Rugby
Rugby: O’Shea ha ufficialmente varato la linea dei giovani, alle franchigie il compito di garantire competitività in vista dei Mondiali
L’ennesimo Sei Nazioni fallimentare dell’Italrugby, archiviato con zero vittorie e altrettanti punti nelle cinque partite disputate, ha spostato nuovamente l’attenzione sulle lacune di un movimento atteso perennemente ad un cambio di marcia e di prospettive che rischia tuttavia di rimanere soltanto un’utopia. Il nuovo corso inaugurato da Conor O’Shea e dal suo staff ha dato i suoi frutti soltanto a sprazzi, vedasi lo storico successo ai danni del Sudafrica e la meravigliosa figura contro l’Inghilterra a Twickenham, ma è chiaramente necessario del tempo perché il progetto possa ritenersi completato in tutte le sue sfaccettature. L’obiettivo fissato appare senza dubbio la Coppa del Mondo 2019, in vista della quale il tecnico irlandese ha già dimostrato di voler puntare sulla tanto bistrattata linea giovane.
Nel corso della gestione appena iniziata da O’Shea hanno esordito tante promesse fino a questo frangente, con particolare riferimento a Giorgio Bronzini, Sami Panìco e Maxime Mbandà, tre giocatori impiegati anche durante il Torneo pur non lasciando troppo il segno al cospetto di avversari ben più blasonati. E’ evidente infatti che il fattore dell’esperienza incida profondamente su questo coraggioso tentativo di dare una svolta alla selezione azzurra, oltre alla necessità di garantire la possibilità agli atleti di competere ai massimi livelli per tutto l’arco della stagione. Uno dei fattori maggiormente allarmanti riscontrati durante questa edizione del Sei Nazioni è stata proprio la totale desuetudine di alcuni componenti della squadra a reggere determinati ritmi per gli 80 minuti di gioco, un emergenza alla quale è possibile porre rimedio soltanto intervenendo nell’ambito dei singoli club e franchigie.
Non vanno poi dimenticate le apparizioni concesse a Tommaso Castello e Tommaso Boni, entrambi dalle ottime prospettive soprattutto se si considera che il 24enne attualmente in forza alle Zebre militava ancora in Eccellenza fino alla stagione passata. Edoardo Padovani e Carlo Canna, invece, rappresentano già i cardini della formazione italiana nonostante un processo di maturazione non ancora giunto al termine, nella speranza che siano in grado di esplodere del tutto in virtù dell’esperienza acquisita in una manifestazione che li ha visti affrontare pari ruolo decisamente superiori.
Stesso discorso applicabile al tallonatore Ornel Gega, nato a Lezhe in Albania, il quale ha alternato buone prestazioni a cali vertiginosi fisiologici in considerazione di un’età ancora promettente, anche se il rischio di rimanere in questo limbo di inadeguatezza costituisce più di un semplice timore. Da tenere d’occhio in prospettiva futura anche Tommaso Allan, in attesa che l’apertura della Benetton si riprenda dall’infortunio patito al cospetto dell’Inghilterra, e Federico Ruzza, il cui rendimento dipenderà molto dallo spazio e dai risultati che le Zebre saranno in grado di ottenere in questa seconda parte dell’annata.
“Qui in Italia ho visto dei progressi nel percorso di formazione – ha tenuto a precisare O’Shea nella conferenza stampa a margine del Torneo –, ma c’è ancora molto da migliorare. Credo in questo gruppo, ma dobbiamo avere tutto ciò che serve, qui e nelle franchigie di Pro12, per sfidare i migliori al mondo. I giocatori ci sono, lavoriamo duramente ogni giorno con loro. Siamo molto, molto vicini ad essere competitivi. La nostra sfida oggi è soprattutto mentale”.
simone.brugnoli@oasport.it
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