Pallanuoto
Pallanuoto femminile, Martina Miceli: “Stiamo facendo un grande Campionato, ma Padova è ancora lontana… Tania Di Mario una sorella per me”
ESCLUSIVA OA SPORT – Martina Miceli è una delle leggende internazionali della pallanuoto femminile all time. Per elencare il suo palmarès completo da giocatrice non basterebbe lo spazio a nostra disposizione in questa sede: solo per citare i successi in Nazionale, un oro olimpico, due mondiali, quattro europei. Lei, romana di nascita, è stata parte attiva di quella fenomenale generazione di pallanuotiste che hanno portato sui podi di tutto il globo terracqueo il tricolore italiano, tra i primi anni degli anni Novanta e l’alba del Duemila, con una continuità scoraggiante per tutte le altre concorrenti. Martina ha legato indissolubilmente il suo nome, la sua carriera e la sua vita privata alla città di Catania, essendo sbarcata in Sicilia nemmeno ventenne per indossare la calottina dell’Orizzonte (con cui poi non ha conquistato tutto, ma di più) ed ancora felicemente lì residente: ai piedi dell’Etna, “sono diventata l’atleta e la donna che sono oggi”, ci ha dichiarato con orgoglio. Ma, siccome Martina Miceli non è tipa che s’accontenta, non si è limitata a vivere, giocare e vincere in quel di Catania, infatti, da qualche anno ricopre la doppia carica di presidente-allenatrice de L’Ekipe Orizzonte (nel recente passato, è stata anche la co-salvatrice del sodalizio rosso-azzurro…). Gli esiti del suo operato e della sua infinita passione? Parlano e continueranno a farlo i fatti. Noi di OA Sport abbiamo avuto l’enorme piacere ed onore di sentirla telefonicamente: ora tocca a tutti voi, lettori ed appassionati di pallanuoto, godere dell’esemplare “voce” di Martina Miceli. Buon viaggio!
Ciao Martina. Partiamo dagli eventi più recenti: sabato scorso avete vinto di misura l’importantissimo derby di Campionato contro il Messina. Le tue valutazioni sul match e gli effetti benefici che un successo simile può avere sul prosieguo di stagione.
“Sicuramente abbiamo vinto una partita fondamentale, soprattutto per il prosieguo di Campionato. Il calendario della regular season non sarà facile di qui alla fine, ma ora siamo seconde e dobbiamo cercare di rimanere seconde: sarebbe un grande obiettivo per noi. Il derby è stato – com’era da immaginarselo – tirato ed equilibrato, vincerlo è stato importante al di là del discorso campanilistico”.
Senza giri di parole: è ancora, questa, la programmata stagione di “alta transizione” che dovrebbe riportarvi in cima alle gerarchie italiane ed europee nei prossimi anni? O il sogno tricolore inizia a farsi più concreto nell’immediato?
“Assolutamente no! Per carità, tutto è possibile nello sport, però siamo ben consapevoli che siamo ancora lontane dal Padova, squadra di più di un gradino davanti a tutte. Di sicuro, abbiamo dimostrato che possiamo giocarcela con tutte le altre; in finale, poi, dobbiamo essere capaci di arrivarci e lì sarà partita secca. E’ dura, ma noi siamo soddisfatte di come stiamo lavorando”.
Che voto dai alle tue guerriere per la stagione fin qui disputata? E chi reputi la sorpresa più piacevole in assoluto tra le tue giocatrici?
“Un voto alto perché stanno oggettivamente disputando un buon Campionato; rispetto alle mie aspettative, un voto buono, non ottimo, perché hanno dei margini di miglioramento ancora amplissimi. Si stanno allenando benissimo, questo va ribadito. La scommessa piacevolmente già vinta: il portiere serbo Vladana Jovetic. Una semi-sconosciuta ai più, qui Italia, presa dal Campionato serbo e che si è dimostrata subito pronta per una pallanuoto di livello assolutamente più alto rispetto a quella balcanica, in campo femminile”.
Sei nata a Roma ma hai già passato in Sicilia più della metà degli anni della tua vita. Anche se non ti riuscirà facile, prova a spiegare ai nostri lettori che cosa rappresenta per te Catania, dal punto di vista sportivo e non.
“Dal punto di vista sportivo, Catania è la mia città. Qui ho vinto tutto e sono diventata l’atleta che sono stata fino al mio ritiro. Dal punto di vista personale, Catania mi ha fatto diventare la donna che sono oggi; anche se tutta la famiglia Miceli è a Roma, non riesco a vedere la mia vita lontano da qui…”.
