Golf
Golf, Manassero e Paratore, la consacrazione tarda ancora. I giovani talenti italiani non riescono a decollare
Da fuoriclasse a meteora il passo è più breve di quanto possa apparire. L’epoca d’oro del golf italiano sembra ormai svanita nell’oblio e l’intero movimento si aggrappa ai colpi di Francesco Molinari, unico rappresentante azzurro a prender parte all’Augusta Masters e punto di riferimento della disciplina in Italia da oltre dieci anni. Eppure due potenziali fenomeni sembravano disporre di tutte le carte in regola per cambiare la storia e far suonare l’inno di Mameli nei tornei più importanti dei circuiti PGA ed European Tour.
Matteo Manassero, in particolare, a soli 17 anni si è tolto la soddisfazione di imporsi nel Castellò Masters Costa Azahar, divenendo il più giovane atleta a vincere un torneo dell’European Tour. Negli anni a seguire Manassero si è ripetuto anche nel Malaysian Open, nel Barclays Singapore Open e nel BMW PGA Championship, ma la sua ascesa si è arrestata nel 2013, a soli 20 anni, prima di dare il via ad una progressiva involuzione che prosegue tuttora, eccezion fatta per qualche raro sprazzo di classe, emerso ad esempio in occasione del recente Hero Indian Open, concluso al terzo posto. Il golfista nativo di Negrar nell’ultimo biennio è riuscito a piazzarsi nella top ten in due sole occasioni, accusando un crollo mentale che ha influito anche sulla qualità tecnica delle sue prestazioni.
L’inizio della crisi di Manassero, tuttavia, ha coinciso con l’ascesa di un altro talento azzurro, Renato Paratore, che nel novembre 2014 ha ottenuto a 17 anni la tessera per giocare l’European Tour, diventando il più giovane giocatore ad entrare nella PGA Qualifying school per lo European Tour nel Catalunya resort e concludendo il suo primo torneo nel circuito, l’Alfred Dunhill Championship, con un convincente 27° posto. L’atleta romano, in realtà, ha messo in evidenza anche nel 2016 la sua innata classe, unita ad un temperamento agonistico fuori dal comune, emerso in particolare negli ultimi colpi del Nedbank Golf Challenge, fondamentali per la qualificazione al DP World Tour Championship di Dubai, concluso con un onorevole 40° posto.
L’ottimo finale di stagione, tuttavia, non ha trovato riscontro nel nuovo anno e per ora il 20° posto nel Maybank Championship rappresenta il suo miglior piazzamento nel 2017, espressione di una difficoltà a compiere il definitivo salto di qualità e a presentarsi al cospetto dei grandi come potenziale contender per la vittoria, piuttosto che come semplice outsider. Manassero e Paratore, due talenti che stentano a decollare e frenano la crescita del golf italiano, rappresentano soltanto la punta dell’iceberg di un movimento che di recente ha prodotto tanti prospetti interessanti, finora però poco competitivi sul circuito internazionale.
Guido Migliozzi, classe ’97, ha vinto ben sei titoli italiani consecutivi a partire dal 2011 (pulcini 2011, cadetti 2012- 2013, ragazzi 2012-2013 e dilettanti match play 2014) e può vantare anche un successo nell’86° Portuguese International Amateur Championship, ma non ha ancora acquisito la carta per partecipare all’European Tour. Marco Crespi, Francesco Laporta, Federico Zucchetti e Filippo Bergamaschi sono altri atleti che potrebbero dare ulteriore linfa alla crescita azzurra, ma l’impressione è che il futuro del golf in Italia debba passare necessariamente attraverso i due talenti più cristallini dell’ultimo lustro, la cui tardiva consacrazione rischia di costituire in prospettiva un pesante fardello per la disciplina in chiave azzurra.
mauro.deriso@oasport.it
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Foto di Valerio Origo