Sulle critiche ricevute: “Io rispetto le critiche, ognuno ha il diritto di parlare, ma l’attacco personale non è corretto. Ognuno risponde per quello che fa, la cosa importante è andare a dormire con la coscienza tranquilla. Quando i miei ormoni non saranno in regola, sarò la prima a dire di non poter giocare. Domenica abbiamo vinto perché siamo stati una grande squadra”.