Nel corso del meraviglioso cammino olimpico che portò il Setterosa di Pierluigi Formiconi all’oro di Atene 2004, hai condiviso battaglie e gioie, tra le altre, con una certa Tania Di Mario. Ma che effetto fa doverla ancora allenare e vederla fare la differenza in vasca a quasi 38 anni? Parlaci un po’ del vostro rapporto e, se possibile, descrivi le sue doti umane ed agonistiche.
“Prima di pensare ad allenarla e a condividere con lei le decisioni societarie – io sono la presidentessa, lei la mia vice – siamo innanzitutto amiche. E non da pochi anni… Condividiamo tutto, più che un’amica direi che Tania è mia sorella, prima che ex compagna di mille battaglie in acqua, con tante gioie e qualche dolore, e mia giocatrice oggi. Lei è una risorsa inesauribile sotto ogni punto di vista”.
Per conquistare l’oro ateniese, 13 anni fa, doveste battere anche gli Stati Uniti (6 a 5, in semifinale, ndr). Tu che sicuramente continui a seguire le gesta del Setterosa, reputi sempre troppo distante la corazzata a stelle e strisce o in questo nuovo quadriennio olimpico il gap potrebbe essere colmato del tutto?
“Sicuramente ci sono già stati degli anni in cui loro sembravano inarrivabili, ad esempio, prima durante e dopo quel famoso 2004… Il loro dominio è riconducibile principalmente alla fisicità e, in tal senso, sono ancora davanti a tutte le altre; in più, possono pescare da un serbatoio incredibile. Ma non sarà sempre così: in questo quadriennio perderanno la forte centroboa ma continueranno ad avere un portiere fortissimo. Lo sport è comunque fatto di cicli, non potranno vincere sempre loro; credo nell’Italia di Conti…”.
L’Italia di Fabio Conti argento a Rio de Janeiro, appunto. Secondo te, ci sono delle analogie tra il vostro gruppo, capace di vincere dovunque in giro per il mondo, e quello sapientemente guidato dal Commissario Tecnico romano?
“Non vivo da dentro il gruppo-Setterosa di Fabio, ma per ciò che sento dalle mie giocatrici e per essere arrivati a centrare determinati obiettivi, sicuramente sono un gruppo coeso e complice. Questa potrebbe essere un’analogia, oltre, da un punto di vista prettamente tecnico-tattico, ad una fase difensiva ed un portiere molto forti”.
Sei tra le giocatrici più vincenti in assoluto nella storia della pallanuoto femminile. Quali consigli ripeti fino all’ossesso alle tue atlete più giovani affinché possano diventare pallanuotiste di successo e donne mature a tutto tondo?
“Devono avere ben chiara una cosa, su tutte: è bello sognare, anzi, è obbligatorio farlo, soprattutto da giovani; ma, senza una ferrea determinazione, il sogno non serve a nulla. E questo vale tutti i giorni, non solo in acqua. Io ho sempre fatto così e ho raggiunto gli obiettivi che ho raggiunto. Non è soltanto una questione di sacrifici materiali, bensì di attenzione, abnegazione quasi spirituale…”.
Tipico quesito posto agli ex atleti che diventano allenatori. Com’è passare dal “dentro la vasca” al bordovasca? Processo più o meno naturale oppure bisogna lavorare molto sulla propria emotività/equilibrio?
“Per me è stato abbastanza naturale, avendo allenato già nel 1997-1998 le giovanili, a Catania, e un paio d’anni dopo la prima squadra, a Pescara. Ma di ‘naturale’, in realtà, c’è ben poco… Serve tanto lavoro, su se stessi e sugli altri; ogni generazione ha le sue peculiarità e l’allenatore dev’essere bravo a tirar fuori il meglio da ogni singola giocatrice e, di conseguenza, da un gruppo”.
Chiusura simpaticamente provocatoria: riuscirai mai a divincolarti dai dolci tentacoli della pallanuoto?
“Non credo proprio! Mi piace ed è la cosa che so far meglio, seppure sia un mondo con tanti difetti e problemi; ma io amo questo sport con tutta me stessa e spero solo di avere per sempre questa voglia, questo entusiasmo”.
giuseppe.urbano@oasport.it
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Foto: archivio privato Martina Miceli (credit Ballart Photography)